ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùTra voto e nuovo governo

Pnrr blindato per i partiti su attuazione e governance

Nessun margine per modificare strutture e provvedimenti attuativi

di Giorgio Santilli

Draghi: "Raggiunti obiettivi del Pnrr di questo semestre"

3' di lettura

Il nuovo governo - che non si insedierà prima di fine ottobre/metà novembre - avrà tempi strettissimi per attuare il Piano nazionale di ripresa e resilienza e non avrà nessun margine per cambiare in corsa il Pnrr.

In particolare, non potrà cambiare pressoché nulla nel percorso di attuazione dei 55 obiettivi previsti per il 31 dicembre. I decreti attuativi della riforma della giustizia civile e penale o quelli sulla concorrenza, solo per fare alcuni esempi politicamente più rilevanti cui Bruxelles presta grandissima attenzione, potranno solo essere attuati di gran carriera sulla base dei principi scritti nelle leggi delega e largamente concordati con la commissione. Margini per ridiscuterli non ce ne sono.

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Concessioni balneari, impossibili ulteriori mediazioni

Sulle concessioni balneari - tema estremamente divisivo che ha lasciato strascichi fino alla fine in Parlamento - non saranno possibili ulteriori mediazioni: la norma andrà attuata nel rispetto dei tempi e all’interno del perimetro approvato dalle Camere e concordato con Bruxelles.

Non ci sono partite da riaprire o passi indietro da fare, almeno per i primi mesi di governo (qualche margine di discussione potrà aprirsi poi). Salvo che non si voglia mettere a repentaglio non solo la rata di finanziamento da 19 miliardi collegata agli obiettivi del 31 dicembre 2022, ma anche l’intera tenuta del Piano che Bruxelles vigila passo dopo passo, intervento per intervento, obiettivo per obiettivo.

Converrebbe allora - e così sembra essere finora - che nella campagna elettorale tutti rinunciassero a usare il Pnrr, i suoi target e i suoi milestones come oggetto di battaglia politica, ma tutte le forze politiche concordassero che l’attuazione del Pnrr è la priorità nazionale e che occorre procedere rapidamente nella direzione segnata.

La governance del Piano

Altro tema che alcuni partiti o il nuovo governo potrebbero essere tentati di riaprire è quello della governance del Piano. Le posizioni di vertice di tutte le strutture tecniche sono blindate da Bruxelles e andranno quindi in continuità, al riparo da tentazioni di spoil system. Questo vale soprattutto per gli snodi fondamentali dell’attuazione come la segreteria tecnica insediata a Palazzo Chigi e guidata da Chiara Goretti o il Servizio centrale per il Pnrr della Ragioneria generale dello Stato guidato da Carmine Di Nuzzo. Queste posizioni valgono fino a fine 2026.

Il Superministro per il Pnrr

Di difficile realizzazione anche un’altra idea che già comincia a circolare nella campagna elettorale, quella di un Superministro per il Pnrr. Pressoché impossibile concentrare su un solo soggetto il ruolo di amministrazione attuatrice responsabile individuato per ciascuna missioni e ciascuno intervento o riforma. Oltre a non essere una scelta improntata a efficienza, comporterebbe un rimescolamento delle responsabilità attuative che stravolgerebbe l’assetto del Piano e incontrerebbe l’opposizione di Bruxelles (che ha interlocuzioni pressoché quotidiane con le singole amministrazioni competenti). Se invece il Superministro fosse un coordinatore con le competenze formali che restassero in capo ai singoli ministeri, rischierebbe di essere solo un passaggio in più, un intralcio più che un’accelerazione.

Il coordinamento politico

Certo, il problema di un forte coordinamento politico dell’azione del governo sul Pnrr si porrà. Per capire i rischi potenziali basta vedere la differenza nella gestione del nodo governance fra la confusione che ha caratterizzato l’azione del governo Conte 2 e la compattezza e speditezza con cui ha affrontato la questione il governo Draghi.

Anche l’azione congiunta fra l’autorità politica responsabile con Bruxelles (Draghi) e il coordinamento tecnico di governo (Garofoli) ha funzionato molto bene nell’attuale esecutivo. Ma la forza politica e l’autorevolezza con Bruxelles bisogna averla, per esercitarla. Se forza e autorevolezza non sono chiare e riconosciute, il problema rischia di aprirsi certamente, nella guida unitaria del governo e nelle interlocuzioni con Bruxelles.

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