ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùDopo il crollo

Ponte Morandi, Swiss Re liquida solo i danni a terzi

La compagnia, dopo un lungo contenzioso, ha ridotto sensibilmente il risarcimento al gruppo autostradale perché non aveva fornito tutte le informazioni necessarie sullo stato del viadotto

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È stata liquidata soltanto la responsabilità civile verso terzi mentre non i danni al viadotto. E per questo il conto pagato da Swiss Re Corporate Solutions è stato alla fine di soli 37 milioni. È questo l’esito del doppio contenzioso che la compagnia svizzera ha aperto contro Aspi a valle del crollo del Ponte Morandi. La ragione? Al momento della stipula del contratto la compagnia autostradale non avrebbe fornito tutte le informazioni necessarie sullo stato di salute del viadotto, poi crollato nell’agosto del 2018 causando la morte di 43 presone.

«Il risarcimento per il danno al ponte Morandi è stato respinto perché Aspi non aveva dato tutte le informazioni al momento dell’aggiornamento della stipula dell’assicurazione, i problemi del viadotto non erano stati evidenziati come la buona diligenza dell’assicurato avrebbe richiesto». Ha detto in aula, al processo per il crollo del ponte, Luca Kovatsch, ex rappresentante per l’Italia di Swiss Re, l’assicurazione svizzera con cui Aspi aveva assicurato tutta la rete autostradale.

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«Abbiamo liquidato il danno a terzi. Mentre il danno al viadotto no. La nostra catena gerarchica ha subito dubitato sulla effettiva vigenza della polizza. Il principale rilievo sollevato era che il rischio non era stato descritto correttamente. Il cliente non ci aveva dato tutte le informazioni sulle reali condizioni del Morandi». La questione assicurativa è stata affrontata anche dagli altri tre testimoni sentiti nei giorni scorsi.

Ponte Morandi, le prime immagini della demolizione

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Nel 2016, infatti, Aspi fece inserire il viadotto tra le opere “nominate” facendo dunque aumentare il risarcimento da 100 milioni a 300 milioni. Il motivo lo ha spiegato Umberto Vallarino, dirigente di Atlantia e Autostrade: «Era un’opera che conoscevo da quando ero bambino - ha spiegato -. Sono ligure e ci passavano 50 volte all’anno. Ho fatto quel passaggio per l’importanza economica che ha per la regione, poi perché era in un contesto urbanizzato dove sotto c’erano case e passava una ferrovia, per i danni da mancato introito visto l’incremento del traffico e visti gli elevati costi di una eventuale demolizione, ricostruzione e smaltimento dei detriti».

Secondo la procura, invece, quel passaggio era legato all’inserimento della dicitura “rischio crollo per ritardare manutenzioni” nel catalogo rischi. Un catalogo che Vallarino non avrebbe mai visto e di cui non sapeva nemmeno dell’esistenza. Il dirigente è stato però smentito dal suo ex dipendente Paolo Lionetti che ha detto di sapere del catalogo ma non del rischio crollo.

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