DESERTIFICAZIONE SOCIALE

Piccoli comuni senza negozi: scatta il soccorso a Nordest

La crescita della grande distribuzione e la crisi del piccolo commercio peggiorano le condizioni di vita nei centri minori. Bussone (Uncem): contrastare lo spopolamento

di Barbara Ganz

In aree periferiche o di montagna un negozio che chiude significa un netto peggioramento delle condizioni di vita e un incentivo in più allo spopolamento

4' di lettura

Cinque Comuni in Veneto: Farra d’Alpago, Forno di Zoldo, Pieve d’Alpago, Soverzene e Zoldo Alto, tutti nel Bellunese. E sei in Friuli Venezia Giulia: Drenchia, Stregna, Clauzetto, Pulfero, Taipana, Frisanco.

Sono i centri nei quali non c’è - più - nemmeno un esercizio commerciale. Un problema, perché se è vero che c’è una questione complessiva di tenuta del commercio nelle aree urbane, in aree periferiche o di montagna un negozio che chiude significa un netto peggioramento delle condizioni di vita, e un incentivo in più allo spopolamento. «Nelle zone montane, nei Comuni alpini e appenninici, il fenomeno della deserificazione commerciale è ormai gravissimo e ha già generato oltre 200 Comuni senza un'esercizio commerciale - spiega Marco Bussone, presidente di Uncem, l’Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani -. Quando chiude un negozio o un bar, chiude un paese. Vale in Italia, in Spagna, in Francia,che però ha varato il piano '1000 bistrot' per incentivare la presenza di bar e caffè, spazi plurifunzionali». Nessuna contrapposizione tra città e montagna, precisa Bussone: «I negozi sono importanti ovunque si trovino. Attenzione però a non mettere un problema prima dell’altro, accendere i riflettori sui quartieri e spegnerli sui borghi, nel caso fossero mai stati accesi. Non sono processi semplici e Uncem chiede a Stato e Regioni di lavorare a precise soluzioni, culturali, politiche, normative, finanziarie. La montagna senza negozi e opportunità, senza servizi e senza punti di ritrovo, i bar, muore. Non è un fenomeno che nasce oggi. Non dimentichiamolo. E affrontiamolo, trovando soluzioni che potrebbero peraltro servire anche nei quartieri urbani».

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Se l’elenco dei paesi privi di attività commerciali è tutto sommato contenuta, molto più lunga è quella dei centri in cui resiste un solo bar o negozio: 31 Comuni in Veneto, 37 in Friuli Venezia Giulia, dove altri 33 Comuni si fermano a soli 3 esercizi (limite raggiunto anche in 49 paesi veneti).

La rilevazione Uncem non si allarga fino al Trentino Alto Adige, ma il tema è sentito anche qui, tanto che all’inizio dell’anno la Giunta provinciale di Bolzano ha prorogato anche per il biennio 2020-2021 le misure straordinarie varate già nel 2014 per «assicurare in tutte le zone dell’Alto Adige, anche quelle più periferiche, la sopravvivenza dei piccoli negozi di paese che consentono non solo al commercio di vicinato di proseguire con l’attività, ma anche alla popolazione di avere accesso ai prodotti necessari alla vita di tutti i giorni senza doversi spostare verso le zone urbane. Per l’assessore Philipp Achammer «i piccoli negozi sono parte integrante della vita dei nostri paesi e il loro servizio è fondamentale non solo per i residenti, ma anche per i turisti»

Grazie alla delibera approvata dall’esecutivo nel corso dell'ultima seduta dell’anno 2019, la Ripartizione economia può assegnare contributi sino a 15mila euro per l’apertura di nuovi negozi in località prive di queste strutture di vendita. Per esercizi di vicinato si intendono i negozi che operano in località rurali con almeno 150 abitanti e che esercitano il commercio al dettaglio di generi alimentari e di prima necessità. Inoltre, per offrire sostegno alla sopravvivenza dei piccoli negozi di paese già presenti, la Provincia garantisce incentivi ulteriori che vanno dai 9mila agli 11mila euro a seconda dei servizi offerti: dalla vendita di giornali al servizio postale, dalla consegna a domicilio alla vendita di prodotti locali. Nel corso del 2019 sono stati elargiti contributi per un totale di 889.500 euro a 86 esercizi commerciali.

SUPERFICIE DI VENDITA

Consistenza. Dati in milioni (Fonti: Osservatorio nazionale commercio – Ministero sviluppo economico; elaborazione: Confcommercio Veneto)

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Anche in Friuli Venezia Giulia si riflette su provvedimenti ad hoc: qui «le botteghe non sono solo delle attività economiche in grado di garantire i servizi di prossimità indispensabili, ma diventano veri e propri presidi di welfare di comunità», ha detto il capogruppo del Patto per l’Autonomia in Consiglio regionale, Massimo Moretuzzo, sollecitando una ripresa di un provvedimento illustrato in Aula il 5 marzo scorso, quasi un anno fa: «Un progetto di legge per l’erogazione di finanziamenti regionali per i piccoli Comuni finalizzati a sostenere i buoni spesa solidali da assegnare ai nuclei familiari per essere spesi negli esercizi commerciali presenti sul territorio comunale e convenzionati con il Comune stesso. La norma presentata nasce dai territori, riprende esperienze frutto di buone prassi sviluppate da alcuni Comuni, con risultati significativi».

Intanto, i numero sono impietosi: dal 2015 al 2018, secondo Confcommercio Veneto, la grande distribuzione è cresciUta del +9,88%, mentre i negozi di vicinato hanno subito un calo del 6,02% in termini di consistenza numerica, e del -5,51% in termini di superficie di vendita (per quat’ultimo parametro la crescita della grande distribuzione è del 8,22% e quella della media distribuzione del 6,11%9.

Patrizio Bertin, neo presidente di Confcommercio Veneto, ricorda di avere lanciato l’allarme vent’anni fa, «quando in Francia hanno iniziato a pagare chi apriva un negozio. Noi non vorremmo arrivare a tanto, vorremmo avere un tessuto economico valido e che premia chi fa impresa. Peccato però dover agire in emergenza quando per anni gli allarmi sulle chiusure sempre più frequenti sono rimasti inascoltati da parte dei Comuni che si sono lasciati tentare dai grandi insediamenti commerciali, magari in cambio di una rotatoria o di un allargamento del cimitero. Non vogliamo demonizzare le vendite online, ma gestire il cambiamento. Però va detto che quando si parla dei 1.500 posti di lavoro creati dai colossi dell’e commerce anche in Italia, sarebbe corretto confrontarli con l’occupazione perduta nel commercio. Quando chiude una bottega, spesso chiude un paese».

SUPERFICIE DI VENDITA CONOSCIUTA NEL 2018

In % (Fonti: Osservatorio nazionale commercio – Ministero sviluppo economico; elaborazione: Confcommercio Veneto)

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