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Inflazione e tassi alti bloccano l’economia. Si fermano anche i servizi, soffre l’industria

L’analisi del CsC: c’è meno credito e liquidità. Giù la domanda interna in Italia, e l’export è in riduzione, ma con un miglioramento ad agosto. Eurozona quasi ferma, mentre Usa e paesi emergenti crescono.

di Nicoletta Picchio

(BlazingDesigns - stock.adobe.com)

3' di lettura

Rischio recessione? È la domanda che si pone il Centro studi di Confindustria (Csc) nell’analizzare la situazione economica italiana: dopo la caduta nel secondo trimestre la stima per il pil italiano è debole anche nel terzo e le attese per il quarto non sono migliori. Al calo dell’industria, che sta soffrendo con un -1,9 di produzione industriale da inizio anno e -0,7 a luglio, e al calo delle costruzioni, si affianca la battuta d’arresto nei servizi. Non si fermano i rialzi dei tassi della Bce, il credito è in caduta insieme alla liquidità, il costo dell’energia torna a salire. Di tutto ciò ne risentono i consumi e gli investimenti, mentre latita la domanda estera.

L’analisi del CsC

È il quadro che emerge dalla nota mensile Congiuntura Flash: prezzi e tassi alti bloccano l’economia italiana. L’inflazione è scesa al 5,3% a settembre: i prezzi core di beni e servizi rallentano, +3,9%, mentre per gli alimentari la moderazione è agli inizi, +8,6. I prezzi energetici al consumo crescono poco, +1,7% annuo, ma a settembre le quotazioni di gas e petrolio sono risalite.

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Aumento dei tassi, a fine corsa?

È a fine corsa l’aumento dei tassi? La Fed a settembre ha tenuto fermo il tasso a 5,50%, ma non ha escluso nuovi rialzi, la Bce ha deciso un altro aumento a 4,50, ma ha ammorbidito il tono su altre mosse. I mercati ritengono altri rialzi in Usa e Eurozona possibili, ma non probabili, intravedendo i primi tagli entro il 2024.Ma gli effetti si fanno sentire, con meno credito e meno liquidità: il costo del credito a luglio è a 5,09%, peggiora la caduta dei prestiti, -4,0% annuo. Una quota crescente di imprese non ottiene credito, 8,2% a settembre: sulla domanda pesano le condizioni troppo onerose ma anche i criteri di accesso più rigidi. Di conseguenza la liquidità delle imprese si sta prosciugando, (-10,1% in un anno i depositi), aumentano i ritardi nei pagamenti e il deterioramento dei vecchi prestiti.

Gli impatti (negativi) su imprese e famiglie

I tassi pesano sulle imprese e sulle famiglie, alle quali il Csc dedica un focus, che hanno molti più interessi da pagare: l’impatto è considerevole per chi ha un mutuo casa a tasso varabile, pari al 4,9 delle famiglie italiane, che pagano nel 2023 4,6 miliardi di interessi in più (+3.683 euro di interessi all’anno per una famiglia con un mutuo residuo di 130mila euro) e quasi certamente saranno costrette a tagliare la spesa in altri beni e servizi. Il rialzo dei tassi colpisce anche il credito al consumo per l’acquisto di beni durevoli e potrebbe abbattere la domanda.

Si fermano anche i servizi

A pesare in negativo è che nei servizi si è esaurita la ripresa: non basta il buon andamento del turismo, il Pmi (l’indice dei responsabili degli acquisti) è scivolato a 49,8 da 51,5, con una contrazione per la prima volta nel 2023.L’industria soffre: la flessione è concentrata tra i beni di consumo durevoli (-4,4% a luglio) e a settembre la fiducia delle imprese ha proseguito la caduta.

Domanda interna ferma e prime nubi sul lavoro

La domanda interna è in calo: nel secondo trimestre gli investimenti hanno segnato -1,8%, un calo dovuto alle costruzioni, -3,6% e in parte agli impianti-macchinari (-0,2%). Per i consumi, fermi nel secondo trimestre, si è avuto un calo del sentiment nel terzo. E dopo mesi di crescita, sottolinea il Csc, a luglio c’è stata una prima incertezza sul mercato del lavoro: -73mila occupati, un freno ai redditi.L’export è in riduzione: c’è stato un calo a luglio sia nei mercati Ue che extra Ue. Alla debolezza delle vendite in Germania si è aggiunta una battuta d’arresto negli Usa. C’è stato un rimbalzo ad agosto per l’export extra Ue, specie Usa, ma a settembre ancora negative le indicazioni dagli ordini esteri, specie per la debolezza della domanda europea. L’Eurozona, infatti, è quasi ferma, mentre sono in crescita gli Usa, con le previsioni Fed del pil a +2,3 nel 2023 e +1,5 nel 2024, e vanno bene gli emergenti, India in testa.


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