Podcast ad alto gradimento: in ascolto 13 milioni di italiani
Video o audio, questo è il dilemma. In America qualcuno l’ha già ribattezzata la sfida degli influencer del nuovo decennio, divisi tra immagine e voce. In realtà la nuova generazione dei podcaster sta provando a surclassare le celebrità social da milioni di views e che oggi si annidano su Instagram, TikTok, Twitch, YouTube
di Giampaolo Colletti e Fabio Grattagliano
4' di lettura
Video o audio, questo è il dilemma. In America qualcuno l’ha già ribattezzata la sfida degli influencer del nuovo decennio, divisi tra immagine e voce. In realtà la nuova generazione dei podcaster sta provando a surclassare le celebrità social da milioni di views e che oggi si annidano su Instagram, TikTok, Twitch, YouTube.
Proprio la piattaforma di casa Google starebbe offrendo compensi ai podcaster per la conversione video dei loro programmi. Secondo un rapporto di Bloomberg, rilanciato da The Verge, l’azienda è pronta a offrire fino a 300mila dollari per finanziare episodi filmati di alcuni podcast. La battaglia si combatte anche a suon di missive, rilanciate poi a mezzo social. Rumble, piattaforma canadese di video online, ha proposto un contratto milionario al commentatore televisivo e noto podcaster Joe Rogan per lasciare Spotify. «Sono pronto a offrire 100 milioni di motivi per rendere il mondo un posto migliore», ha scritto il Ceo di Rumble nella lettera aperta pubblicata su Twitter.
Brand a caccia di ascolto
Anche tra le aziende la narrazione vocale sta registrando una crescita per investimenti, formati, fruizione. Un fenomeno che nasce Oltreoceano. Qui ha fatto storia il pioneristico “The Sauce” promosso da McDonald’s e nato come risposta alla crisi di approvvigionamento legata alla salsa szechuan, messa in commercio in edizione limitata e proprio per questo causa dell’insoddisfazione dei clienti. Da lì la nascita della serie che ha adottato un evocativo titolo investigativo, ma in chiave ironica: che cosa è successo alla salsa szechuan? Nel tempo si sono imposte molte altre produzioni: “Lipstories” per Sephora, “The Gucci Garden” per Gucci, “Open for Business” per eBay, “Variety Pack” per Slack e “Fortune favors the bold” per Mastercard. E in Italia?
I podcast in Italia secondo OBE
A fare luce ci ha pensato la ricerca di OBE realizzata con BVA Doxa e che ha visto coinvolto anche l’OBE Podcast Committee. La ricerca, presentata in esclusiva sul Sole24Ore, verrà illustrata domani al Mudec di Milano durante “Give Your Brand a Voice”, appuntamento organizzato da OBE Academy in collaborazione con OBE Podcast Committee e con la partnership di 24Ore System. Ad oggi sono 13 milioni gli ascoltatori di podcast. Una crescita che non è incasellabile in un trend passeggero: il 53% è un’audience di appassionati che li fruiscono in modo regolare. L’ascolto passa dagli schermi degli smartphone nel 73% dei casi ed è prevalente in mobilità, con un intervistato su tre che ascolta podcast in auto. Si tratta di una generazione trasversale e multitasking: quasi 8 su 10 ascoltano podcast mentre fanno altro. L’ascolto è soprattutto solitario, ma per il 16% dei giovani la fruizione è in compagnia e il 23% di genitori li ascolta con i figli. Consumo espanso, attento, esigente: un podcaster su cinque consuma fino a cinque programmi. Tutto però si gioca nei primi secondi. Perché la scelta di ascoltare o abbandonare un podcast è veloce e quasi un terzo (28%) abbandona con un’elevata frequenza. A guidare il consumo è la passione. I contenuti sono prevalentemente di entertainment (80%), ma crescono i temi formativi. Quello che fa la differenza – e che costituisce per le aziende un nuovo Eldorado in una fase di crisi diffusa dell’attenzione – sono gli elevati livelli di coinvolgimento. L’80% ricorda inserimenti pubblicitari nei podcast, il 76% podcast sponsorizzati e il 70% branded podcast. Su 50 proposte realizzate dalle aziende, il 74% dichiara di averne ascoltato almeno uno.
Strategie da integrare
«Il podcast è una forma di comunicazione coinvolgente. Stimola l’immaginazione e le informazioni sedimentano molto più facilmente. Lavora sull’equity di brand: un ascoltatore su due dichiara di apprezzare molto i brand che producono podcast interessanti. L’utilizzo dei podcast all’interno della strategia di comunicazione può avere un impatto sull’advocacy: oggi oltre ad essere un argomento di conversazione, è sempre più diffusa l’abitudine a consigliare o a farsi consigliare nuovi podcast», afferma Anna Vitiello, Direttore scientifico OBE e Direttore OBE Academy. Così i podcast diventano grandi, anche se vanno integrati nelle strategie della marca in modo funzionale. Perché se emerge una produzione più seriale e strutturata, manca ancora un’implementazione sinergica nelle campagne multicanale.
«Ma per i brand rappresentano una grandissima opportunità. Non c’è una concentrazione come avviene con altri strumenti di comunicazione. Anzi, emerge come molti settori che più difficilmente riescono ad avvicinare le proprie audience, grazie ai podcast possono farlo in maniera efficace e coinvolgente. La molteplicità di formati e di tematiche li rendono uno strumento molto trasversale. Bisogna però ricordarsi che si parla a community anche piccole e che condividono una passione e alle quali interessa approfondire temi specifici. È una conversazione spesso intima e profonda. Sono aspetti che non vanno dimenticati quando si decide di inserire i podcast nel proprio piano di comunicazione. Quindi non basta entrare in questo mondo semplicemente perché si intravede un’opportunità. Bisogna farlo bene», precisa Vitiello. Tutto passa dall’autenticità della proposta e dalla credibilità dell’interlocutore, e quindi dell’azienda. Lo sostiene anche lo scrittore spagnolo Ramón Eder: l’occhio sceglie, ma la voce conferma.
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