Più contratti a termine e partite Iva. Così pesa l’incertezza sul mercato del lavoro
di Claudio Tucci
2' di lettura
Il dato sul mercato del lavoro di dicembre diffuso dall’Istat fa vedere tre cose. Primo. Sull’anno, il 2018 si è chiuso con +202mila occupati, tutti a tempo determinato e una fetta anche a partita Iva (+34mila autonomi). I rapporti permanenti, vale a dire con contratto a tempo indeterminato, sono scesi, nei 12 mesi, di 88mila unità. Su questo pesano gli andamenti dei vari mesi del 2018, ma è chiaro che la convenienza delle imprese per i posti di lavoro stabili è venuta meno, con la fine degli incentivi pieni, e per il quadro economico fiacco, specie negli ultimi mesi dello scorso anno. Di qui una ripresina dei contratti precari, che rispondono a un clima di incertezza.
Secondo. Con il decreto dignità in vigore pieno da novembre, che ha irrigidito proprio i contratti temporanei con la reintroduzione delle causali dopo i primi 12 mesi liberi, e con l'arrivo della flat tax per una larga fetta di autonomi, qualcosa si sta iniziando a muovere nel mercato del lavoro. A dicembre, sul mese, l’occupazione è cresciuta di 23mila unità. Anche qui tutti contratti a termine e autonomi. Certo, è presto per parlare di corsa alla partita Iva. Ma non c'è dubbio che i mancati rinnovi dei contratti a termine stanno sfociando in più domande di disoccupazione (come certificano i dati Inps) e in qualche partita Iva in più, visto che adesso beneficiano di una tassazione più conveniente.
In questo quadro, oltre a una crescita di occupazione tiepida, in linea con la congiuntura economica in frenata, si confermano le difficoltà per la fascia centrale d'età, 25-49enni, che in un anno perdono 135mila occupati. Peraltro, l'inattività si riduce in modo molto contenuto, e il piccolo calo della disoccupazione generale a dicembre non è sufficiente a evitare un aumento dei senza lavoro nella media del quarto trimestre (+63mila unità).
Terzo. I giovani. Il tasso di occupazione giovanile a dicembre sale leggermente, al 31,9 per cento. Spicca anche come l’inattivita cresca di 28mila unita proprio tra gli under35. Qui si annidano anche scoraggiati. L’arrivo del reddito di cittadinanza per ora non sta scaldando i fondamentali del mercato del lavoro, che vive una fase di fiacca. Fiducia, crescita economica, lavoro vanno storicamente di pari passo. E se i primi due indicatori sono in sofferenza, difficile attendersi miracoli dal terzo.
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