Innovazione & industria

Plastiche, su riciclo e bio quasi il 10% dei brevetti è «Made in Italy»

Con il 9% delle domande di brevetto depositate in 10 anni in questi settori, l’Italia è in 4° posizione delle tecnologie per il riciclo e in 3° sulle bioplastiche. Sanità, cosmetici e detersivi i settori che guidano la ricerca. Ma si fatica ancora a trasferire i risultati dall’università all’industria

di Laura Cavestri

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3' di lettura

Plastica riciclata e bioplastiche. Tra il 2010 e il 2019, l’Europa e gli Stati Uniti hanno rappresentato ciascuno circa il 30% (o il 60% insieme) dei brevetti in tutto il mondo in questi settori. In particolare, l’Italia, tra il 2010 e il 2019, ha contribuito con il 9% di tutte le famiglie di brevetti internazionali, depositate da aziende e inventori con sede nell’Unione europea in sia nelle tecnologie di riciclo della plastica (4° in Europa dopo Germania, Francia e Olanda) sia nelle bioplastiche (3° posizione dopo Germania e Francia). Lo rileva l’ultimo report dell’Ufficio brevetti europeo dedicato al tema a pochi giorni dall’apertura dei lavori del vertice Cop26 a Glasgow ai primi di novembre e del G20 del 31 ottobre a Roma.

«L’Italia – ha spiegato Francesca Tassinari, tra le curatrici del report – mostra inoltre un elevato grado di specializzazione sia nel riciclo della plastica che nelle bioplastiche. Lo dimostra il fatto che, rispetto al numero complessivo di domande di brevetto italiane, le aziende e gli enti di ricerca italiani hanno depositato più brevetti in questi due settori rispetto alle controparti di molti altri Paesi. Più precisamente, proprio nell'ambito del riciclo della plastica, l’Italia può vantare il secondo più alto grado di specializzazione rispetto gli altri Paesi della Ue nel recupero dei rifiuti e nel riciclo meccanico».

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TECNOLOGIE PER IL RICICLO
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BIOPLASTICHE
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Sanità, cosmetici e detersivi guidano la ricerca

Le principali aziende italiane a richiedere brevetti sul riciclo della plastica sono Eni, LyondellBasell, Fater SpA, Previero, Università di Bologna e Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr). Leader nelle bioplastiche sono invece Pirelli, Novamont, Eni e Fidia Farmaceutici.

Le industrie della sanità, dei cosmetici e dei detersivi guidano l’innovazione delle bioplastiche, con più di 19mila domande di brevetto depositate nel periodo 2010-
2019 (nonostante il comparto di nicchia rappresenti meno del 3% della domanda totale di plastica in Europa). Ma anche i settori dell’imballaggio, dell’elettronica e dei tessuti contribuiscono in modo significativo.
I metodi chimici e biologici guidano, invece, l’innovazione nel riciclaggio, generando 9mila domande di brevetto nel periodo 2010-2019, il doppio delle domande di brevetto relative al riciclo meccanico, che è attualmente la soluzione più comunemente utilizzata per trasformare i rifiuti di plastica in nuovi prodotti.

La ricerca universitaria? Un potenziale inespresso

Il rapporto rileva inoltre che, nei campi del riciclo chimico e biologico, la ricerca fondamentale svolge un ruolo molto più significativo rispetto ad altre tecnologie di riciclo della plastica, con quasi il 20% delle invenzioni provenienti da Università e organizzazioni pubbliche di ricerca. Nel frattempo, le start-up e le scale-up statunitensi hanno generato quattro volte più brevetti nel riciclaggio chimico e biologico rispetto alle loro controparti europee (338 contro 84). «Significa – ha detto ancora Tassinari – che l’Europa, pur essendo particolarmente attiva nella ricerca fondamentale, non sta sfruttando appieno il suo potenziale quando si tratta di trasferire queste tecnologie dall’accademia all’industria».

«Se da un lato la plastica è essenziale per l’economia, l’inquinamento da plastica sta minacciando gli ecosistemi di tutto il pianeta – ha affermato il presidente dell’Epo, (European patent office), António Campinos –. La buona notizia è che l’innovazione ci consente di affrontare il passaggio ad un modello completamente circolare. Questo studio offre informazioni chiave su una gamma di nuove e promettenti tecnologie che promuovono il riutilizzo, il riciclo e la biodegradabilità dei prodotti in plastica. Questo studio mette in evidenza il contributo dell’Europa all’innovazione in questo settore, e mostra che c’è margine di miglioramento per trasformare la pionieristica ricerca europea in invenzioni e portarle sul mercato».

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