Portovesme, progetto litio a rischio per la Via. Glencore minaccia la ritirata
La decisione di ricorrere alla Valutazione di impatto ambientale rischia di provocare ritardi insostenibili per l’azienda. Preoccupati anche i sindacati
di Davide Madeddu
I punti chiave
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La burocrazia mette a rischio il progetto per il riciclo del litio della Glencore a Portovesme. Ossia il progetto pilota propedeutico alla realizzazione dell’hub per la lavorazione di materiali critici per la produzione di batterie.
La frenata al programma di conversione
A porre un freno al programma che l’azienda controllata dalla Glencore vuole portare avanti nel Sulcis, attraverso una conversione degli impianti in cui si produce (benché a regime ridotto a causa degli alti costi energetici) zinco, piombo, acido solforico, oro, argento e rame, è la decisione della Regione di sottoporre a valutazione di impatto ambientale completa (la cosiddetta Via) il «progetto dimostrativo per il recupero di litio e mix di metalli che compongono le nuove batterie per veicoli elettrici». Ossia, l’impianto pilota propedeutico a portare avanti un’iniziativa più ampia con investimenti per circa 500 milioni di euro, inseriti nell’ambito della transizione energetica.
Una decisione scoraggiante
A preoccupare l’azienda e le organizzazioni sindacali, sono i tempi. Perché quelli relativi alla Valutazione di impatto ambientale non sono particolarmente brevi. Non a caso l’azienda, che ha affidato il suo disappunto a una nota, parla di decisione «scoraggiante». «Portovesme ha agito e continua ad agire in maniera conforme a tutti i requisiti normativi relativi al progetto dimostrativo ed è disposta a fornire ulteriori dettagli e approfondimenti - scrive -. Il progetto di riconversione del sito produttivo è stato definito in maniera conforme a tutti gli standard di salute, sicurezza e ambiente previsti dalla normativa».
La grande contraddizione
Non solo, l’azienda che nello stabilimento di San Gavino sta portando avanti il progetto per la produzione di Bismuto, mette in evidenza quella che viene definita la grande contraddizione. «La decisione del Governo regionale si pone in aperta contraddizione con la strategia italiana di assicurare un approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie prime critiche, in particolare attraverso modelli di economia circolare, come recentemente ribadito dal governo al summit dell’Agenzia Internazionale dell’Energia a Parigi - prosegue ancora il documento -. L’Italia, attraverso il progetto di Portovesme, ha la possibilità di realizzare un’importante struttura di raffinazione dei metalli delle batterie in tempi più brevi rispetto a un progetto greenfield».
Il rischio della ritirata
All’orizzonte il rischio che corrisponde al timore dei sindacati e dei lavoratori, di una ritirata del gruppo dal Sulcis e dagli stabilimenti in cui viene garantita l’occupazione a circa 1200 persone. «L’impianto potrebbe diventare una fonte significativa di materiali critici per la produzione nazionale, tra cui il carbonato di litio, fondamentale per lo sviluppo di un mercato europeo delle batterie - si legge ancora nella nota -. La Glencore si riserva di valutare strategie alternative per un polo europeo di lavorazione dei materiali per batterie, dal momento che, l’ulteriore estensione dell’iter autorizzativo, comporterebbe un ritardo nei tempi che potrebbe compromettere la sostenibilità economica del progetto.
«Subito un incontro istituzionale ai massimi livelli»
A lanciare la mobilitazione sono le organizzazioni sindacali preoccupate per una «dilatazione temporale che non può che rallentare, o addirittura venir meno, il processo di costruzione dell’impianto pilota che si inserisce nel percorso di transizione energetica e a cui sono legate anche nuove opportunità di lavoro». Al progetto pilota sono legati investimenti per circa 5 milioni di euro e una trentina di nuovi posti di lavoro. Da qui la richiesta di una «convocazione immediata ai massimi livelli per affrontare la vertenza Portovesme srl».
Davide Madeddu
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