Prestiti personali, perché dietro la tenuta del mercato spuntano segni di crisi
Gli italiani chiedono (e ottengono) più denaro dalle banche, ma l'ammontare medio dei prestiti diminuisce e le risorse vengono destinate a coprire spese correnti e debiti pregressi. E i tassi continuano a salire (ma meno di quelli dei mutui)
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Tassi in aumento, prudenza nelle erogazioni, importi più ridotti e spazio sempre maggiore alle richieste per finalità legate all'ottenimento di liquidità o di denaro per coprire altri debiti contratti in precedenza. Il mondo dei piccoli prestiti alle famiglie italiane non poteva passare certo indenne la sfavorevole congiuntura economica che si è creata per i venti contrari dell'inflazione e delle conseguenti decisioni delle Banche centrali in un contesto di rallentamento (se non addirittura stallo) della crescita. Sotto la superficie è tuttavia possibile scorgere anche qualche segnale confortante di un impatto sul credito al consumo al momento meno violento rispetto a quanto ci si attendeva e a quanto sembrano subire i mutui immobiliari.
Erogazioni in crescita
Se per i prestiti casa la frenata del mercato è ormai più che conclamata (secondo Crif le richieste hanno fatto segnare una contrazione del 22,4% nel primo semestre 2023 rispetto all'anno precedente, mentre Banca d'Italia rileva un calo addirittura del 29,3% nel volume delle nuove erogazioni effettive alle famiglie per acquisto abitazioni per lo stesso periodo) il credito al consumo appare tutt'ora immerso in una sorta di limbo. Sempre secondo i dati appena diffusi da BankItalia l'ammontare di nuove operazioni è in questo caso complessivamente cresciuto del 3,1% rispetto ai primi sei mesi dell'anno scorso e addirittura del 9,2% quando si fa riferimento al 2021. Esistono però altri fenomeni che fanno da spia per l'impatto del caro-tassi e degli altri fattori penalizzanti, fra questi la riduzione dell'ammontare medio erogato e la diversa distribuzione fra le finalità delle richieste.
Ma prestiti più «piccoli»...
Sul primo elemento l'aggiornamento più recente fornito dall'Osservatorio Finanziamenti di PrestitiOnline.it parla di un importo medio ulteriormente sceso a luglio ormai ai minimi da due anni e mezzo: 10mila euro rispetto ai 10.400 euro del trimestre precedente e ai 12.400 che si potevano spuntare all'inizio del 2022. Il fatto che il valore delle richieste sia superiore (11.100 euro) e soprattutto tenda a ridursi in misura più contenuta la dice probabilmente lunga sull'atteggiamento molto più prudente adottato in questo frangente dalle banche, che a sua volta si ricollega all'altro aspetto già accennato dei motivi che stanno dietro la richiesta di finanziamenti.
...e per scopi prudenziali
Sempre PrestitiOnline rileva per esempio come i pesi delle finalità legate alla liquidità (denaro sonante da utilizzare per far fronte a spese correnti) e al consolidamento di debiti pregressi, che rappresentano entrambi la più concreta testimonianza delle difficoltà a cui stanno andando incontro le famiglie italiane, siano saliti rispettivamente al 30,4% e al 16% e messi insieme valgano ormai quasi la metà della domanda quando nella situazione pre-Covid si raggiungeva a stento il 30 per cento. «Con l'aumento dei tassi e l'indebolimento dell'economia si riesce a ottenere meno credito soprattutto fra le fasce più deboli della popolazione, i dipendenti a tempo determinato, chi risiede nelle regioni del Sud e i più giovani», rileva a questo proposito Alessio Santarelli, Direttore Generale del Gruppo MutuiOnline.
Il punto sui tassi
L'ultimo aspetto, tutt'altro che secondario, riguarda i riflessi sui tassi a cui viene ora concesso il denaro. Una rapida occhiata ai dati BankItalia svela un impatto relativamente più contenuto delle strette Bce sul credito al consumo rispetto a quanto registrato dai mutui. Sulle nuove erogazioni il Taeg (Tasso annuo effettivo globale, che comprende tutti i costi relativi all'operazione) è infatti aumentato in media di circa il 3% per questi ultimi e di un punto percentuale in meno per le altre tipologie alle famiglie. E se per i prestiti immobiliari il livello degli interessi da corrispondere sui nuovi prodotti è sostanzialmente più che triplicato, passando dai minimi storici attorno all'1,5% al 4,65% rilevato a giugno, per il credito al consumo l'aumento registrato dall'inizio dello scorso anno ha portato i valori da circa l'8% al 10,42% per poi scendere di nuovo nell'ultima rilevazione al 9,03 per cento.
Le differenze con i mutui
La ragione dello scarto si collega alla differente durata e struttura economica dei prodotti e alla conseguente minore capacità (o volontà) delle banche di fissare il prezzo. Guardando per esempio ai prestiti, lo spread tra costo della raccolta bancaria e Taeg può raggiungere gli 8 punti percentuali (anche se scende in misura sensibile per le offerte più competitive sul web), la durata è breve e quindi le spese operative incidono in misura maggiore sulla marginalità assoluta del prodotto, mentre il costo del rischio può essere elevato e costare anche 3-6 punti percentuali. Per i mutui il differenziale fra funding e tasso finito è invece appena dell'1%, i costi del rischio sono nulli e quelli operativi possono essere distribuiti su un arco di 20/30 anni.
Le strategie delle banche
«Per questi ultimi il margine era quasi incomprimibile e le banche hanno principalmente trasferito il costo della raccolta sui clienti», spiega Santarelli, sottolineando invece come per i prestiti ci sia stato «più spazio di manovra» e le finanziarie abbiano in alcuni casi «deciso di erodere parte del proprio margine per venire incontro ai clienti e sostenere la domanda» e in altri «di stringere in modo deliberato le maglie del credito riducendo il costo del rischio e mantenendo la marginalità invariata». Insomma, il classico colpo al cerchio e alla botte da parte degli istituti di credito italiani, in attesa di tempi migliori (per le famiglie).
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