Plastic tax, si parte da 1 miliardo Colpite anche le bottigliette
L’imposta sugli imballaggi utilizzati da consumatori e imprese scatterà da metà anno e peserà un euro al chilo: colpite cinquemila aziende. Sugar tax sulle bevande: 10 euro a ettolitro
di Marco Mobili e Gianni Trovati
3' di lettura
L’imposta «pigouviana» perfetta ha gettito zero, perché cancella i comportamenti inquinanti che vuole disincentivare a suon di tasse. Dalla tassa sulla plastica, però, il governo si aspetta un miliardo di euro nel 2020. Quando dovrebbe essere applicata solo da metà anno.
I dettagli sulla nuova Plastic Tax arrivano dalla viceministra dell’Economia Laura Castelli, nel corso del Forum sulla manovra organizzato ieri dal «Sole 24 Ore-Radiocor». Con un’applicazione automatica dello stesso calcolo, nel 2021 i miliardi potrebbero essere due, perché l’imposta sarebbe applicata per tutto l’anno. Ma la tassa, appunto, mira a frenare l’utilizzo della plastica, per cui alla fine la stima potrebbe essere più leggera.
In ogni caso, l’imposta si applicherà agli «imballaggi», ma con un’accezione del termine piuttosto ampia. Tecnicamente sono infatti «imballaggi primari» anche i contenitori monouso, come le bottigliette di plastica o le confezioni dei più diversi prodotti alimentari e non. Nella loro vita quotidiana i consumatori incontrano poi gli «imballaggi secondari», per esempio la confezione di plastica che avvolge le sei bottiglie di minerale. Sotto i colpi della tassa finiranno poi gli «imballaggi terziari», cioè i grandi contenitori utilizzati dalle imprese per i loro materiali.
Semplicissimo, almeno all’apparenza, il metodo di calcolo. Perché la tassa sarà di un euro al chilogrammo. In questi termini, non è un’imposta esosa; perché è vero che secondo i dati Unionplast il 70% degli imballaggi è «primario», ma una bottiglia, oppure una confezione (i «secondari» valgono il 7% del totale), pesano pochi grammi. In questi termini, allora, l’imposta dovrebbe pesare soprattutto sulle imprese che utilizzano molto materiale plastico nelle loro produzioni. Ma «non è una punizione per l’industria del settore», ribatte Castelli invitando a considerare la mossa all’interno di un quadro più ampio che comprende anche il rilancio e l’estensione in termini ambientali del pacchetto Impresa 4.0.
Ma la semplicità rischia di essere appunto solo apparente. Dal momento che l’imposta nasce con l’obiettivo ufficiale di tutelare l’ambiente, la sua applicazione dovrebbe escludere la plastica riciclata. Oggi, sempre secondo Unionplast, sui 3,11 milioni di tonnellate di plastica utilizzati ogni anno, solo il 10% è riciclato. Ma spesso plastica vergine e riciclata si fondono nello stesso prodotto: e per individuare l’area di esenzione bisognerà fissare la quota minima di materiale riciclato necessaria a evitare di dover passare alla cassa.
Per questa ragione il progetto di Plastic Tax agita le circa 5mila aziende del settore. E non solo. A cogliere la palla al balzo del confronto sul punto, proposto dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa, interviene Assobibe, che chiede di non penalizzare «l’impegno preso dagli operatori del settore a impiegare solo plastica riciclabile al 100% per facilitare selezione, recupero e successivo riciclo». Ma sulle bibite incombe l’altra tassa ambientale: la Sugar Tax.
Qui nel mirino finiscono gli zuccheri aggiunti alle bibite (non alle merendine, come precisato anche ieri dal ministro dell’Economia Gualtieri al Sole 24 Ore). E il costo sarà di 10 euro a ettolitro (o di 0,25 euro al chilo nel caso delle polveri). Anche in questo caso, insomma, il valore unitario è ultralight. Ma a livello complessivo assume una certa consistenza: più di 200 milioni l’anno prossimo, ma anche in questo caso si partirà almeno in primavera.
Ma la discussione promette di accendersi su tutto il pacchetto fiscale verde, nel classico conflitto fra la virtù dei comportamenti e le esigenze della cassa. Il trasporto per esempio sta già iniziando ad alzare la voce, nonostante l’uscita di scena della tassa sul diesel. Perché il Dpb prospetta comunque una penalizzazione per i veicoli Euro III e IV, che colpisce tra l’altro anche le aziende del trasporto pubblico locale. «Il governo ci ripensi», chiede l’associazione (Asstra) che le rappresenta.
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