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Porcellana, soffrono le tazzine di caffè, ma non i piatti di casa

La chiusura di bar e ristoranti per l'emergenza Coronavirus sta presentando un conto salato anche a chi è specializzato in porcellane per l'Horeca

di Ilaria Vesentini

(Alena Ozerova - stock.adobe.com)

2' di lettura

La chiusura di bar e ristoranti per l'emergenza Coronavirus sta presentando un conto salato anche a chi, come lo storico marchio veronese Ancap, è specializzato in porcellane (tazzini, piatti) per l'Horeca. Mentre sta sortendo un positivo effetto sulle vendite dei produttori di stoviglie per la casa, perché il lockdown ha spinto le famiglie a dedicarsi all'arredo e alla cura delle mura domestiche e della tavola, porcellane incluse.

«Noi produciamo 100% made in Italy e oltre l'80% del nostro business è legato ai consumi fuori casa, in particolare alle tazzine da caffè, e finché la ristorazione e il turismo alberghiero non ripartono è difficile prevedere un recupero dei livelli di attività», afferma Simone Boschi, alla guida dell'azienda di famiglia Ancap, oltre mezzo secolo di esperienza manifatturiera alle spalle e una fabbrica di 20mila metri quadrati a Sommacampagna dove garantisce a ciclo completo porcellane di design e tecnologia tutta italiana.

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«Abbiamo chiuso la fabbrica l'ultima settimana di marzo e abbiamo dovuto mettere in Cig i nostri 108 dipendenti – spiega Boschini, che rappresenta anche il comparto stoviglieria all'interno di Confindustria ceramica -. Abbiamo gradualmente ripreso le attività da un mese a questa parte e finalmente, negli ultimi giorni, intravvediamo segnali di risveglio. Confidiamo prenda forma una ripresa a “V”, con un rapido recupero dopo il crollo di questi due mesi».

Quello della stoviglieria, soprattutto per il B2B, è un mercato di super-nicchia piuttosto stabile, senza grosse stagionalità né picchi, come confermano i dati ufficiali dell'associazione: le dieci aziende industriali di porcellane e ceramiche da tavola (665 addetti) producono tra le 10 e le 12mila tonnellate di stoviglieria l'anno e il 2019 si è chiuso con 50 milioni di euro di fatturato, 30% export. Aziende come Ancap si sono ritagliate uno spazio sul mercato grazie alla gamma brandizzata per torrefazioni e locali e alle collaborazioni con stilisti e designer che firmano collezioni di tazzine da caffè, ma la concorrenza del Far East e ancor più dell'Est Europa – che beneficia della stessa nostra valuta ma di salari più bassi di quelli italiani – schiaccia le possibilità di sviluppo.

«Anche per quest'anno avevamo messo in conto un consolidamento dei risultati 2019 – conclude Boschini – il Covid-19 è un'incognita che non siamo ancora in grado di pesare, ma se i dati degli ultimi giorni saranno confermati e se il turismo italiano prenderà vigore contiamo di poter ritornare a un 80-90% di capacità produttiva entro l'anno».

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