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Ponte Morandi, slitta il deposito della perizia sul crollo

L’inchiesta, coordinata dal procuratore capo Francesco Cozzi, conta 72 indagati. Incarico a un perito del gip per valutare tutti i video acquisiti

(foto Ansa)

2' di lettura

La prova regina sulle responsabilità per il crollo del Ponte Morandi di Genova slitta al 31 ottobre. Con il suo deposito l’incidente probatorio per il disastro del 14 agosto 2018, in cui persero la vita 43 persone, entrerà nel vivo.

Gli indagati

L’inchiesta, coordinata dal procuratore capo Francesco Cozzi, conta 72 indagati accusati, a vario titolo, di omicidio colposo, disastro colposo e attentato alla sicurezza dei trasporti. Tra loro importanti manager di Autostrade spa, come l’ex ad Giovanni Castellucci, e funzionari di Spea, la controllata che si occupa di progettazioni di infrastrutture stradali.

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I tempi

I pm Massimo Terrile e Walter Cotugno, assieme agli investigatori del 1° gruppo del comando provinciale della Guardia di finanza, al comando del colonnello Ivan Bixio, stanno stringendo il cerchio di una inchiesta che potrebbe essere pronta per il processo già entro ottobre. Ma è chiaro che si dovranno attendere gli esiti dell’incidente probatorio - una parentesi dibattimentale nella fase dell’indagine preliminare – che ruota attorno alla maxi perizia sulle cause del crollo del Polcevera.

I video acquisiti nel corso delle indagini

All’udienza di oggi, invece, c’è stato l’affidamento dell’incarico a un perito del gip per valutare tutti i video acquisiti nel corso delle indagini. Immagini raccapriccianti, come quelle relative al crollo della pila 9 del viadotto: l’innesto di una reazione a catena che ha provocato l’intero cedimento strutturale.

L’inchiesta bis

Parallelamente è prossima alla chiusura delle indagini preliminari l’inchiesta bis su 20 manager di Autostrade e Spea che avrebbero falsificato i report informativi su 19 ponti autostradali, la maggior parte dei quali in Liguria.

Secondo la Guardia di finanza di Genova, il gruppo avrebbe «edulcorato» le relazioni sullo stato dei viadotti controllati. Per l’accusa, in certi casi, i report erano quasi «routinari» e quindi non corrispondenti alla realtà.La circostanza era emersa duranti gli interrogatori dei testimoni nel fascicolo principale sul Morandi. In particolare i tecnici di Spea avevano raccontato agli inquirenti che i report «talvolta erano stati cambiati dopo le riunioni con il supervisore», mentre in altri casi era stato lo stesso manager «a modificarli senza consultarsi con gli altri».

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