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Poche parole per fare bella figura parlando di vino (ed evitare strafalcioni)

L’equilibrio gustativo di un vino è determinato principalmente da tre elementi: acidità, frutto e grado alcolico. Ma non servono espressioni altisonanti (e poco comprensibili) per parlarne a tavola.

di Cristiana Lauro

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4' di lettura

Tutti possiamo imparare a parlare di vino in maniera semplice e comprensibile, evitando figuracce, ma soprattutto senza bisogno di appartenere a una élite di appassionati. A cosa serve raccontare agli altri le personali percezioni olfattive e gustative ricorrendo ad accostamenti semantici inafferrabili o alle fantasie più sfrenate? Talvolta divertenti, a dire il vero, ma incomprensibili per molti.

Il fascino di una buona bottiglia ha uno stretto legame con la storia che la precede, col racconto di chi l’ha prodotta, a mio avviso più interessanti rispetto alla lista dei sentori all’interno del calice. Le impressioni olfattive e gustative all’interno di un bicchiere di vino descrivono l’indefinibile.
Per parlare di vino in maniera semplice e comprensibile a tutti dunque occorre mettere da parte quella specie di aura intellettuale che qualcuno gli ha costruito intorno per renderlo nobile, complesso e colto; invero inafferrabile per il consumatore finale, ma di crescente interesse per collezionisti e investitori.

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Il gusto e l’olfatto evocano sensazioni molto soggettive ed è quasi impossibile mettersi d’accordo del tutto, mi pare normale! Eppure, chi parla di vino scivola spesso su un racconto autoreferenziale, autobiografico, col risultato di rendersi incomprensibile a qualsiasi platea: dalla cena in famiglia, al wine bar o nelle numerose fiere e degustazioni enogastronomiche sempre più diffuse.

La sincerità paga

Vediamo allora qualche suggerimento per non fare scena muta quando qualcun altro dice la sua a proposito di un vino che state assaggiando insieme. Per prima cosa non abbiate paura di dire quello che realmente percepite all’olfatto e al gusto. Se l’esperto di turno sente il cardamomo e voi no, non sentitevi obbligati a dargli ragione, anche perché probabilmente non lo sente nemmeno lui (anzi, quasi sicuramente). Inoltre, tenete bene a mente che se uno per fare il fenomeno spara una quarantina di odori in un solo bicchiere o è in preda al delirio alcolico o, più probabilmente, è in malafede. La descrizione di un calice di vino non è l’assolo di un chitarrista virtuoso e non deve essere autobiografica.

Siate comprensibili a tutti evitando espressioni eccentriche, se non addirittura pittoresche. Colui che lo definisce “teso, dritto” si spiegherebbe meglio se dicesse che all’assaggio percepisce una spiccata acidità. Grossomodo le due espressioni significano la stessa cosa, ma sono convinta che per un neofita sia più chiara la seconda. Già che ci siamo mi permetto una piccola digressione ricordandovi che l’equilibrio gustativo di un vino è determinato principalmente da tre elementi: acidità, frutto e grado alcolico. È un aspetto fondamentale e quando nessuno dei tre prevale, significa che state bevendo qualcosa di equilibrato e armonico.

Evitare le descrizioni stravaganti

Non è detto che sia la bottiglia della vita, ma i nostri sensi hanno bisogno di armonia nella degustazione. Cosa si intende per “vino femminile”? E la mineralità? L’olfatto minerale? Ecco, chiedetevi: che odore hanno i sassi? Risposta banale ma necessaria: nessuno, se non sono contaminati da qualche altro elemento come la vegetazione ad esempio. Casomai minerale sarà il terreno sul quale è cresciuta quella vigna, cosa che un vero esperto riconoscerebbe, forse, dal colore e dal sapore, mica dai sentori olfattivi.

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Comunque sia, si può fare una discreta figura in pubblico parlando di vino anche senza tirare in ballo la “mineralità”. Ma andiamo avanti. Ci sono quelli che sentono imprecisate note speziate ovunque; ma le spezie sono tantissime nel mondo, con caratteristiche aromatiche diverse, dipendenti della zona in cui crescono oltre che dal tipo di conservazione.

Potrei stilare un elenco di descrizioni stravaganti – come i “tannini polverosi” o la “croccantezza” – che hanno la caratteristica comune di farsi notare senza farsi capire.
Purtroppo per imitazione o per moda spesso si diffondono, col risultato che la maggior parte delle persone si blocca, va in soggezione o si sente ignorante quando si parla di vino.

Ricordare i profumi dominanti

Come fare, quindi? Da dove cominciare? Anzitutto lasciate perdere tutte queste descrizioni un po’ eccentriche e provate intanto a seguire poche sintetiche indicazioni, utili per dire la vostra davanti a un calice pieno senza rischiare figuracce.

Ogni tipologia di uva ha un profumo dominante che potete riconoscere nel vino. Partiamo da questo. Ci tengo a chiarire – per non sembrare banale o dissacrante – che si tratta di suggerimenti di base, alla portata di tutti, aggiungendo anche che con l’invecchiamento queste caratteristiche andranno a modificarsi.

Aglianico e amarena
Cabernet e ribes nero o mirtillo
Chardonnay e susina gialla
Pinot nero e fragoline di bosco
Friulano e mandorla fresca (anche pesca gialla)
Gewurztraminer e petali di rosa
Fiano e castagna bollita
Pinot Grigio e pera estiva
Merlot e lampone
Montepulciano e confettura di visciola
Nebbiolo e liquirizia (anche menta)
Nero d'Avola e cappero
Riesling e pompelmo (anche gasolio, davvero!)
Sangiovese e ciliegia
Sauvignon e foglia di pomodoro o frutta esotica (o pipì di gatto, giuro!)
Syrah e pepe (talvolta)

Ovviamente questo non era un corso lampo sul vino. Ma bastano poche e semplicissime regole per comprendere qualcosina di più su un mondo che può essere veramente affascinante, fino a diventare vera e propria passione. Perché il vino non è questione per pochi, ma di tutti e per tutti e sempre così vorrei che fosse.


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