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Prada Cup alle battute finali. Sarà Luna Rossa a far rinascere la Coppa America?

Inizia la fase finale della serie dedicata alle selezioni degli sfidanti per la 36ma America's Cup. Le ultime regate determineranno (al meglio di 7 in un massimo di 13 match), il candidato ad affrontare i vincitori dell'ultima edizione, Emirates Team New Zealand

di Alex D'Agosta

(AFP)

5' di lettura

Sarà Italia o Gran Bretagna? Luna Rossa o Ineos Team Uk? Non è tempo di nazionali di calcio, ma di rappresentanze non meno eccellenti nello sport che ha più esaltato regnanti e potenti di tutto il mondo. Sabato alle 4 di mattina (ora italiana) ad Auckland inizia infatti la fase finale della neonata Prada Cup, la serie dedicata alle selezioni degli sfidanti per la 36ma America's Cup. In altre parole, avranno luogo le ultime regate che determineranno (al meglio di 7 in un massimo di 13 match), il candidato ad affrontare i vincitori dell'ultima edizione, Emirates Team New Zealand, contendendogli non solo una prestigiosa vittoria, ma soprattutto il diritto a ospitare e occuparsi dell'organizzazione dell'edizione successiva, influendo significativamente sulle regole tecniche e sportive, come da tradizione.

L'America's Cup infatti è un “gioco” complicato, costoso, ambito e ammirato proprio per le sue tante complicazioni e contraddizioni. Sportivo ma anche (a volte troppo) selettivo. Equo ma (di solito) poco equilibrato. Una gara per super ricchi, per super potenze perché i costi sono alti e, salvo rari casi, i “ritorni” negli investimenti non sono così immediati ed evidenti come in discipline con interessi più di massa e una copertura mediatica capillare.

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Per questi e altri motivi, è bello ricordare che, nonostante la “vecchia brocca” sia stata messa in palio nel 1851 ai tempi della Regina Vittoria, dieci anni prima dell'unità d'Italia e quarantaquattro anni in anticipo rispetto ai primi Giochi Olimpici dell'era contemporanea, resista comunque nel tempo rappresentando il trofeo sportivo attuale più antico di sempre.

Alla ricerca dell’interesse perduto

Tornando alla sfida fra nazioni, che in realtà è fra “club”, a questo giro possiamo dire che anche se i partecipanti sono stati pochi, gli sforzi non sono stati tuttavia vani per progredire nella tecnologia e nella qualità dell'evento. La vela ha una percezione nel pubblico non sempre di pieno interesse o di facile comprensione: per seguirla e apprezzarla, una volta, serviva tanta passione e conoscenza regolamentare approfondita. Da alcuni anni a questa parte, invece, e mai come ora, la sua evoluzione ha puntato prima sulla velocità ma, oggi, anche sulla manovrabilità persino in condizioni estreme, riportando la sfida su un altissimo livello tecnico e umano. Fino a quindici anni fa, infatti, si potevano contare i centimetri di separazione negli incontri più ravvicinati, per poi però misurarsi con regate lente e spesso decise e quindi irreparabili a causa anche di errori minuscoli. Passando per barche veloci ma distanze abissali (l'era dei primi catamarani “volanti”, per intendersi), si è raggiunto un livello di “maturazione” accettabile in questa generazione di competizioni, dove le barche devono sempre cercare di staccarsi dall'acqua e raggiungere velocità un tempo inimmaginabili, anche triple rispetto a quella del vento, ma con la possibilità di essere molto più “guidate” di prima nonostante velocità anche superiori a 90 chilometri all'ora.

Unendo prodezze tecnologiche a un format di gare più brevi e intense, adesso, queste regate in particolare, che si sono concretizzate solo dai primi incontri degli AC75 in competizioni ufficiali lo scorso dicembre nella Christmas Race, sono finalmente belle da vedere. Sono finalmente “televisibizzabili”. Interessanti da vedere, insomma, anche se la scelta oraria non è delle più felici.

La passione dei tifosi italiani

Quando l'Italia aveva gustato la seconda vittoria nazionale nella Louis Vuitton Cup del 2000 (che seguiva di otto anni l'indimenticabile Moro di Venezia portato da Paul Cayard), i fan di Luna Rossa tiravano semplicemente lungo dalla sera prima. Mentre ora la sveglia per il nostro fuso orario è alle 4 di mattina. Scelta non del tutto comprensibile. Ma giustificata da qualche problema in meno con il vento, anche se con meno “certezze” rispetto ad altri scenari, come nel Mediterraneo. E pure una maggiore facilità di visione per il pubblico locale, almeno per chi ha la possibilità e la vuol vedere dal vivo dopo la scuola o lo studio, ad Auckland. Però a livello internazionale la vedranno meglio i cinesi e gli americani, mentre agli europei resterà un po' più faticosa. Due reti italiane, come nei tempi migliori, in attesa della consacrazione : Sky e Rai per la prima volta insieme a seguire quest'evento. Con un solo team italiano (erano tre a Valencia) ma tantissimo made in Italy.

