Investimenti e Pil

Pnrr: non solo target per la Ue, nel 2022 la sfida è spendere

Oltre agli obiettivi posti da Bruxelles è necessario accelerare gli investimenti

di Giorgio Santilli

Pnrr, Draghi: "Raggiunti tutti i 51 obiettivi concordati con Ue"

2' di lettura

La straordinaria abilità negoziale di Mario Draghi nella fase finale di approvazione da parte di Bruxelles del Pnrr italiano, nell’estate dello scorso anno, ha spostato i target Ue e l’attenzione politica del primo anno di decollo del Recovery Plan dal suo naturale obiettivo - spendere, investire, dare una spinta al Pil - a obiettivi non meno strategici ed essenziali per il Paese, come fare le riforme, individuare le priorità strategiche, dotare il Piano di una governance all’altezza e di un adeguato quadro normativo, ma meno direttamente impattanti sul livello di investimenti e di Pil. L’abilità negoziale sta nel fatto che in questo modo, oltre a dare un assetto solido al Recovery Plan, si è evitato nella fase di decollo qualsiasi esame - anche minimo - sull’aspetto che ci vede più fragili: la rendicontazione della spesa.

Decollo morbido degli investimenti

Il successo negoziale di Draghi ha consentito cioè un decollo morbido degli investimenti, considerando anche - altro successo negoziale con la Ue - che sugli obiettivi di spesa per il 2020 e 2021 all’Italia è stato consentito di contabilizzare spese dei cantieri infrastrutturali già avviati a prescindere dal Pnrr (Terzo valico, Av Brescia-Padova, Napoli-Bari sono alcuni esempi).

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È successo così che il raggiungimento dei primi 51 obiettivi Ue per il 2021 - quasi tutti riforme, procedure e approvazione di piani - è stato faticoso (in Italia tutto è faticoso) ma più agevole di quanto si potesse immaginare e la prima rata di finanziamenti sarà presto accreditata (dopo l’anticipo di 24,9 miliardi che già fu un successo ad agosto).

Perse di vista le previsioni di spesa progetto per progetto

Si sono però perse di vista - qui l’abilità del governo è stata comunicativa - le previsioni di spesa progetto per progetto, che effettivamente non rientrano negli obiettivi concordati con Bruxelles per ottenere i fondi e che la stessa commissione derubrica a «obiettivi nazionali», mero riferimento per l’andamento dei progetti. E che, tuttavia, sono la ragione ultima del piano.

Pochi hanno calcolato - Il Sole 24 Ore lo ha fatto con gli articoli del 23 giugno e del 12 agosto - quanto si dovesse spendere nel 2020-21: 15,7 miliardi suddivisi in 106 progetti. C’è da augurarsi che una delle prossime relazioni del governo dia conto anche di questo andamento della spesa, non cogente ai fini del rilascio dei fondi ma essenziale per l’economia italiana.

Difficilmente questa disattenzione politico-mediatica potrà ripetersi nel 2022, anno in cui è prevista una forte accelerazione degli investimenti, nell’ordine dei 30 miliardi. Servirà grande capacità politica e tecnica per tenere insieme il Paese e partire bene anche nella partita più difficile della rendicontazione delle spese.

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