ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùConfronto sulle riforme al via

Presidenzialismo o premierato: perché il governo ha scelto la seconda opzione

Il governo si è ormai orientato per l’elezione diretta del premier: meglio salvaguardare il ruolo super partes del Quirinale. Il sì del Terzo polo e i paletti di Pd e M5s. Resta il nodo della modalità di elezione: l’ipotesi alternativa dell’indicazione sulla scheda elettorale

di Emilia Patta

(IMAGOECONOMICA)

5' di lettura

In principio fu il presidenzialismo, o meglio il semipresidenzialismo alla francese. Vecchio pallino del presidente della Camera Gianfranco Fini, la soluzione istituzionale francese fu anche quella che prevalse alla fine nella Bicamerale presieduta da Massimo D’Alema nel 1997/98 prima di naugrafare per il passo indietro di Silvio Berlusconi. E la dicitura «elezione diretta del presidente della Repubblica» si ritrova anche al terzo punto del programma comune del centrodestra per le ultime elezioni politiche.

Il ripensamento: il ruolo super partes del Quirinale non si tocca

Già da mesi, tuttavia (si veda il Sole 24 Ore dell’8 dicembre), a Palazzo Chigi ci si è orientati su una forma di premierato abbandondando l’idea di toccare la figura del Capo dello Stato. Parecchi, infatti, sono i vantaggi del premierato rispetto al presidenzialismo: intanto l'introduzione dell'elezione diretta del capo del governo e il rafforzamento dei suoi poteri comporta la modifica di pochi articoli della Costituzione rispetto all'elezione diretta del Presidente della Repubblica, che oltre ad attribuire al Capo dello Stato alcuni specifici poteri di governo che ora non ha, a cominciare dalla presenza al Consiglio europeo, andrebbe bilanciata con una serie di contropoteri (ad esempio un presidente eletto e quindi di parte non potrebbe più presiedere il Csm). Il ruolo di garanzia a di istituzione super partes del Capo dello Stato in un Paese così politicamente diviso con l'Italia, inoltre, non subirebbe modifiche. E a Palazzo Chigi hanno ben presente come il Quirinale sia l'istituzione che da parecchi anni gode della maggiore fiducia da parte degli italiani.

Loading...

Il «governo del Primo Ministro» nella tesi numero 1 dell’Ulivo di Prodi

Infine, last but not least, il premierato è anche la proposta del Terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi (il «sindaco d'Italia») ed è una riforma meno ostica rispetto al presidenzialismo pure per il Pd, almeno per la sua parte “riformista”. D'altra parte “il governo del Primo ministro” era già nella tesi numero 1 dell'Ulivo di Romano Prodi nel 1996: «Appare opportuna nel nostro Paese l’adozione di una forma di governo centrata sulla figura del Primo Ministro investito in seguito al voto di fiducia parlamentare in coerenza con gli orientamenti dell’elettorato. A tal fine è da prevedere, sulla scheda elettorale, l’indicazione - a fianco del candidato del collegio uninominale - del partito o della coalizione alla quale questi aderisce e del candidato premier da essi designato. Secondo i modelli vigenti negli altri Paesi in cui la forma di governo si orienta intorno al Primo Ministro, appare opportuno dare vita ad una convenzione costituzionale secondo la quale un cambiamento di maggioranza di Governo richieda di norma e comunque in tempi brevi lo scioglimento della Camera politica e il ricorso a nuove elezioni. Viceversa resta possibile la sostituzione del Premier all’interno della medesima maggioranza col metodo della sfiducia costruttiva».

Modello tedesco per il rafforzamento dei poteri del premier

Ed è chiaro che Meloni ha interesse a coinvolgere almeno una parte dell'opposizione: il monito di Renzi durante il dibattito sulla fiducia («le sconsiglio di procedere a maggioranza, ne so qualcosa...») risuona ancora forte e chiaro. Sul tavolo dei tecnici di Palazzo Chigi e del ministero delle Riforme retto dalla forzista Elisabetta Casellati, dunque, c'è già un pacchetto di modifiche che prevede innanzitutto il rafforzamento dei poteri del premier, a cominciare dalla possibilità di revocare i ministri e dalla sfiducia costruttiva. Tuttavia la sfiducia costruttiva non basta. Non è un caso che nella stessa Germania sia stata usata solo una volta. Più efficace l'introduzione del potere del premier di chiedere e ottenere elezioni anticipate in caso di sconfitta sulla fiducia, pure previsto in Germania e usato in passato dai cancellieri Brandt, Kohl e Schroeder.

