I punti chiave
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Aumentano le preoccupazioni a Bruxelles sulle difficoltà italiane a rispettare le misure previste dal piano nazionale di rilancio e resilienza (Pnrr). L’annuncio del governo Meloni di ritenere pressoché impossibile spendere l’intero ammontare entro il 2026 ha provocato non poche alzate di sopracciglia, tenuto conto che il NextGenerationEU è stato messo a punto con l’obiettivo di aiutare l’economia italiana, e quindi l’intera economia europea.
Partita aperta sulla terza trache
Sul tavolo c’è la terza tranche di denaro comunitario. La Commissione europea ha spiegato al governo che gli impegni presi per l’esborso dei fondi (19 miliardi di euro) non sono stati pienamente rispettati. Secondo le informazioni raccolte qui a Bruxelles, restano aperti alcuni punti, apparentemente non insormontabili. Peraltro, le regole permettono anche un esborso parziale della tranche, così come è stato deciso in febbraio con la Lituania (riconoscendo al paese 31 impegni su 33).
I progetti sotto la lente di Bruxelles
Informalmente è emerso che la Commissione europea mette in dubbio la costruzione di due stadi e di un impianto di riscaldamento alimentato con fonti rinnovabili, così come le modifiche alla concessione di alcuni porti. La scadenza entro la quale controllare il rispetto degli impegni presi è stata spostata dal 31 marzo al 30 aprile. Nulla vieta alle parti di allungare ulteriormente i tempi. Nel frattempo, un altro capitolo aperto riguarda gli eventuali cambiamenti del Pnrr.
«Stiamo facendo una verifica (…) perché se dovesse emergere che c’è l’impossibilità (…) di poter realizzare alcuni progetti lavoreremo con la Commissione Europea per trovare una soluzione», ha detto a Bruxelles il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto. Martedì 28 marzo lo stesso esponente politico aveva aperto la porta a una scrematura del Pnrr. C’è da chiedersi se il governo Meloni non possa decidere di rinunciare a una parte dei prestiti (che ammontano a circa 120 miliardi di euro).
La posizione della Commissione europea
La Commissione europea continua a spiegare che modifiche al Pnrr sono certamente possibili alla luce di «circostanze oggettive». L’esecutivo comunitario è ancora in attesa di ipotesi precise da parte di Roma. Bruxelles preferirebbe che le modifiche proposte dall’Italia venissero presentate entro aprile, insieme a un nuovo capitolo del Pnrr tutto dedicato alla transizione ambientale, così come deciso a livello europeo negli scorsi mesi.
I Paesi che hanno chiesto di cambiare il Pnrr
L’Italia non è sola. La Germania, la Finlandia e il Lussemburgo hanno chiesto anch’essi di cambiare il loro Pnrr. Peraltro, molti paesi membri ancora non hanno ottenuto neppure la prima tranche di denaro. Al tempo stesso, però, l’Italia è un caso molto particolare: non soltanto è il paese che più beneficia di fondi del NextGenerationEU, ma questo stesso programma le è stato per così dire cucito addosso con l’obiettivo di aiutarla, tenuto conto dell’importanza della sua economia.
Commenta Siegfried Muresan, eurodeputato popolare rumeno: «Vogliamo mostrare solidarietà all’Italia, ma le regole sono uguali per tutti. L’esborso di denaro dipende da investimenti e riforme. La via da perseguire è quella di rispettare gli impegni (…) Quanto all’ipotesi di modificare il Pnrr, bisogno rispettare le regole e sapere che l’ammontare di denaro è elevato e che i tempi sono stretti. Il rischio è di rallentare l’intero processo e di non poter spendere i soldi, disponibili fino al 2026».
Questione europea, non solo italiana
Malgrado i toni diplomatici, il messaggio è chiaro: l’uso del denaro nel Pnrr (200 miliardi tra prestiti e sussidi) è una questione europea, non solo italiana. Più polemico Philippe Lamberts, eurodeputato ecologista belga: «Quando ho visto le ultime dichiarazioni dell’Italia sono caduto dalla sedia. Il programma del NextGenerationEU è il più ambizioso programma europeo di questo genere. Se il denaro non verrà speso, sarà difficile ambire a creare in futuro uno strumento di bilancio per la zona euro».
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