La governance dell’Europa

Politica fiscale comune per una Ue più coesa, sostenibile e attrattiva

di Marco Buti e Marcello Messori

(Adobe Stock)

5' di lettura

Nelle ultime settimane Il Sole 24 Ore ha ospitato interessanti contributi sul tema della riforma delle regole fiscali nell’Unione europea (Ue). L’obiettivo è duplice: porre i debiti pubblici degli Stati membri, che sono aumentati di 15-20 punti percentuali in risposta alla crisi pandemica, su una traiettoria di riduzione graduale e credibile; evitare che, all’inizio del 2023, il ripristino del vecchio Patto di stabilità e crescita imponga vincoli di bilancio ingestibili per quei Paesi ad alto debito che, come l’Italia, sono impegnati nella realizzazione di ambiziosi Piani nazionali di ripresa e resilienza (Pnrr). D’altro canto, per fronteggiare le tensioni nel mercato dell’energia e i colli di bottiglia nelle catene internazionali del valore, la Ue deve dare concretezza all’obiettivo di «autonomia strategica aperta», enunciato dalla Commissione; ed è in tale quadro che vanno viste le recentissime proposte europee sui semiconduttori. Pertanto sebbene i due dibattiti seguano vie separate, le discussioni sulle regole fiscali della Ue e sulla futura organizzazione interna e internazionale della governance economica dell’area sono intimamente legate: l’agenda interna e quella esterna si rafforzano o si indeboliscono a vicenda e vanno affrontate in un quadro unitario.

Il successo di Next generation Eu (Ngeu) e del suo principale programma, il Dispositivo per la ripresa e la resilienza (Rrf), è la chiave per tenere unite le due agende della Ue. I Pnrr sono gli strumenti per gli accessi nazionali ai fondi europei del Rrf e per la conseguente realizzazione di questo programma. Pertanto i successi dei Pnrr, specie di quelli dei Paesi maggiormente beneficiari, sono una condizione necessaria per rafforzare processi di convergenza fra i Paesi all’interno della Ue e per assicurare uno sviluppo sostenibile di medio-lungo periodo dell’area sia nel mercato interno che nei mercati internazionali. Si tratta di attuare quella “ricostruzione migliore e innovativa” (building-back-better), di cui hanno parlato sia la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen che il Commissario all’economia Paolo Gentiloni.

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Il Rrf prevede che i fondi europei finanzino Pnrr incentrati su tre pilastri: la trasformazione digitale, la transizione “verde” e l’inclusione sociale. Il primo pilastro è essenziale per evitare che la Ue sia emarginata dalla competizione internazionale a causa della sua arretratezza tecnologica nel digitale e nell’intelligenza artificiale rispetto a Usa e Cina; esso deve, quindi, dare vita a traiettorie innovative di lungo periodo. Il secondo e il terzo pilastro rappresentano, invece, i punti di forza della Ue; essi vanno, quindi, riprodotti e rafforzati nel tempo affinché l’area europea possa fungere da attrattore rispetto ad altre aree avanzate e da “mediatore non simmetrico” (data l’irrinunciabile appartenenza all’alleanza atlantica) rispetto ai ruoli economici contrapposti di Usa e Cina. Ciò richiede però che la parziale e temporanea centralizzazione della capacità fiscale, prevista dal Rrf tramite l’emissione di debito della Ue, e il trasferimento non proporzionale di prestiti e di benefici agli Stati membri creino, dopo il 2026, uno spazio di coordinamento fra politiche fiscali nazionali e nuova politica fiscale centralizzata della Ue in grado di riprodursi e di espandersi nel lungo termine.

