GRECIA

Piano Hellinikon, 8 miliardi d’investimenti per rilanciare Atene

di Stefano Carrer

3' di lettura

Una vera e propria «Riviera di Atene» che dallo splendido centro culturale Stavros Niarchos disegnato da Renzo Piano passi per un rinnovato Pireo fino a culminare in Hellinikon, il più grande progetto di rigenerazione urbanistica in Europa su 6,2 milioni di mq intorno all’area dell’ex aeroporto: è una visione diventata più vicina con il recente passaggio del governo al centro-destra.

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Leva fiscale e investimenti sono gli strumenti a disposizione del nuovo esecutivo greco per cercare di accelerare la ripresa economica: se per abbassare le tasse dovrà negoziare con le riluttanti istituzioni Ue, sul fronte degli investimenti _ di cui uno studio di PwC sui «10 anni di crisi» evidenzia l’insufficienza - sono sempre stati i creditori a essere persino esasperati per gli ostacoli che hanno frenato l’impiego di risorse disponibili per privatizzazioni e progetti infrastrutturali e turistico-immobiliari. Non è un caso che il nuovo ministro per lo Sviluppo economico e gli investimenti, Adonis Georgiadis, abbia deciso di fare una mossa simbolica: incontrare subito il capo di Lamda Development e del consorzio di sviluppo, Odysseas Athanassiou, per discutere come superare tutti gli ostacoli che la precedente amministrazione ha messo al decollo di Hellinikon. «L’obiettivo è rimuovere ogni ostacolo che impedisce l’immediato inizio dei lavori», ha detto Georgiadis.

Pochi giorni fa il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso di residenti ed ecologisti contro quello che si propone come il maggior piano in Europa di sviluppo immobiliare-turistico a ridosso di un’area metropolitana, con 8 miliardi di investimenti e la promessa creazione fino a 75mila posti di lavoro. Una mobilitazione di risorse di entità tale da creare opportunità di contratti o subappalti anche per aziende italiane.

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È dal lontano 2001 che l’area dell’ex scalo attende di essere riqualificata. L’offerta è del 2011 e l’accordo per il passaggio delle azioni dall’Asset Development Fund è del 2014.

Per i burocrati di Bruxelles, la faccenda era diventata l’emblema di tutto quanto non va nell’amministrazione greca. «Non riuscivamo a comprendere come un Paese alla canna del gas non riuscisse a far partire una privatizzazione su cui erano pronti ingenti capitali, non solo greci ma anche arabi (di Abu Dhabi) e cinesi (con Fosun)», dice un funzionario di Bruxelles coinvolto nei negoziati sul bailout.

«Vogliamo dare un segnale di reale apertura ad accogliere investimenti stranieri - afferma un portavoce di Nuova Democrazia -. Sarà necessaria una normativa “fast track” per accelerare i progetti che la sinistra radicale di Syriza ha insabbiato per ostilità preconcetta al cosiddetto “big business”, ricorrendo a pretesti come tutele forestali o archeologiche in aree dove non ci sono boschi né antichità». Fino a una settimana prima delle elezioni, in effetti, il consorzio si è lamentato di sempre nuovi «ostacoli insormontabili» posti dalle pubbliche autorità: «Quasi 5 anni di presa in giro degli investitori e della società greca!». Alla sede di Syriza i militanti si infervorano nel respingere le accuse di preconcetti ideologici e obiettano: «Non si può fare in fretta ignorando valutazioni di impatto ambientale. Se sorgono comitati di residenti che si oppongono, non si possono trascurare a priori. Il progetto richiede spese pubbliche notevoli per la viabilità. E poi, davvero dobbiamo inseguire il modello spagnolo tipo Benidorm di grattacieli in riva al mare?».

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La replica è che il piano è stato rivisto per tener conto di alcune critiche (compresi limiti in altezza), mentre - oltre all’espansione del porto per yacht, residenze di lusso, hotel, casinò, strutture ricreative e sportive, sedi di istituzioni di ricerca - sarà sviluppato il principale parco metropolitano del continente su 2 milioni di mq, con una nuova Promenade da 2,5 km. Entro fine luglio dovrebbe essere assegnata la licenza per il primo megacasinò greco, per la quale GK Terna si è unita agli americani di Mohegan.

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Quanto al Pireo, i cinesi di Cosco dovrebbero poter avere l’ok per investire un totale di 612 milioni in strutture immobiliari e commerciali che completeranno l’offerta turistica per i croceristi. Il master plan elaborato da Cosco prevede anche un nuovo centro logistico e va oltre l’obbligo contrattuale di investire quasi 300 milioni entro il 2021 per poter salire dall’attuale 51% al 67% nell’Autorità portuale. La Commissione Archeologica centrale, però, in aprile ha dichiarato buona parte del Pireo di interesse archeologico. Intanto i cinesi mordono il freno in quanto non comprendono perché mettere bastoni tra le ruote a chi ha trasformato il Pireo nel primo porto passeggeri d’Europa e nel secondo porto container del Mediterraneo.

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