Poke, il mercato in Italia accelera verso quota 150 milioni
Secondo Growth Capital il business ha registrato nel 2020 un valore di 86 milioni di euro, previsti 98 milioni nel 2021 e 143 milioni nel 2024
di Maria Teresa Manuelli
3' di lettura
Ha scalato la classifica dei piatti più ordinati nei delivery, crescendo a tre cifre lo scorso anno in Italia e confermandosi il food trend del momento. È il poke, pronunciato “pok-ei” (a pezzetti), piatto tipico della cucina hawaiana, che in poco tempo è diventato una delle tendenze più influenti degli ultimi anni in cucina. Solo tra il 2014 e il 2017 il numero di ristoranti poke negli Usa è raddoppiato da 370 a 700, per arrivare a 1.811 nel 2018 secondo una ricerca del Washinghton Post. In termini di valore di mercato, nel 2020 il settore dei poke bar ha raggiunto 1,74 miliardi di dollari e si stima che possa arrivare a 2,9 miliardi nel 2024 crescendo a un Cagr del 14%.
Piatto salutare, altamente personalizzabile, “instagrammabile” e perfettamente funzionale al delivery, in Italia è arrivato nell'ottobre del 2017 quando I love Poke ha aperto il suo primo store a Milano, mentre nei primi mesi del 2018 Ami Poke è stato il first mover a Roma e, primo hawaiian bar in Italia.
Secondo lo studio “Il mercato del pokè in Italia. Analisi e trend di crescita” pubblicato da Growth Capital - società fondata da Cross Border, boutique di M&A e corporate finance attiva da 30 anni - anche nel nostro Paese il poke ha raggiunto ampio successo in poco tempo diventando l'ottavo cibo più ordinato a domicilio nel 2020 e crescendo di oltre il 133% rispetto al 2019.
Il mercato delle “pokerie” in Italia ha registrato nel 2020 un valore di 86 milioni di euro, passando a una previsione di 98 milioni nel 2021 e che si stima possa raggiungere i 143 milioni nel 2024.
In Italia oggi sono presenti nove catene che dominano il mercato nelle maggiori città (Roma, Milano, Torino, Bologna e Napoli). La prima in termini di fatturato è Poke House che di recente, con il sostegno di Eulero Capital, FG2 e Milano Investment Partners, ha chiuso un round da 20 milioni di euro per finanziare la propria espansione in Europa.
Nelle principali città si trovano anche le insegne Pokeria by Nima, I love pokè, Matcha Poke e operano attraverso un modello di business che prevede sia negozi di proprietà che franchising. Tra le altre importanti catene si trovano Pokescuse, Pokestorie e Waikiki Poke.
Inoltre, nelle maggiori città italiane Growth Capital ha mappato 120 Poke bar indipendenti che non fanno capo a nessuna delle grandi catene menzionate, mentre il restante territorio italiano è servito da circa altrettanti poke bar indipendenti, per un totale di 378 ristoranti nel 2021.
«Quello delle pokerie e del fast-casual restaurant è un mercato sempre più in vivace fermento. A dimostrazione di ciò sono le molteplici acquisizioni e aumenti di capitale verificatisi negli ultimi anni nel settore», affermano dall’advisor italiano. Oltre a Poke House, uno degli ultimi aumenti di capitale più rilevanti è stato quello di I love Poke, per un ammontare di 14 milioni di euro e concluso ad aprile 2021.
Per quanto riguarda le acquisizioni e fusioni (M&A) di settore, esclusivamente nel verticale delle pokerie, si segnalano principalmente transazioni Italia-estero o straniere. Nel primo caso, l'acquisizione da parte di Poke House del 100% di Ahi Poke (catena di pokerie londinese) per entrare nel mercato del Regno Unito e dell'omonima pokè house portoghese, con sede a Lisbona, per le stesse opportunità di espansione internazionale. Nel secondo caso, l'acquisizione da parte di Vendis Capital di Pokawa nel settembre 2019, la maggiore catena di pokè in Francia con sede a Parigi.
loading...