Quale legge elettorale? L’ipotesi di un Italicum rivisitato

Quanto alla legge elettorale, è evidente che il premierato funziona se c'è una maggioranza certa e con l'attuale Rosatellum non è sicuro: se il 25 settembre il voto degli italiani è stato chiaro, non è stato così nel 2018, quando il risultato incerto sfociò in grandi coalizioni tra avversari. La soluzione sul tavolo della maggioranza è dunque quella di un sistema proporzionale con premio di maggioranza: la Consulta ha già stabilito che è conforme a Costituzione attribuire a chi ottenga il 40% dei voti il 54% dei seggi, né ha precluso forme di ballottaggio nazionale qualora nessuno raggiunga tale soglia purché siano possibili nuovi apparentamenti tra primo e secondo turno. L’idea, per un sorriso della srtoria, è dunque quella di un renziano Italicum rivisitato tenendo conto delle sentenze della Consulta nel frattempo intevernute

Il nodo: elezione diretta o tramite indicazione nella scheda elettorale?

La macchina del premierato è dunque partita: mercoledì 17 maggio, alla presenza del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, un convegno di costituzionalisti di provenienze diverse - da Felice Giuffrè a Giovanni Pitruzzella, da Angela Nicotra fino a due docenti di area democratica come Stefano Ceccanti, a lungo parlamentare del Pd, e Francesco Clementi - darà il via libera alla soluzione del premierato. Resta da decidere la modalità di scelta da parte degli elettori: o elezione diretta con voto ad hoc il giorno delle elezioni politiche, soluzione preferita dal centrodestra, oppure una modalità più soft che preveda l'indicazione del candidato premier del partito o della coalizione sulla scheda elettorale, soluzione preferita tra gli studiosi di area democratica e non a caso presente nella Tesi numero 1 dell’Ulivo sopra riportata.

I paletti di Pd e M5s allontanano l’ipotesi di un accordo largo

La storia dei tentativi di riformare la Costituzione dagli anni Novanta ad oggi dimostra che se ci fosse reale volontà di dialogo da parte della maggioranza e delle opposizioni un putno di caduta si potrebbe trovare senza difficoltà. Ma il clima politico non sembra favorire il dialogo bipartisan su una riscrittura così importante della Costizione, il che consiglierebbe comunque di seguire la strada di una Bicamerale per isolare la materia riformatrice dallo scontro quotidiano in AUla sugli altri provvvedimento, come suggerisce il costituzionalista dem Ceccanti. Sia il Pd sia il M5s si presentano al tavolo imbastito da Giorgia Meloni con molti paletti: no all’elezione diretta e sì solo a piccoli interventi per rafforzare i poteri del premier e dare maggiore stabilità ai governi. Ma sono soprattutto le parole della neo segretaria dem Elly Schlein a non promettere bene per il dialogo: «Noi siamo un partito responsbaile e ascoltiamo il governo. Ma la priorità del Paese è la riforma della Costituzione? Il sospetto è che il governo cerchi di spostare l’attenzione, quasi un alibiz, rispetto ai problemi veri che ci sono sul tavolo».

Sul premierato la premier si accinge a ballare da sola. Anzi, con Renzi

La premier Meloni si accinge dunque a ballare da sola con la sua maggioranza, almeno stando ai segnali fin qui arrivati dai maggiori partiti di opposizione. Anzi, non proprio da sola: ad accompagnarla ci saranno Matteo Renzi e Carlo Calenda con i voti di Italia Viva e Azione. Pur separati in casa di fatto, su questo i due sono d’accordo; il premierato (“sindaco d’Italia”) era già nel programma elettorale del terzo polo. E l’ex premier si è portato avanti per tempo: «Sosteniamo da sempre il sindaco d’Italia con l’elezione diretta del premier e il superamento del bicameralismo paritario. Il cittadino deve tornare arbitro per poter decidere. Lo diciamo da sempre, speriamo che sia la volta buona», twittava Renzi all’annuncio dell’apertura del tavolo da parte di Meloni. Dunque al via, con una postilla: se alla fine il governo opterà per la soluzione soft, ossia l’indicazione sulla scheda elettorale e non l’elezione diretta, c’è da scommettere che una buona parte del Pd sarà in difficoltà a schierarsi dalla parte del No.


Riproduzione riservata ©

loading...

Loading...

Brand connect

Loading...

Newsletter

Notizie e approfondimenti sugli avvenimenti politici, economici e finanziari.

Iscriviti