Porsche in Borsa, bilancio deludente un anno dopo la maxi quotazione
Il ceo Blume: «La Ipo è stata un bene per clienti, azionisti e anche per i dipendenti». Rally iniziale, poi titolo fermo. Dubbi del mercato sulla attrattività nel medio periodo
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Un anno esatto di P911, il ticker del titolo Porsche ispirato al modello più iconico, alla Borsa di Francoforte. Il 29 settembre 2022 il ceo Oliver Blume, che guida anche il gruppo Volkswagen, e il numero due, Lutz Meschke, hanno suonato la fatidica campanella nella sala contrattazioni. È stata la più grande Ipo in Europa dal 2011 e dal ’96 in Germania (Telekom), con una valutazione di 75 miliardi e una raccolta che ha toccato quota 9,4 miliardi. Solo tre mesi dopo Porsche AG ha fatto il suo ingresso nel principale listino tedesco, il Dax. «Oggi - è stato il commento di Blume per il primo compleanno - possiamo dire che la nostra Ipo è stata un enorme successo. È un bene per i nostri clienti, i nostri azionisti e anche i nostri dipendenti».
Le performance finanziarie danno ragione a Blume. L’anno scorso è stato, parole sue, «di gran lunga il migliore della storia». Un balzo dei profitti forse irripetibile per la politica di aumento dei prezzi dei costruttori, resa possibile dalla frenata globale della produzione (crisi dei microchip e delle supply chain) dal 2021. Aumento delle vendite del 13,6% (con crescita soprattutto negli Stati Uniti e in Cina), risultato operativo salito +27,4%. Infine un ritorno sulle vendite del 18%, dal 16% dell’anno precedente e dal 14,6% del 2020. Nel primo semestre 2023 ricavi in crescita del 13% a 20,4 miliardi, ritorno sulle vendite del 18,9% e risultato operativo +10,7%. La casa di Zuffenhausen prevede che il margine migliori ancora, fino a toccare il 20 per cento.
Qualche dubbio, però, sorge osservando l’andamento del titolo. Meschke aveva previsto una Porsche oltre i 100 miliardi di capitalizzazione. Pronostico centrato, ma nella fase iniziale. La parabola è passata per un massimo di 120 euro, per poi puntare verso il basso: -21,5% da agosto e solo +6,5% dal debutto. Eppure, il titolo Porsche aveva garantito un rendimento complessivo (total return) del 26% soltanto fino a fine agosto, seppure inferiore a competitor come Bmw e Mercedes-Benz, per non dire Ferrari. Tutte le case citate hanno accusato un calo estivo. Ma non nella misura di Porsche.
Le ragioni? Sull’Auto pesano, dal secondo semestre, la fine della spinta propulsiva degli ordini, l’inflazione, e, sempre più, la politica monetaria. Nel caso di Porsche, però, secondo alcuni esperti, potrebbe esserci qualcosa di più, anche se il consensus degli analisti resta in media positivo. Non è una questione di fondamentali, è l’ipotesi, ma di minore attrattività percepita nel medio-lungo periodo, in relazione alla capacità di generare, in futuro, altrettanto valore con la gamma elettrica. E poi la Cina, che vale il 30% delle vendite globali, ma pone mille incognite. Timori ingiustificati? Paure irrazionali degli investitori? Lo diranno i risultati. A partire da quelli dell’attesa Macan elettrica nel 2024, in arrivo con due anni di ritardo per i noti problemi dell’unità Cariad del gruppo Vw sullo sviluppo del software.
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