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Piano Borghi, è tempo di aprirsi al dialogo

Entrato nel vivo il Piano Nazionale dei Borghi per garantire la sopravvivenza dei progetti, oltre il termine perentorio del 30 giugno 2026, è necessario che i Comuni beneficiari integrino servizi e prodotti in una logica di rete territoriale

di Roberta Capozucca

5' di lettura

Il 15 e il 16 giugno, il borgo di Trevinano (VT) ha ospitato una due giorni di confronto tra le amministrazioni comunali e le realtà imprenditoriali impegnate su tutto il territorio italiano ad attuare i 21 progetti pilota dell'Investimento PNRR “Attrattività dei Borghi”. Organizzato dal Comune di Acquapendente, in collaborazione con la società di consulenza PTS s.p.a. e l' Associazione Civita nell'ambito del progetto Trevinano RI-WIND, l'evento rappresenta uno stimolo per tutti i Comuni selezionati dal bando affinché la vittoria si trasformi in un'azione generativa per tutto il territorio, in cui i privati e i comuni limitrofi contribuiscono al progetto e al percorso di riattivazione delle aree fragili del nostro Paese.

Le polemiche sul Piano Borghi

Se nelle intenzioni il Piano Nazionale Borghi, finanziato dal PNRR con un investimento di 1,02 miliardo di euro e volto a stimolare la rigenerazione a base culturale dei comuni con meno di 5000 abitanti, rappresenta un'iniziativa di grande rilevanza nelle politiche culturali nazionali, le modalità di valutazione prima e di attuazione poi continuano a far suscitare molte perplessità tra gli addetti ai lavori. C'è chi l'ha chiamato lotteria borghi, chi addirittura scontro tra le città morenti, come l'ha definito il «The Guardian» in un articolo del febbraio scorso. Quello che si contesta è l'idea che un borgo diventi attrattivo per decreto ministeriale o grazie a una pioggia di milioni di euro che si è obbligati a spendere nel giro di pochissimo tempo. Insomma, l'idea che il gioco della libera concorrenza tra città abbandonate, oggetto della speculazione creativa di progettisti, possa produrre il migliore dei mondi possibili appare un pochino fantasiosa. A queste si aggiungono le polemiche sollevate dai sindaci e dai Comuni non beneficiari del finanziamento, ma anche delle comunità montane, di Italia Nostra, del Touring Club e dell'Unione delle pro loco che sin da subito hanno chiesto una maggiore distribuzione dei fondi sul territorio.

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IN QUALI REGIONI LE DOMANDE E DOVE SONO ARRIVATI I FINANZIAMENTI
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Lo stato dell'arte

Secondo i dati pubblicati lo scorso marzo dal Ministero, per le due linee d'azione, in totale saranno finanziati 315 borghi. La linea A, con un fondo di 420 milioni di euro, sosterrà 21 progetti pilota per la rigenerazione culturale, sociale ed economica di altrettanti borghi a rischio abbandono o abbandonati, uno per ciascuna Regione e Provincia autonoma. Mentre per la Linea B sono stati selezionati 294 borghi, su 1791 domande ricevute, a cui è destinato un fondo di 380 milioni di euro. Su questa linea è attualmente aperto il secondo avviso pubblico, dal valore di 200 milioni di euro, e volto a sostenere con incentivi con contributi a fondo perduto fino al 90% progetti imprenditoriali per il recupero del tessuto economico - produttivo degli stessi comuni finanziati. Il finanziamento a fondo perduto è rivolto alle micro, piccole e medie imprese, che dovranno investire almeno il 50% del budget richiesto in misure in grado di contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici.

Per quanto riguarda lo stato di attuazione dei comuni risultati beneficiari, nel rispetto dei target e dei milestone intermedi indicati da PNRR, si prevede l'avvio degli interventi di rigenerazione entro il 30 settembre 2023 e la loro conclusione entro il termine perentorio del 30 giugno 2026. Secondo i dati riportati dall'ultima relazione semestrale sullo stato di attuazione del PNRR, ad oggi, tutti i Comuni assegnatari hanno sottoscritto il disciplinare d'obblighi con il Servizio VIII del Segretariato generale del Ministero (Struttura attuatrice dell'investimento), registrando presso la Corte dei Conti di tutti i relativi decreti di approvazione. Inoltre, si sta inoltre procedendo all'erogazione dell'anticipazione delle risorse finanziarie per i Comuni che fino ad ora ne hanno fatto richiesta: 18 Comuni della Linea A e 162 Comuni della Linea B.

