Piccioni, Donat-Cattin, Leone: quando erano i figli a mettere nei guai i padri
di Riccardo Ferrazza
2' di lettura
Matteo Renzi è stato il più giovane presidente del Consiglio. Maria Elena Boschi fu la relatrice di una riforma costituzionale (poi bocciata dal referendum) ad appena 33 anni. Luigi Di Maio ne aveva due di meno quando giurò da duplice ministro (Lavoro e Sviluppo economico, ma anche vicempremier). Alessandro Di Battista è nato alcuni mesi dopo l’uccisione di Aldo Moro. Il ringiovanimento della classe politica, tanto a lungo auspicato, ha avuto un effetto imprevedibile: se in passato a procurare guai e imbarazzi ai leader di partito erano solitamente i figli, il fattore familiare si è invertito portando alla ribalta genitori ancora attivi e, grazie a questo dato anagrafico, potenzialmente dannosi per le carriere politiche della prole.
Giovani leader, genitori attivi
L’ultimo caso della nuova tendenza è ovviamente Tiziano Renzi, da lunedì agli arresti domiciliari insieme alla moglie nella villa di Rignano con l’accusa di emissione di fatture per operazioni inesistenti e bancarotta fraudolenta. Poco prima c’erano state le vicende in casa dei Cinque Stelle con le società della famiglia Di Battista e quella dei Di Maio. Nella scorsa legislatura la Boschi era finita invece sotto accusa per il ruolo svolto dal padre in Banca Etruria (di cui era stato vicepresidente, indagato dopo il fallimento dell’istituto).
Piccioni e il “caso Montesi”
Ma non è stato sempre così. Anzi, fino alla scorsa stagione politica era la discendenza a causare danni al genitore in politica. Gli esempi sono tanti e molti diversi tra di loro. Per convenzione il primo e forse più celebre è considerato quello che riguardò negli anni ’50 Piero Piccioni, musicista e figlio di Attilio, esponente Dc e allora vicepremier e ministro degli Esteri, coinvolto nel celebre caso Montesi (una ragazza trovata priva di vita sulla spiaggia di Torvaianica la vigilia di Pasqua del 1953). Fu il primo “giallo” della Repubblica e Piccioni ne uscì con un’assoluzione piena ma la carriera politica del padre (considerato da molti potenziale successore di Alcide De Gasperi ) fu stronacata.
Donat-Cattin e il figlio terrorista
Un quarto di secolo più tardi l’ascesa di un altro democristiano fu segnata da vicende drammatiche che travolsero il figlio: Carlo Donat-Cattin era vicesegretario della Dc quando si scoprì che suo figlio Marco era affiliato al gruppo terroristico Prima Linea (fu responsabile anche dell’assassinio del magistrato Emilio Alessandri). Venne arrestato nel dicembre 1980 e in seguito si dissociò. Morì in un incidente otto anni più tardi.
I «tre monelli» di Leone
Nella molto controversa vicenda che riguardò la carriera politica di Giovanni Leone, presidente della Repubblica dal 1971, dimessosi con sei mesi di anticipo dopo una dura campagna di stampa per lo scandalo Lockheed (presunte tangenti) e in seguito totalmente riabilitato, anche i figli ebbero la loro parte. In quello che fu in seguito definito una «congiura dell’opinione pubblica» Mauro, Paolo e Giancarlo furono ribattezzati i «tre monelli» per atteggiamenti considerati troppo disnvolti e spregiudicati. «Dicerie maligne, bugiarde e cretine - disse anni dopo la moglie, donna Vittoria -, perché la verità viene sempre fuori. Quale era la prova? Che i ragazzi uscivano con belle ragazze?».
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