Plastica: le imprese contro la supertassa sugli imballaggi
L’ipotesi di una supertassa aggiuntiva sugli imballaggi di plastica, supertassa che andrebbe a sommarsi alle altre imposte e anche ai prelievi ambientali che già finanziano raccolta differenziata e riciclo, è contestata dalle imprese
di Jacopo Giliberto

L’ipotesi di una supertassa aggiuntiva sugli imballaggi di plastica, supertassa che andrebbe a sommarsi alle altre imposte e anche ai prelievi ambientali che già finanziano raccolta differenziata e riciclo, è contestata dalle imprese
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L’ipotesi di una supertassa aggiuntiva sugli imballaggi di plastica, supertassa che andrebbe a sommarsi alle altre imposte e anche ai prelievi ambientali che già finanziano raccolta differenziata e riciclo, è contestata dalle imprese. Il 16 ottobre è intervenuta con una nota la Confindustria, mentre Ettore Fortuna, vicepresidente dell’associazione Mineracqua, teme effetti pesanti per i consumatori (un rincaro sul costo finale pagato dai consumatori sull’acqua minerale o sulle bevande), per le aziende di imbottigliamento e per l’ambiente.
L’ipotesi di tassa
L’ipotesi del Governo è l’introduzone di una nuova imposta sugli imballaggi di plastica dal 1° giugno 2020, in misura di 1 euro al chilo, per un gettito per il Fisco stimato in 2 miliardi.
Già nei giorni scorsi si erano espressi contro l’ipotesi le organizzazioni del riciclo (il consorzio Corepla, ma anche i consorzi volontari Conip e Coripet), il sindacato Filctem Cgil, le associazioni delle imprese di settore Plastic Europe Italia (le aziende chimiche che sintetizzano i polimeri) e l’Unionplast (le imprese che lavorano la plastica per produrre beni finiti).
Il commento delle imprese
Osserva la Confindustria: «La misura non ha finalità ambientali, penalizza i prodotti e non i comportamenti, e rappresenta unicamente un’imposizione diretta a recuperare risorse ponendo ingenti costi a carico di consumatori, lavoratori e imprese».
Aggiunge la confederazione che sugli imballaggi di plastica grava già il contributo ambientale Conai per la raccolta e il riciclo (in tutto 450 milioni l’anno, dei quali 350 sono versati ai Comuni per garantire il servizio della raccolta differenziata), che la tassa colpirebbe anche i prodotti di imballaggio che contengono materiale riciclato, bloccherebbe gli investimenti ingenti e le risorse impegnate nell’economia circolare, paralizzerebbe i consorzi di riciclo.
L’industria dell’acqua minerale
Aggiunge Fortuna di Mineracqua che «la plastica utilizzata dall’industria delle acque minerali è il Pet, polietilene tereftalato, plastica riciclabile al 100% e riutilizzabile in forza di un decreto ministeriale fino al 50% nella fabbricazione di nuove bottiglie. Con le bottiglie di Pet si realizza perfettamente il principio della cosiddetta economia circolare».
Non a caso la direttiva europea sulla plastica «riconosce la riciclabilità al 100% del Pet fissando ambiziosi obiettivi di raccolta e riutilizzo del riciclato».
Inoltre la tassazione ipotizzata di 1 euro al chilo sarebbe più alta perfino del prezzo industriale della plastica Pet, che è circa 90 centesimi al chilo. «Dove si è mai vista una tassa del 110%? Non si è mai visto un’imposizione così elevata su un bene, un prodotto, una persona fisica», protesta Fortuna. «Il consumatore si troverebbe per effetto di questa tassazione a pagare il 10% in più per litro».
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