Prada, Missoni e Sportmax: creatività con pochi eccessi
di Angelo Flaccavento
2' di lettura
Se c'è una utile lezione da trarre da questi tempi pandemici, è la necessità di eliminare inesorabilmente, di ridurre, alla meglio proprio all'osso, perché l'eccesso è danno e con poco si sta meglio. A conti fatti, certo, l'idea rimane confinata nel regno del pensiero utopico, ma è bello anche solo averci provato.
Regina dell'antigrazioso, paladina di un rigore fuori registro, Miuccia Prada sulla riduzione, in senso estetico naturalmente, si è espressa svariate volte, in modo magistrale. Iniziò come minimalista del resto. Adesso che il timone creativo lo divide con Raf Simons, torna sull'argomento da una diversa angolazione. Dopo il confino c'è bisogno di incontri ravvicinati e la seduzione è parte del potente vocabolario pradesco, soprattutto quando viene in apparenza negata. A questo giro, però, è platealmente esibita.
La collezione, presentata per la prima volta dai due in forma fisica, con lo show digitale gemello a Shanghai visibile attraverso gli schermi disseminati sul set, esplora infatti il tema della seduzione. Stripped down, aggiungono le note di accompagnamento. Svestita, ridotta a zero, con una certa brutalità - orli vivi per gonne mini, strascichi ciondolanti, abitini di pizzo tenuti insieme da stecche e cinture. A corollario, giubbotti di pelle, scarpe a punta, non un filo di rossetto. L'arrivo di Simons nel mondo Prada sembra obbedire a un disegno di evidente ringiovanimento, con il desiderio nemmeno troppo celato di attrarre - si pensi al logo gigantizzato - i nuovi spendaccioni a mala pena adulti. Progetto comprensibile, ma ancora poco rotondo. Dove una volta erano la densità e lo spessore di Miuccia, infatti, adesso è una certa bidimensionalità, e riferimenti a volte troppo evidenti, come a Helmut Lang, vera ossessione per Simons. Eppure la proposta di una seduttività cruda è quanto mai tempestiva.
Tutto è corto, svelto e vagamente bon ton, da Tod's, dove Walter Chiapponi propone un ibrido tra Dolce Vita e sport. Le linee a trapezio e la grazia geometrica degli anni Sessanta, così, incontrano i volumi aerei dei k-way - trasparenti, però, e di una organza cloqué da couture - le sneaker dalle suole gigantizzate, i legging dinamici. Progressiva sulla carta, la ricetta in passerella rende meno: lo show è lento, e la proposta frammentata, come a mettere tutta l'attenzione sugli accessori, che certo sono il core business della casa, ma che in passato Chiapponi aveva integrato in un disegno più coeso. Le capacità di certo non gli mancano: una battuta d'arresto, a volte, è utile per elaborare, e il lavoro su scarpe e borse, in ogni caso, è encomiabile.
Ancora corpo scoperto, e disinibita sensualità, da Missoni, dove il timone creativo passa da Angela Missoni ad Alberto Caliri, suo capace luogotenente. Eppure, anche qui, si resta interdetti: forse spinto dal nuovo management in una direzione più giovane, Caliri strippa e spoglia e taglia, ma il Missoni che ne viene fuori manca di corpo e di volume.
Da Sportmax, infine, in uno spiazzante limbo bianco, si esplora la più assoluta frammentazione: non tutto ma di tutto, dalle marsine di broccato ai tubini stretch agli zaini extralarge ai pantaloni da raver. Segno che unisce, la palette pallida. Azzeccato.
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