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Pirateria online, bloccati tutti i siti «vetrina» dello streaming illegale

Il tribunale di Milano pronuncia un’innovativa ordinanza che inibisce i Cdn, servizi nati per migliorare la navigazione e poi molto utilizzati con obiettivi illeciti

di Giuseppe Latour

2' di lettura

Tutte le società di servizi che rendono possibile la trasmissione di contenuti pirata su internet possono essere bloccate dall’autorità giudiziaria. È questo, nella sostanza, il principio (molto innovativo) affermato dal tribunale di Milano con un’ordinanza del 5 ottobre (n. 42163) su un caso che riguardava la diffusione illecita in streaming delle partite di serie A. Non è, quindi, possibile nascondersi dietro meccanismi che, ad esempio, non immagazzinano i dati ma li memorizzano in maniera transitoria. È il caso dei cosiddetti Cdn (Content delivery network), servizi nati con altri scopi e diventati molto utilizzati dalla pirateria online.

Cosa sono i Cdn
Sotto la lente dei giudici sono finiti, come detto, i cosiddetti Cdn (acronimo che sta per “content delivery network”), si tratta di network di server nati per migliorare le performance dei siti. Anziché tenere tutte le informazioni in un server unico, è infatti più efficiente distribuirle in più snodi, avvicinandosi il più possibile all’utente ed evitando che si creino colli di bottiglia: si tratta di un sistema che, ad esempio, è molto utile per lo streaming. Questo meccanismo, con il tempo, è però diventato ideale per mascherare l’identità delle piattaforme pirata, consentendo allo stesso tempo di immagazzinare grandi quantità di dati da distribuire illegalmente.

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Partite di serie A trasmesse illegalmente
Il tribunale di Milano, sezione specializzata in materia di impresa, si è trovato ad esaminare una questione già oggetto di un provvedimento cautelare di settembre del 2019: la trasmissione di contenuti protetti attraverso servizi online.

Più nello specifico, si trattava di quattro siti vetrina, accessibili da diversi indirizzi, che trasmettevano le partite del campionato di serie A. E lo facevano, come spiega la sentenza, «attraverso un accesso abusivo a tali contenuti in favore degli utenti registrati sui rispettivi siti web, con utilizzo di infrastrutture complesse ed univocamente dedicate a tale attività illecita».

Servizi di hosting
Se si parla di servizi di hosting (con i quali soggetti chiamati web host mettono a disposizione spazi sul web), in base alle direttive europee sull’e-commerce, i giudici possono esigere che i prestatori del servizio pongano fine immediata alle violazioni: non ci sono, insomma, problemi.

Mentre proprio i Cdn sono in una zona grigia. Tanto che un fornitore di Cdn si difendeva davanti al tribunale di Milano, spiegando di non poter essere soggetto ad inibitoria, perché avrebbe soltanto prestato servizi di memorizzazione transitoria dei dati, con l’obiettivo di ottimizzare la fruizione di servizi web, senza poter operare in alcuni modo sui contenuti dei siti. In altre parole, il suo apporto è semplicemente tecnico e non riguarda i contenuti.

La decisione
Il tribunale di Milano non ha accolto questa impostazione, creando un precedente importante per il futuro. Secondo i giudici, infatti, anche la semplice attività di conservazione temporanea di dati statici può consentire «l’azione illecita» e, di fatto, rendere possibile la trasmissione di contenuti pirata. È, quindi, possibile ordinare a un provider di servizi di Cdn di bloccare la fornitura di tutti i servizi erogati a favore dei siti abusivi.


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