Pmi, nel 2023 previsti meno investimenti. L’incertezza frena le imprese
Secondo un campione di 927 imprese per 6 su 10 è difficile fare previsioni. Quasi il 40% ridurrà gli investimenti. Il presidente Costantini: «Fondamentali il Pnrr e le agevolazioni»
di Cristina Casadei
I punti chiave
2' di lettura
Incertezza. È questa la parola che sintetizza il sentimento delle imprese artigiane e delle Pmi per l’anno appena iniziato. Dopo un 2022 di consolidamento post Covid, un insieme di diversi fattori che vanno dallo shock energetico, all’inflazione fino alle tensioni internazionali generate dal conflitto ucraino, non consentono infatti agli imprenditori di avere uno sguardo sereno sul futuro.
Le previsioni delle imprese per il 2023
Da un’indagine su un campione di 927 aziende, appena realizzata dalla Confederazione Nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa, sulle prospettive, è venuto fuori che ben sei su dieci (il 61%) hanno difficoltà a formulare una previsione sull’andamento dell’economia italiana. Tra i restanti, la quota di chi prevede dodici mesi di difficoltà supera ampiamente quella di chi ritiene invece che l’Italia continuerà a crescere. Dario Costantini, presidente nazionale della Cna, spiega che «la guerra, il caro-energia e l’inflazione sono motivi di forte preoccupazione per le nostre imprese. L’incertezza in forte aumento orienta le imprese alla prudenza con la conseguenza di tagliare gli investimenti. Diventa fondamentale quindi mettere a terra le risorse del Pnrr e mantenere strumenti agevolativi come gli ecobonus, transizione 4.0 e Nuova Sabatini. Rilanciamo anche la nostra proposta di creare un fondo per incentivare gli investimenti per piccoli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili sfruttando i capannoni delle Pmi».
Cala la propensione agli investimenti
Se questo è il sentimento verso il Pil, quando gli imprenditori guardano all’interno delle loro aziende il quadro si fa più chiaro e un po’ meno negativo. L’area di chi parla di incertezza si restringe al 37,2% del totale, ben 25 di meno rispetto a quella sull’economia italiana, e c’è un sostanziale equilibrio tra chi ritiene che il 2023 sarà un anno soddisfacente per la propria attività (29,8%) e chi pensa il contrario (33%). Tutto questo non basta però a creare slancio su investimenti e occupazione. Per i prossimi dodici mesi, infatti, quasi 4 intervistati su 10 (39,5%) dichiarano di voler ridurre gli investimenti: il 27,4% parla di diminuzione e il 12,1% di forte riduzione. Il 45,7% li manterrà stabili e circa il 14% li aumenterà. Sull’occupazione la maggioranza è prudente: il 12,2% dice che aumenterà gli organici, il 66,5% li manterrà stabili e il 21,1%, quindi più di uno su cinque, li ridurrà. Combinando i dati relativi all’occupazione e agli investimenti si capisce che per gli imprenditori questa è una fase che non offre certezze sul futuro e quindi meglio optare per una strategia attendista.
I fattori più critici
Tra le priorità del Governo, per la Cna ci dovrà essere anche «un’altra criticità che emerge dalla nostra indagine e cioè la difficoltà delle imprese a reperire personale specializzato», osserva Costantini. Questo potrebbe infatti essere tra i fattori che impatteranno più negativamente sulle attività, insieme al caro-energia e alle tensioni inflazionistiche. La lista dei motivi di preoccupazione è però più lunga e ricomprende anche il protrarsi dell’instabilità politica internazionale, la mancata attuazione degli investimenti previsti nel Pnrr e il peggioramento delle condizioni di accesso al credito. Tutti fattori che messi insieme, secondo le imprese sentite nell’indagine della Cna, potrebbero incidere negativamente sull’andamento della loro attività e dell’economia italiana. Non sembra invece destare particolari timori una eventuale recrudescenza della pandemia da Covid-19.
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