Interventi

Possibili benefici (e grandi rischi) di una rivoluzione chiamata libra

di Gianni Toniolo

4' di lettura

La moneta digitale lanciata da Facebook ha un nome impegnativo. Evoca stabilità, diffusione universale, durata. Libra era l’unità di misura sulla quale si basava la riforma con la quale Carlo Magno, sul finire dell’ottavo secolo, mise ordine al caos monetario seguito alla fine dell’impero romano. Dalla libra (pari a 434 grammi d’argento) le zecche coniavano 240 denari, monete stabili, facilmente riconoscibili, che si diffusero riducendo l’uso del baratto. Attraverso varie vicende, il sistema carolingio fu lungamente alla base delle successive monetazioni europee.

La libra lanciata dai 28 partner coagulati da Facebook sarà basata non su 434 grammi d’argento, ma su attività finanziarie (un paniere di monete e titoli diversi). Si tratta di un’innovazione importante che dovrebbe ridurre la forte volatilità delle quotazioni tipica di “monete” come il bitcoin, emesse sulla base di poco trasparenti algoritmi. Ciò darebbe alla libra la fiducia (fides, trust) indispensabile alla larga diffusione di uno strumento monetario. Non sono mancati, in passato, esperimenti di monete emesse da privati, senza la garanzia del potere sovrano. Nell’Ottocento, gli Stati Uniti e altri Paesi vissero periodi di libera emissione di moneta da parte delle banche (free banking). La moneta privata tendeva a circolare in aree circoscritte per la difficoltà di ottenere informazioni attendibili su cui basare la fiducia in emittenti lontani e perciò poco conosciuti. Le crisi bancarie erano frequenti e destabilizzanti. La moneta privata venne presto abbandonata, non ve ne sono esperienze rilevanti negli ultimi 140 anni.

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Il progetto di Facebook e dei suoi associati ha caratteri inediti, rispetto sia alle esperienze storiche sia alle altre monete elettroniche. Per capirne vantaggi e pericoli possiamo, dunque, basarci solo sulle informazioni fornite dai promotori, sinora parche di dettagli nei quali, si sa, potrebbe nascondersi Belzebù. Grazie alla diffusione di Facebook e delle sue applicazioni (Messenger e WhatsApp) e all’esperienza di partner come Visa e Mastercard, i promotori mirano a catturare le persone (si stima siano 1,7 miliardi) già dotate di smartphone, ma ancora prive di conti bancari. La fiducia nella stabilità della libra contribuirà alla sua diffusione. La rete capillare di Facebook e le sue tecnologie consentiranno di offrire servizi di pagamento a costi inferiori a quelli praticati dalle banche. Ma la libra non sarà solo un sistema di pagamenti, che comunque non funziona senza una disponibilità di credito a breve termine. Il programma è di offrire una larga gamma di servizi bancari, anche per i quali avrà vantaggi di costo. L’enorme ammontare di dati che i partner metteranno a disposizione di Calibra, la società di gestione di libra, le consentirà di conoscere a costi minori di quelli delle banche tradizionali, il profilo di rischio di chi chiede credito. Il beneficio, soprattutto per le piccole imprese di Paesi emergenti, potrebbe essere considerevole.

A fronte dei benefici ottenibili dalla libra, stanno rischi importanti, oggi non pienamente valutabili. Diminuirà l’efficacia delle politiche monetarie, soprattutto nei piccoli Paesi emergenti, qualora una quota importante degli abitanti spostasse la propria liquidità dalla moneta nazionale alla libra. Si porranno questioni delicate circa l’uso dei dati personali: alla discutibile reputazione di Facebook in questo campo si contrappone la frammentazione, tra le diverse giurisdizioni, delle norme sulla proprietà di tali dati, consentendo a un gestore globale di muoversi dall’una all’altra secondo la convenienza. I pericoli non sono trascurabili (un esempio per tutti: l’uso di questi dati per la stipula di assicurazioni sanitarie, offerte da Calibra o da altri). Il successo della libra porrà un problema di concorrenza senza precedenti, anche per la concentrazione in poche mani di un enorme potere, non solo economico. Infine, avverte la Banca dei regolamenti internazionali di Basilea, o Bri (https://www.bis.org/publ/arpdf/ar2019e3), Calibra avrà tutte le caratteristiche di un intermediario bancario e dovrà pertanto essere sottoposto a regolazione e supervisione. Ma che tipo di regolazione? La Bri osserva che la sfida è duplice. A livello nazionale si tratta di rendere compatibili i mandati e le prassi delle autorità nazionali competenti sulla concorrenza, sulla regolazione e supervisione degli intermediari finanziari, sulla protezione dei dati. D’altro lato l’espansione globale della finanza big tech pone in modo più pressante di quanto oggi già non sia la questione del coordinamento internazionale delle regole e degli standard bancari. Idealmente, bisogna aggiungere, a un giocatore mondiale delle dimensioni alle quali aspira Calibra andrebbe affiancato un regolatore unico mondiale con mezzi e strumenti adeguati, non immaginabile nel medio termine.

È impossibile dire, anche perché non ci sono precedenti ai quali rifarsi, se Facebook e i suoi associati riusciranno a raggiungere gli obiettivi qualitativi e quantitativi che si propongono. Se avessero successo, realizzerebbero una rivoluzione finanziaria di grandi proporzioni. Come tutte le rivoluzioni produrrebbe benefici insieme a grandi rischi, proprio in un momento nel quale la cooperazione internazionale, più indispensabile che mai, sembra affievolirsi. Ma la storia prende a volte curve inaspettate: chi può dire che una sfida di questa complessità e dimensione non stimoli l’intelligenza e la politica a rispondere adeguatamente, reinventando forme inattese di cooperazione?

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