Fin qui tutto bene insomma, ma quando si passa dal piano teorico a quello operativo, molti comuni si trovano in enormi difficoltà a causa dei loro stessi uffici che, in mancanza di strumenti e risorse, rallentano e bloccano l'avvio dei lavori. Ma questa non sembra essere una novità tanto che la terza Relazione Semestrale sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, in bozza alla Cabina di Regia dal 31 maggio, dedica un intero capito al ruolo che i sindaci hanno finora svolto e alle difficoltà, soprattutto amministrative, che stanno riscontrando. Proprio nel dossier approvato dalla task force dei tecnici PNRR della Commissioni Europea, che il 16 giugno hanno concluso la loro missione periodica di controllo a Roma, si riporta l'esempio del Bando Borghi dove i piccolissimi Comuni italiani, beneficiari di finanziamenti imponenti, sono stati completamente abbandonati da Ministeri e Regioni i quali non hanno fornito né direttive né sostegno nella gestione di progetti così complessi e che dovrebbero avere un impatto su tutto il sistema regionale. Ma nonostante ciò, ha sottolineato Andrea Decaro presidente di ANCI, i “Comuni italiani hanno risposto ai bandi pubblicati entro i termini stabiliti, anzi hanno presentato progetti per una cifra doppia rispetto a quella disponibile per un valore complessivo delle domande inviate di 80 miliardi di euro, contro i effettivamente 40 assegnati” . Sempre secondo la Relazione, i Comuni oggi si trovano a gestire il 68% delle risorse del PNRR, per un valore complessivo di circa 130 miliardi di euro.

Chi aiuta i Comuni?

A fronte delle difficoltà gestionali emerse e con l'obiettivo di non disperdere l'immenso patrimonio progettuale raccolto dalla pubblicazione del primo bando, l'incontro realizzato a Trevinano, dal titolo “Piano Borghi: il rilancio dei territori”, ha aperto il confronto tra le Amministrazioni comunali della Linea A e quelle della Linea B, oltre che le aziende private e le istituzioni sovranazionali, con l'obiettivo di affrontare in ottica sistemica un processo di cambiamento che coinvolge tutto il territorio nazionale. Al centro del dibattito della due giorni è emerso con forza il tema della sosteniblità e di come i progetti vincenti saranno in grado di sopravvivere oltre la data perentoria del 2026 se non sono messi a sistema con politiche regionali di sviluppo ad hoc. Secondo i sindaci presenti, la sfida è solo quella di spendere bene le risorse, ma quella di fare in modo che l'investimento nel tempo produca risultati, attraendo nuovi capitali per il miglioramento delle dotazioni infrastrutturali e sostenendo la nascita di nuove realtà imprenditoriali, ripensando a forme di sostegno e incentivi. In tal senso, i presenti all'incontro hanno definito auspicabile rendere pubblico e consultabile lo stato di avanzamento lavori sia per attivare un maggiore coinvolgimento delle comunità sia per attrarre investitori esterni che possono così essere messi a conoscenza degli interventi e dei risultati che i singoli progetti vogliono produrre. La necessità di costruire a livello territoriale le condizioni che garantiscano la continuità dell'investimento deve passare in primis attraverso l'integrazione degli interventi sviluppati nell'ambito dei singoli progetti in una logica di rete regionale e quindi nella possibilità di intercettare assieme nuove forme di finanziamento trans-municipali. Si è parlato nello specifico dei fondi strutturali POR FESRS (2021-2027), i cui bandi sono prossimi all'uscita, ma anche dei programmi d'investimento ministeriali complementari come il “Fondo dedicato ai piccoli Comuni a vocazione turistica” volto a supportare interventi innovativi di accessibilità, mobilità, rigenerazione urbana e sostenibilità ambientale. Nel contesto del Fondo istituito dall'articolo 1, comma 607 della legge 29 dicembre 2022 n. 197, con una dotazione complessiva di 34 milioni di euro per il triennio 2023-2025, di cui 10 milioni di euro per l'anno 2023 e di 12 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025, l'avviso pubblicato il 9 giugno intende sostenere interventi finalizzati alla valorizzazione dei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, classificati dall'Istituto nazionale di statistica come comuni a vocazione turistica. A partire dal 17 luglio, i comuni interessati potranno richiedere un contributo di massimo 500.000 euro per ciascuna annualità, pari al 100% della spesa ammissibile, e comunque non inferiori ad un ammontare annuo pari a 150.000 euro.Insomma, affinché il Piano Borghi non si traduca in un investimento a tempo, serve un deciso slancio verso una prospettiva di sistema territoriale che sia in grado di valorizzare la soggettività dei territori in una larga intesa con le comunità, intendendo il PNRR come uno strumento e non un fine.

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