Petrolio sotto zero, trader in rosso e sospetti di manipolazione
Emergono perdite per milioni di dollari a carico di investitori di tutto il mondo, presi in contropiede dal crollo del Wti a prezzi negativi. Ora c’è chi invoca indagini su presunti illeciti, ma i regolatori Usa e il Cme ribattono: il mercato funziona
di Sissi Bellomo
4' di lettura
L’affondo del Wti sotto zero e altri movimenti anomali sul mercato del petrolio hanno attirato l’attenzione delle autorità di vigilanza, negli Stati Uniti e non solo, mentre migliaia di piccoli e grandi investitori di tutto il mondo lamentano perdite pesanti e cercano un capro espiatorio.
C’è il sospetto di manipolazioni e di attività di insider trading, oltre che timori e polemiche per la presenza divenuta troppo ingombrante di alcuni Etf – come lo US Oil Fund e non solo – che hanno assunto dimensioni gigantesche, accentuando la volatilità dei prezzi e sollevando forti rischi di cui molti risparmiatori sono probabilmente tuttora inconsapevoli.
Il mercato è diventato davvero pericoloso. Al punto che due tra i maggiori broker al mondo, INTL FCStone Financial e Marex Spectron, hanno vietato ai clienti più “fragili” di assumere nuove posizioni sulla prima scadenza dei future sul Wti e sul Brent, quella con consegna giugno.
Di solito si tratta dei contratti più liquidi e attivi, ma oggi c’è «un’estrema e imprevedibile volatilità» spiega INTL FCStone Financial, giustificando la precauzione assunta (per ora) solo nei confronti dei clienti con depositi inferiori a 5 milioni di dollari.
Anche l’InterContinental Exchange (Ice), su cui è quotato il Brent, ha intanto comunicato che si sta attrezzando per garantire gli scambi con prezzi sotto zero, come ha già fatto all’inizio di aprile il Cme Group.
Un altro intermediario, Interactive Brokers Group, molto usato da trader individuali, ha rivelato di essersi accollato 88 milioni di perdite perché ha anticipato alle clearing house le somme dovute da diversi clienti, rimasti senza fondi sufficienti per chiudere posizioni in rosso sul petrolio.
In Cina le maggiori banche hanno sospeso la vendita di Etf sul greggio dopo che 3.700 clienti di Bank of China (scottata anche direttamente) hanno perso 85 milioni di $ nella giornata di lunedì, quando il Wti per maggio è crollato a -37,63 $. In India fioccano le cause in tribunale da parte di risparmiatori traditi, che denunciano informazioni poco trasparenti su questi prodotti.
Intanto in Europa e negli Usa alcune società emittenti – tra cui Barclays e WisdomTree – stanno ritirando dal mercato, con varie giustificazioni, diversi Etf sul greggio delle categorie più rischiose, come quelli a leva multipla. Gli Etf, come le azioni, non possono avere prezzi inferiori a zero: se il sottostante assume un valore negativo, il fondo può saltare.
I grandi Etf erano comunque già usciti dal Wti di maggio quando lunedì 20 il future, vicino alla scadenza, ha perso in poche ore il 300%, sprofondando fino a -40 dollari: un fenomeno senza precedenti, che ha preso in contropiede molti operatori, persino tra i più esperti.
I contratti prevedono la consegna fisica del greggio al terminal di Cushing, in Oklahoma, e si è innescato un vortice ribassista (preseguito anche martedì 21) quando è emerso che non c’era più spazio di stoccaggio disponibile. I compratori erano spariti e per liberarsi del future bisognava pagare caro.
Il dubbio – o forse la speranza – che ci sia stata qualche irregolarità è venuto a molti, ma a denunciare per primo il sospetto di manipolazioni è stato Harold Hamm, celebre petroliere americano, amico di Donald Trump e fondatore di Continental Resources, una delle maggiori (e delle più travagliate) società di shale oil, che ha invocato «un’indagine immediata» sull’accaduto.
I regolatori Usa prima ancora del tonfo sotto zero avevano già acceso un faro sul Wti, secondo fonti Bloomberg, ipotizzando attività di insider trading da parte di soggetti legati al Cremlino che avrebbero sfruttato informazioni riservate sulle strategie russe nella guerra dei prezzi del petrolio e nella successiva riconciliazione con l’Opec.
Sulla vicenda, scrive l’agenzia, si stanno muovendo negli Usa non solo la Commodity Futures Trading Commission (Cftc) ma anche l’Fbi e il dipartimento di Stato, affiancati in Gran Bretagna dalla Financial Conduct Authority (Fca), l’equivalente della nostra Consob.
Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha liquidato il presunto scoop con poche parole: «Abbiamo visto, ma non sappiamo quanto sia credibile».
Più circostanziata è la denuncia di Hamm, che all'indomani dello storico crollo del Wti ha scritto alla Cftc sollecitando indagini su «potenziali manipolazioni di mercato, guasti del sistema informatico o errori nella programmazione dei computer».
Il petroliere chiama in causa anche il Cme Group, che controlla il Nymex. Ma il ceo della borsa, Terry Duffy, respinge ogni illazione. «Il mercato dei futures ha funzionato alla perfezione», ha dichiarato Duffy in tv alla Cnbc. «Siamo tenuti a fare ciò che serve per consentire al mercato di raggiungere un prezzo che rifletta i fondamentali del prodotto» e gli aggiustamenti tecnici del Cme, concordati col regolatore, «non erano un segreto». Con il clearing peraltro non ci sono stati problemi.
Sulla stessa linea è la Cftc: se il barile va sotto zero, ha detto il presidente Heath Tarbert, «la questione non riguarda i mercati finanziari, ma può essere spiegata da quello che succede sul mercato reale».
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