Contrasto alle pratiche sleali nell’agroalimentare, in arrivo correzioni decisive
Accolte in un decreto alcune obiezioni all’applicabilità pratica delle norme che erano state sollevate dalle associazioni dei trasformatori
di Giorgio dell'Orefice
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In dirittura d’arrivo le correzioni alle norme sul divieto di pratiche commerciali sleali nel settore agroalimentare, che avevano creato nelle scorse settimane molte incertezze e stavano ingessando interi comparti del food. Secondo le segnalazioni dell’associazione delle industrie dei salumi (Assica) e del comparto lattiero caseario (Assolatte) alcune interpretazioni della direttiva Ue 633 del 2019 e del relativo decreto di recepimento 8 novembre 2021, stavano provocando molte difficoltà alle imprese. Il problema principale ha riguardato la nozione di prodotti “deperibili” quelli cioè per i quali i pagamenti vanno effettuati entro 30 giorni dalla consegna della merce.
Nell’interpretazione prevalente sono stati compresi in questa categoria solo i prodotti freschissimi, con una shelf life, cioè una scadenza, breve. Ma soprattutto ne venivano esclusi molti altri, dagli yogurt alle mozzarelle, dai salumi alla pasta fresca che pur deperibili hanno una durabilità maggiore. Questi potevano essere pagati a 60 giorni «con l’effetto – come ha spiegato il presidente di Assica, Ruggero Lenti – di trasformare un dodicesimo del fatturato delle nostre aziende in esposizione bancaria». Un caso specifico infatti è proprio quello dei salumi che pur essendo prodotti stagionati e quindi dalla lunga durabilità, una volta aperta la confezione sottovuoto diventano deperibili.
Con l’emendamento al decreto Ucraina approvato al Senato (con il parere favorevole del Mef e del Governo) e che entro il 20 maggio dovrà essere licenziato dalla Camera, si riporta a 30 giorni la scadenza per il pagamento anche di queste categorie. Prodotti, per giunta, per i quali era fissato il pagamento a 30 giorni dall’articolo 62 della legge 1/2012, norma con la quale proprio l’Italia aveva introdotto, prima in Europa, un divieto di pratiche commerciali sleali nel settore agroalimentare. «L’emendamento messo a punto dall’Ispettorato controllo qualità del ministero delle Politiche agricole – ha spiegato il relatore della direttiva Ue sulle pratiche sleali, l’europarlamentare Paolo De Castro – che è l'autorità di vigilanza in materia, punta a ripristinare la corretta interpretazione che poi era quella già definita dalla legge italiana del 2012. Si tratta quindi di un ripristino della situazione ex ante e non certo di una interpretazione merceologica. D’altro canto, l’obiettivo della direttiva non era certo quello di fare passi indietro rispetto allo status quo».
Altra segnalazione delle imprese ha riguardato la previsione di definire accordi quadro tra le controparti che rischia di superare prassi consolidate all’interno di alcuni settori specifici. Definire in anticipo accordi quadro, ad esempio, va in conflitto con la prassi in uso nei mercati agroalimentari all’ingrosso di acquistare la merce “a vista”. «Lo spirito della direttiva – aggiunge De Castro – non è quello di appesantire modalità e prassi diffuse. Se c’è una pratica di accordi verbali, la norma non obbliga al contratto scritto. Ma se una delle parti lo richiede la controparte deve assecondarla. È una formula protettiva non un obbligo, meno che mai la richiesta di nuova burocrazia».
E infine c'è l’aspetto del divieto – previsto dalle regole – di imporre prezzi inferiori ai costi. Una previsione che ha creato molte preoccupazioni in particolare in un frangente come l’attuale di esplosione dei costi produttivi, che possono quindi facilmente superare prezzi di vendita fissati appena qualche mese prima. «Anche qui bisogna chiarire – conclude De Castro – che la sola segnalazione di prezzi inferiori ai costi produttivi non fa scattare una procedura di infrazione o una sanzione. Di fronte a ripetute segnalazioni, l’autority competente, l’Ispettorato controllo qualità, può avviare un’indagine. Indagine che non potrà non tener conto anche dell’attuale difficile congiuntura».
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