cassazione

Prelievo senza avviso al difensore se prevale lo scopo terapeutico

Non si informa l’avvocato se la richiesta della polizia «ha rilievo marginale». Convolgimento del legale necessario solo nel caso di finalità investigative

di Marisa Marraffino

(© marco vacca)

3' di lettura

Per il prelievo del sangue, in caso di incidente, non è necessario l’avviso al difensore se la richiesta delle forze dell’ordine intervenute ha «rilievo esclusivamente marginale». A prevalere è la finalità di cura se l’ospedale ha instaurato un protocollo terapeutico a seguito delle condizioni di salute del paziente.

La Corte di cassazione, con la sentenza 46219 del 5 novembre, torna sulla questione della validità dell’accertamento del tasso alcolemico effettuato su un conducente portato in ospedale dopo un incidente stradale.

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Da tempo la giurisprudenza è pacifica nel ritenere che l’avviso al difensore sia necessario soltanto quando la richiesta abbia esclusivamente finalità investigative e non terapeutiche.

L’interpretazione è semplice: se il prelievo del sangue viene effettuato dai sanitari su richiesta dell’organo di polizia nei confronti del conducente già indiziato del reato di guida in stato di ebbrezza, l’accertamento dovrà essere considerato come un vero atto di indagine, per il quale opereranno le garanzie processuali proprie di tale categoria di atti e, tra queste, l’obbligo dell’avviso di nominare un difensore in base all’articolo 114 delle disposizioni di attuazione.

Quando invece la richiesta del prelievo rientra nel protocollo medico, perché i sanitari avrebbero comunque disposto le analisi per finalità di cura, non è necessario dare l’avviso al difensore.

Difficile, poi, nei fatti, appurare quando il conducente sia in grado, dopo un incidente, di comprendere il contenuto dell’avviso e quando la richiesta della polizia di svolgere le analisi possa essere considerata sostanzialmente inutile perché i medici avevano già avviato un autonomo protocollo sanitario per verificare le condizioni di salute del paziente.

Nel caso di specie il conducente era stato portato in ospedale alle tre del mattino con alito alcolico e pupille dilatate. Tanto basta per rendere il prelievo, indicato come “misurazione del tasso alcolemico”, funzionale alla finalità curativa e attribuire alla richiesta dei carabinieri un rilievo “marginale” che rende l’avviso al difensore una formalità non necessaria.

Stabilito il principio, la Corte di legittimità conclude precisando che nel caso di specie i carabinieri avevano avvisato il conducente della possibilità di farsi assistere da un difensore, facoltà della quale si dava atto nel verbale di contestazione e alla quale l’interessato avrebbe rinunciato.

La Cassazione aveva già avuto modo di stabilire che la sola ipotesi in cui non c’è necessità di dare l’avviso è quella in cui gli stessi sanitari abbiano ritenuto di procedere per l’accertamento del tasso alcolemico e la polizia giudiziaria rivolga una richiesta sostanzialmente inutile o si limiti ad acquisire la documentazione dell’analisi(Corte di cassazione, sezione IV penale, sentenza del 19 febbraio 2019 n. 11722).

Diversa la questione del consenso del paziente ad effettuare il prelievo.

Gli organi di polizia giudiziaria possono sempre chiedere l’acquisizione degli esami del sangue direttamente dall’ospedale, trattandosi di elementi di prova acquisiti attraverso documentazione medica. In questi casi, l’interessato avrà necessariamente prestato il proprio consenso informato al personale medico, ma non dovrà rilasciare un ulteriore consenso alla polizia giudiziaria.

Il conducente può, però, opporsi alle cure mediche, e quindi al prelievo di sangue finalizzato anche all’accertamento del tasso alcolemico, disposte dai sanitari in esecuzione del protocollo di pronto soccorso, ma il rifiuto di sottoporsi a tali accertamenti, previsti dall’articolo 186, comma 5, del Codice della strada, è sanzionato penalmente dall’articolo 186, comma 7, dello stesso Codice.

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