Nel rispondere alla recente consultazione pubblica della Commissione sulla riforma della governance economica della Ue, varie istituzioni internazionali hanno colto il punto. La Bce, il Fondo monetario internazionale e l’Ocse hanno convenuto sulla necessità di costruire una capacità fiscale centrale nella Ue. Inoltre, in un contributo di Astrid (cfr. “Astrid Rassegna”, n. 81, 2021), Amato et al. hanno avanzato suggerimenti per riprodurre tale capacità nel lungo periodo. Le novità di Ngeu non si esaurirebbero, così, alla fine del 2026 ma creerebbero le condizioni per innovazioni della governance europea permanenti e coerenti con un modello di crescita sostenibile nel post-pandemia.

In un recente articolo, abbiamo denominato l’insieme delle possibili combinazioni fra politiche fiscali nazionali e politica fiscale centrale come spazio di coordinamento verticale. L’individuazione di questo spazio offre anche un’efficace guida per la definizione di nuove regole fiscali della Ue in presenza degli squilibri che caratterizzano oggi i bilanci pubblici di molti Stati membri. Efficienti processi di attuazione del Rrf e la connessa costruzione di una capacità fiscale centralizzata di lungo termine aprirebbero la possibilità di accelerare la riduzione già detta e di evitare gli ostacoli alla crescita che gli aggiustamenti nazionali di bilancio potrebbero produrre nella Ue e nei singoli Stati membri. Infatti, il ridimensionamento delle politiche fiscali nazionali andrebbe di pari passo con un ruolo accresciuto della politica fiscale accentrata.

In tale quadro, sarebbe possibile raggiungere almeno tre risultati: due interni alla Ue e uno esterno all’area. Innanzitutto, si potrebbero disegnare nuove regole fiscali europee in grado di combinare vincoli quantitativi generali e specifici percorsi di aggiustamento dei bilanci pubblici nazionali per il soddisfacimento di questi vincoli in orizzonti temporali diversi. In secondo luogo, la capacità fiscale accentrata potrebbe adempiere a funzioni di stabilizzazione e di convergenza fra Paesi nell’ambito della Ue e potrebbe produrre beni pubblici europei e altre esternalità positive per i singoli stati membri. Infine, beni pubblici ed esternalità potrebbero rafforzare quei fattori di attrazione della Ue rispetto ad altre aree avanzate (basso impatto ambientale, efficacia della regolamentazione, inclusione sociale grazie al welfare) che sono essenziali per valorizzare il peso economico europeo sia nei mercati internazionali che nella governance economica mondiale.

Tali considerazioni confermano la necessità della coerenza fra l’agenda interna e quella esterna della Ue. Un ruolo attivo della politica fiscale centrale nello spazio di coordinamento verticale di lungo periodo assicurerebbe una combinazione più equilibrata fra politica monetaria e politiche fiscali (policy mix). Inoltre, questa combinazione impedirebbe due risultati negativi. A differenza di quanto accaduto fra il 2014 e il 2018, si eviterebbe che – a fronte dei probabili futuri shock negativi – la politica monetaria della Bce venga nuovamente spinta ai limiti del suo mandato (dominanza fiscale); e si eviterebbe anche che, come conseguenza, il tasso di cambio torni a fungere da variabile implicita di aggiustamento nell’euro-area, riproducendo quella distorsiva dipendenza dalla domanda estera e determinando quei divari negativi e recessivi fra investimenti e risparmi aggregati. Per giunta, la politica fiscale centralizzata comporterebbe l’emissione di debito della Ue, promuovendo il ruolo internazionale dell’euro e soddisfacendo quella forte domanda degli investitori internazionali per i titoli europei, che si è già manifestata nel caso delle emissioni legate a Ngeu e a Sure. Tale domanda è il segnale che, per irrobustire e “completare” i mercati finanziari della Ue, è necessario introdurre un titolo sicuro (safe asset) che, a sua volta, richiede uno strumento finanziario accentrato. D’altro canto, questa evoluzione dei mercati finanziari è un tassello importante per finanziare quegli investimenti privati che sono in parte sostenuti dai fondi del Rrf ma che richiedono soprattutto fondi privati e che sono essenziali per il successo dei Pnrr.

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