ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùStasera la riunione di novembre

Inflazione Usa in calo, possibile atterraggio morbido

Gli ultimi dati forniscono un quadro distorto dei successi ottenuti dalla banca centrale ma i mercati stanno facendo il lavoro della politica monetaria

di Riccardo Sorrentino

Il presidente della Federal reserve Jerome Powell

3' di lettura

Qualcuno comincia a sperarci. L’inflazione Usa cala rapidamente e si avvicina all’obiettivo, il pil sale rapidamente, l’occupazione continua a crescere robusta. L’“atterraggio morbido” dell’economia è allora a portata di mano? Si può davvero immaginare, come invitano a fare tutti tranne due governatori della Federal reserve, che nel 2024 i tassi possano cominciare a scendere? Questa sera avremo una prima risposta dalla riunione della Banca centrale americana.

IL PRODOTTO INTERNO LORDO
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L’inattesa accelerazione del Pil

Gli ultimi dati economici hanno suscitato un po’ di cauto ottimismo. Non tutti si sono soffermati troppo sull’aumento del 4,9% del pil, corrispondente a un (comunque robusto) +1,2% trimestrale, per così dire su scala “europea”. È abbastanza evidente che si è trattato di un risultato eccezionale, non ripetibile, anche se ad ampio spettro, frutto di diversi fattori: la crescita di consumi alimentati da risparmi ancora generosi e disoccupazione ai minimi, il sostegno delle spese pubbliche e soprattutto di quelle militari (che secondo alcune ricerche avrebbero un ampio moltiplicatore), l’aumento delle scorte. È un buon segno, ma non apre una nuova tendenza: non si esclude che – anche solo per lo svuotamento dei magazzini – i prossimi dati possano essere relativamente deludenti.

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INFLAZIONE USA
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Inflazione in calo: illusione o realtà

Ha invece colpito il fatto che l’inflazione misurata dall’indice Pce, preferito dalla Federal reserve, sia scesa a settembre, nei dati trimestrali, più seguiti dalla banca centrale, sia stato pari a settembre al 2,9% trimestrale annualizzato - anche se in crescita dal 2,5% della primavera - con un indice core per la prima volta più lento: è salito del 2,4% annuo, in forte rallentamento dal precedente 3,7%. Se i prezzi continuassero a salire a questo ritmo fino a giugno 2024, l’inflazione potrebbe quasi rivelarsi domata.

I dati mensili, che hanno il limite di non proiettarsi nel futuro, danno un quadro un po’ diverso. L’inflazione a settembre è ancora stabile al 3,4%, con un indice core in crescita del 3,7%. Anche negli Usa, come del resto in Eurolandia, pesa il base effect, il fatto che un anno prima, a settembre 2022, i prezzi erano già saliti molti rapidamente, e questo “appiattisce” gli ultimi dati sulla loro dinamica. In media, nei due anni, l’indice complessivo è salito del 5% l’anno; mentre se – per evitare quella distorsione statistica – si annualizza il dato mensile, l’indice risulta ancora in crescita del 4,3%.

IL RIALZO DEI RENDIMENTI
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Il rialzo dei rendimenti

Troppo presto, allora, per cantare vittoria. L’ambiguità dei dati rende però la Fed ancora più attenta al rialzo dei rendimenti delle ultime settimane: quasi nullo nel breve termine, che esprime e realizza la politica monetaria, e fino ai due anni, orizzonte temporale rilevante per gli investimenti, ma decisamente più pronunciato per le scadenze più lunghe. Può essere un’opportunità: l’ultimo rialzo dei tassi dell’anno potrebbe essere evitato, ha avvertito Jerome Powell. Il mercato sta lavorando per la Fed. Il rischio però è che i mercati vadano oltre il livello massimo compatibile con l’attuale orientamento di politica monetaria. In ogni caso la minore inversione della curva ha ridotto le probabilità implicite di recessione, scesa dal 78,6% per aprile 2024 – in base ai dati di aprile 2023 – all’attuale 65% per settembre 2024. Il legame tra inversione della curva e recessione è comunque labile (anche se finora difficilmente ha mancato il bersaglio).

L’INDICE FED CHICAGO DELLE CONDIZIONI FINANZIARIE
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Condizioni finanziarie ancora espansive

Le attese di una seduta di novembre senza rialzi è stata rafforzata proprio dalle dichiarazioni di Powell sui rendimenti dei titoli di Stato, il cui rialzo avrebbe irrigidito le condizioni finanziarie. Va ricordato però che l’indice della Fed di Chicago che monitora queste condizioni finanziarie lungo l’intera cinghia di trasmissione della politica monetaria, resta stabilmente in territorio espansivo, sotto quota zero (per definizione parificata alla media di lungo periodo). Se non si vuole giungere alla conclusione che, in questa fase, l’indicatore è “starato” – occorrono ben altre argomentazioni – si può pensare che la stretta non si sia ancora sentita da tutta l’economia.

ASSUNZIONI ANCORA MOLTO ROBUSTE
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SALARI ORARI ANCORA IN CORSA
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Mercato del lavoro ancora robusto

Il mercato del lavoro, per esempio, non risponde ancora alle sollecitazioni del rialzo dei tassi. Qui qualcosa di fondamentale è sicuramente accaduto, dopo la pandemia, e non solo da parte dei lavoratori, diventati più esigenti. Anche per le aziende – che hanno visto del resto aumentare i margini – diventa sempre più costoso licenziare e riassumere, in un mondo in cui le competenze “giuste” sono scarse. L’aumento dell’occupazione, che resta in linea con le medie di lungo periodo e ha recentemente visto dati piuttosto robusti, e quello delle retribuzioni, che rallentano ma continuano a salire a ritmi più rapidi dell’obiettivo di inflazione e, ormai, dell’inflazione stessa, consigliano un po’ di cautela. Forse il mondo è cambiato, e in meglio; forse però è la stretta che si sente ancora relativamente poco.

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