«Prima o poi mi scopriranno…». Come affrontare la “sindrome dell’impostore” in azienda
Monitorare la presenza e il livello di questo fenomeno in azienda è molto importante: la sindrome brucia energia e capacità, crea potenziali rinunce a priori, porta le persone di valore a nascondersi
di Giovanna Prina *
3' di lettura
“Prima o poi mi scopriranno…” è il pensiero ricorrente di chi soffre della Sindrome dell'impostore. Questa è una sindrome che porta, nonostante i successi e i riconoscimenti oggettivi ricevuti nel tempo e il livello di competenze possedute, a sentirsi perennemente inadeguati al compito da affrontare.
Avete mai avuto un compagno o una compagna di studi insopportabilmente bravi, con voti altissimi, che si presentavano all'esame pieni di reale terrore e sicuri che sarebbero stati cacciati in malo modo? Poi prendevano l'ennesimo trenta e dicevano, credendoci davvero: “Tutta fortuna! Mi ha chiesto solo cose che sapevo”, dimenticandosi che avevano studiato tutto alla perfezione e che avrebbero saputo rispondere a qualsiasi domanda. Ecco, probabilmente non erano scaramantici bluffatori, ma soffrivano della Sindrome dell'impostore.
Che cos’è la “Sindrome dell’impostore”
Il nome lo hanno coniato due psicologhe, Pauline Clance e Suzanne Imes, alla fine degli anni '70 per indicare la situazione emotiva di chi si sente di non avere realmente le competenze, capacità o risorse che gli hanno permesso di ottenere successo. È curioso il fatto che questa sindrome in genere appartiene a persone che hanno realmente successo, ma tendono ad attribuirlo a fattori esterni, nella maggior parte dei casi alla fortuna. Sottostimano cioè le loro capacità tanto da non sentirsi degni di ciò che hanno ottenuto, credendosi appunto degli impostori.
Le ragioni della sindrome possono essere molte. Generalmente sono da ricondurre ad una scarsa autostima, ad un eccesso di perfezionismo o ad un elevato livello di ansia, che portano a pensare che nulla di quello che è stato fatto o che deve essere fatto possa essere considerato sufficiente dagli altri. Chi soffre della sindrome purtroppo non riesce ad apprendere dall'esperienza: il meccanismo inconsapevole dietro alla sindrome è la convinzione di non meritarsi il successo ottenuto, per cui questo viene ricondotto alla fortuna, alle circostanze o al caso. Con questa idea, il successo e l'esperienza positiva sono subito accantonati, non possono essere utilizzati per rinforzare l'autostima o la percezione delle proprie capacità.
“Mi hanno preso solo perché non c'erano altri candidati”- “Questo progetto avrebbe potuto farlo bene – e forse meglio di me – chiunque …”- “Ho avuto la fortuna di essere lì quando dovevano decidere…” . Queste e molte altre sono le frasi esplicitate da chi soffre la Sindrome dell'impostore. Ma la frase più frequente e davvero pericolosa è quella detta internamente: “Prima o poi mi scopriranno… si accorgeranno che sono un impostore, un'impostrice...”.
Il potere negativo di una convinzione
La potenza negativa di questo pensiero è enorme: porta la persona a concentrare l'attenzione sul giudizio altrui; sulla necessità di fare di più per evitare di essere “beccato”; sull'incrementare i livelli di ansia prestazionale e di perfezionismo, creando un circolo vizioso davvero difficile da gestire.
Come tutto, anche la Sindrome dell'impostore può essere presente a vari livelli. Molte persone che incontro in azienda ne sono affette: alcune in modo significativo, la maggior parte in forma leggera. Credo che in forma leggera non sia necessariamente un elemento negativo; meglio una lieve Sindrome dell'impostore che mi fa lavorare con attenzione rispetto a una esagerata sicumera che mi porta a sottovalutare le capacità necessarie per affrontare un compito.
La mia percezione è che la sindrome appartenga più spesso alle donne, che forse più frequentemente degli uomini sentono di dover dimostrare al mondo il loro valore e percepiscono alte attese sulle loro performance. Ma al di là del genere di chi ne è affetto, monitorare la presenza e il livello di questo fenomeno in azienda è molto importante: la sindrome brucia energia e capacità, crea potenziali rinunce a priori, porta le persone di valore a nascondersi.
Se un'azienda vuole realizzare benessere e crescita dei propri collaboratori deve saper creare un ambiente in cui la frase interiore può essere espressa senza timore e dove le persone siano aiutate a comprendere come evitare di restare succubi della Sindrome dell'impostore. Come è riuscita a fare quella realtà aziendale dove una donna mi ha detto ridendo: “Ho imparato a gestire la mia sindrome. Quando mi prende la paura di essere scoperta lo dico apertamente e mi dico anche che se non mi hanno scoperto fino ad adesso… Beh, allora vuol dire che la capacità di non farmi scoprire mi appartiene. E se ho sviluppato quella capacità, vuol dire che sono una capace!”
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