Prima il messaggio alla Camera, poi Draghi si dimette al Quirinale
Il Capo dello Stato prepara lo scioglimento e pensa a un messaggio per spiegare le ragioni della fine legislatura, prima data utile per le elezioni il 2 ottobre. Falliti i tentativi di mediazione con i leader, condivisione delle scelte con Draghi
di Lina Palmerini
3' di lettura
Si può dire che ha provato fino all’ultimo a riportare tutti i leader al buon senso ma a un certo punto ha capito che non c’erano più spazi. Tant’è che in quelle telefonate fatte nel pomeriggio a Berlusconi e Salvini, quando alle sue domande e sollecitazioni si è sentito leggere il comunicato che stava preparando il centro-destra, non ha insistito.
Ha preso atto con amarezza di un quadro logorato, consumato da risentimenti da un lato e voglia di urne e rivincita dall’altro. E dunque quelle chiamate sono servite per mettere un punto fermo e portarsi avanti con il lavoro preparando con i suoi consiglieri, riuniti per tutta la giornata di ieri, le tappe istituzionali da mettere in campo dopo la discussione parlamentare. In tutti i passaggi il contatto con Draghi non è mai mancato e nemmeno la sintonia.
Così mercoledì sera è stata condivisa la scelta del premier di aspettare il dibattito alla Camera di oggi e poi recarsi in mattinata al Quirinale per le dimissioni.
Il pessimismo aleggiava da un po’ nelle stanze del Quirinale. L’opera di diplomazia aveva portato qualche passo avanti che però nelle ultime ore aveva trovato blocchi insuperabili. Si è visto anche nel voto di ieri al Senato dove Draghi ha avuto un sì risicatissimo, rischiando pure la mancanza di numero legale. In pratica quell’unità nazionale è a brandelli.
La sostanza è che non c’è più strada per continuare la legislatura, finisce con quella formula di un governo politicamente «neutro» che il capo dello Stato aveva messo in piedi perché l’Italia reggesse l’urto della pandemia, organizzasse la campagna di vaccinazione e avviasse il lavoro sul Pnrr. Che ora rimane in panne, con miliardi che si bloccano. Qui sta il rammarico oltre che la preoccupazione per il quadro internazionale con la guerra in corso in Ucraina. Lo sguardo di Mattarella è già ai prossimi giorni, a cosa può accadere sui mercati, a quali decisioni potranno assumere in Europa senza più la presenza di un Governo che aveva una sua autorevolezza.
Nonostante il contesto, però, non ci sono alternative allo scioglimento delle Camere che disporrà dopo aver sentito i presidenti di Camera e Senato. Draghi resta per gli affari correnti. Che vuol dire che si potranno fare decreti legge, anche schemi di decreti legislativi e assolvere gli obblighi comunitari ma con poteri spuntati.
E infatti l’assillo di Mattarella è riuscire a tutelare il Paese durante una campagna elettorale nel periodo più difficile economicamente e socialmente. Alla luce di questa situazione e delle difficoltà, è probabile che il capo dello Stato vorrà, con un messaggio, spiegare direttamente agli italiani la sua scelta di mandare al voto, forse darà il suo punto di vista sulla la fine dell’esperienza e magari dirà che non ci saranno vuoti di potere, che nessuno andrà in vacanza per il bene del Paese. Una rassicurazione in un contesto così tormentato e inafferrabile per molti cittadini.
A questo punto i partiti stanno già discutendo sulla data del voto che potrebbe essere il 2 ottobre. Si era parlato anche del 25 settembre ma è la vigilia del capodanno ebraico, dunque, si potrebbe andare alla settimana dopo. O ancora più avanti come vorrebbero alcuni del Pd o dei 5 Stelle che hanno bisogno di tempo per affrontare le urne. Ma al Colle pensano solo a garantire al più presto un nuovo Governo per non bruciare la sessione di bilancio e non lasciare nell’incertezza gli italiani.
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