A bordo e fuoribordo. Capitale umano e capitale tecnico. Ma soprattutto tanto cuore e passione per la “coppa” in sé che, sotto certi punti di vista, sembra più vicina che mai. E allora da un lato un team guidato dall'infaticabile Giulio Guazzini, colonna della vela della tv nazionale, dall'altro una squadra condotta da Guido Meda, icona di tanti sport in tv, che per la prima volta ha “studiato” la materia a fondo e le ha dedicato un intero canale satellitare. La posta in gioco lo meritava. L'Italia infatti ha iniziato a provarci nel 1983 con Azzurra di Cino Ricci e Mauro Pelaschier. È arrivata in finale nel 1992 con il Moro di Venezia e Paul Cayard al timone, ripetendo l'impresa con la prima Luna Rossa di Francesco De Angelis. Ma tutto iniziò dall'Avvocato, da Gianni Agnelli e dalla sua passione che spinse l'Aga Khan a provarci per la prima volta con i colori italiani. Da allora sono trascorsi 38 anni, ma una compagine così forte come quella di Luna Rossa in queste fasi preliminari non si era ancora vista. D'altro canto, gli avversari che avrà davanti domani non sono da meno.

Sfida Italia-Regno Unito

C'è Ben Ainslie, l'indiscusso re delle discipline olimpiche che da anni gode della fiducia in patria da parte dei mecenati che hanno reso possibile l'impresa sotto il profilo economico. Ma anche della corona, che ha preso a cuore la possibilità di rivedere nelle proprie acque un evento del genere proprio in una fase storica “intelligente” come mai anche per gli inglesi. Infatti, sarebbe semplicemente un dono “epico” per la Regina Elisabetta: sarebbe il suo sogno ma anche di tanti conservatori che vorrebbero vedere il ritorno della Coppa sotto una regnante della sua statura.

E in Italia non sarebbe da meno. Ci sono ancora generazioni di velisti innamorati sin dai tempi di Azzurra. E ci sono tanti giovani affascinati da tanta velocità e tecnologia. Prima di sognare l'evento, però, c'è da preoccuparsi della Prada Cup. Sostituta naturale della Louis Vuitton Cup, si sa solo che si aggiudicherà per la prima volta a un team europeo: American Magic era stato sconfitto con un risultato di molto sotto alle aspettative. Restano quindi due “giganti”, nel nome, nell'equipaggio, nel budget, nel prestigio. Riparte una delle sfide hi-tech più intriganti mai viste sul mare di Auckland che, con un massimo di due prove al giorno, si protrarranno al massimo fino al 22 febbraio.

Nel 2000 e nel 2003 le finali hanno tolto il sonno al pubblico italiano per la gioia di aver riassaporato la finale e per il “fenomeno” svizzero che ha riportato per la prima volta la coppa nel Vecchio continente. Comunque vada, sarà un team europeo a sfidare i “kiwi” a partire dal 6 marzo quando, nell'arco di dieci giorni, andrà in scena l'America's Cup numero 36. In ambo i casi, l'obiettivo è raggiungere il traguardo di sette vittorie. E, come era stato spiegato alla regina Vittoria sulla linea di arrivo a Cowes, conta solo la vittoria: “there is no second”. Dopo aver stabilito se sarà una finale contro gli italiani o contro gli inglesi, anche oggi in Nuova Zelanda però avanza un dubbio ancora più grande, sostenuto da tanti dubbi e polemiche corse negli ultimi quattro anni: saranno davvero in grado di volerla ancora laggiù? La supporteranno adeguatamente? Ci sono voluto 21 mesi dopo la vittoria a Bermuda nel giugno 2017 per raggiungere un accordo con il governo neozelandese, siglato ad aprile 2019. Generazioni di appassionati sono cresciuti sapendo che la Nuova Zelanda era la patria della vela, ma forse non è più del tutto vero. Forse, insomma, è proprio l'ora giusta per un cambiamento. E forse Luna Rossa potrebbe esserne la protagonista.

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