Pari opportunità

Più donne occupate in azienda per far crescere Pil e competitività

Sono 19 i punti di divario nel tasso di partecipazione al lavoro, poche le manager

di Claudio Tucci

(Blue Planet Studio - stock.adobe.com)

2' di lettura

Nel giorno in cui l’Istat ha fatto notare come le donne siano, per ora, escluse dalla crescita dell’occupazione, dal rapporto annuale dell’Osservatorio mercato del lavoro e competenze manageriali di 4.Manager, presentato ieri al Connext di Milano, sono emersi altri aspetti del problema: le donne scontano ben 19 punti di divario di genere nel tasso di partecipazione al lavoro; e se hanno figli sotto i 6 anni il tasso di occupazione è ancora più basso (53% contro il 72% delle donne tra i 25 e i 49 anni senza prole). E ancora abbiamo pochissime donne manager: su 605mila posizioni, solo il 28% è affidato a figure femminili (Inps), quota che si riduce al 18% se consideriamo le posizioni regolate da un contratto da dirigente, ferme (0,3%) ormai da 10 anni.

Eppure, e questo è il triste paradosso, un maggior numero di donne occupate potrebbe dare una spinta decisiva alla ripresa in atto, facendo crescere Pil e imprese. «I tempi per la parità di genere rischiano di allungarsi di un’altra generazione a causa del Covid - ha detto Stefano Cuzzilla, presidente di 4.Manager e Federmanager -. L’equilibrio di genere fa crescere Pil e imprese. Le aziende con governance mista sono più competitive e reagiscono meglio nei contesti di crisi. Il gap retributivo e il welfare aziendale sono le aree di intervento più urgenti da affrontare».

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Lo sguardo è rivolto ora al Pnrr, le cui direttrici, dalla promozione delle attività imprenditoriali femminili al sostegno alla realizzazione di progetti aziendali innovativi (digitale, sostenibilità, green economy) promettono maggiore velocità nell’ingresso al lavoro nei percorsi di carriera delle donne. «Bisogna aumentare la qualità complessiva delle nostre persone e un contributo essenziale lo possono dare le donne - ha aggiunto Gianni Brugnoli, vicepresidente di Confindustria per il Capitale umano -. Dobbiamo orientare sempre più giovani ragazze verso i percorsi tecnico-scientifici per i quali, dati alla mano, dimostrano di essere molto portate. Le iscritte agli istituti tecnici e agli Its superano di poco il 25% e ancor meno sono le percentuali di laureate Stem». «La prima strategia nazionale per la parità di genere - ha sottolineato la ministra per le Pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti - investe in azioni concrete: lavoro, parità di reddito, formazione nelle nuove competenze digitali, leadership femminile, welfare e conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per le donne e per gli uomini. La seconda strategia riguarda un investimento importante sull’imprenditoria femminile. Stiamo lavorando anche a un sistema nazionale di certificazione sulla parità di genere delle organizzazioni produttive pubbliche e private che possono dare incentivi a piccole, medie e grandi imprese».

Oggi entra in vigore la nuova legge sulla parità retributiva uomo-donna, votata trasversalmente dalle Camere, che istituisce dal 1° gennaio 2022 per le aziende la “certificazione della parità di genere” e lo sgravio contributivo per chi ne è in possesso: «Un segnale importante - ha chiosato la ministra per le Politiche giovanili, Fabiana Dadone -. Ma è solo l’inizio, la parità salariale deve essere il punto di partenza per la trasformazione culturale e organizzativa del mondo del lavoro».

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