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Priolo: ok a Goi ma con paletti su petrolio, lavoro, ambiente

Golden power del governo sulla cessione. I vincoli sulle forniture da Paesi a rischio

di Carmine Fotina

Un'immagine della raffineria Isab di Priolo

3' di lettura

A pochi giorni dal termine utile per esprimersi, nella riunione del consiglio dei ministri di ieri il governo ha autorizzato con prescrizioni la cessione a Goi Energy della raffineria Isab di Priolo, che fa capo alla russa Lukoil. Attraverso un Dpcm (decreto del presidente del consiglio dei ministri) l’esecutivo applica il golden power, la disciplina sui poteri speciali in materia di asset strategici, per porre dei paletti piuttosto rigidi ma non ferma l’operazione.

Le condizioni per Goi Energy

Lukoil controlla l’impianto siciliano attraverso la società svizzera Litasco. Goi Energy è il ramo del settore energetico di un fondo di private equity di Cipro. Le condizioni riguardano le forniture di petrolio dal trader Trafigura che rifornirà Goi Energy (seguito dall’advisor legale BonelliErede), i livelli occupazionali, gli investimenti sull’impianto e gli impegni sul fronte ambientale relativi ai limiti di scarico e quindi all’impiego del depuratore dell’area industriale.

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Dpcm con esercizio del golden power

Si sarebbe discusso, in sede diplomatica, di presunte connessioni con capitali e imprenditori russi, su cui non sarebbero però emerse conferme concrete. Il Dpcm con l’esercizio del golden power non è ancora noto nei dettagli, ma il governo avrebbe innanzitutto deciso di tutelarsi per quanto riguarda le forniture di petrolio, che dovranno essere pluriennali (si parla di 10 anni) e tracciate per avere certezza che non arrivino direttamente o attraverso complicate triangolazioni da Paesi sottoposti a provvedimenti restrittivi, come la stessa Russia. Ora l’operazione finanziaria, che secondo fonti di mercato ha un valore di circa 1,2 miliardi di euro, dovrebbe concretizzarsi con il closing nelle prossime settimane.

La decisione del governo chiude un’incertezza iniziata diversi mesi fa e acuita dai rischi indiretti connessi all’embargo sul petrolio russo. I lavoratori a vario titolo coinvolti sono circa 3mila (mille diretti) e la raffineria lavora in media 10,6 milioni di tonnellate di greggio raffinato l’anno (il 13,6% del totale nazionale) con una capacità di raffinazione di oltre 19 milioni di tonnellate, pari a poco più del 22% del totale del nazionale.

La partita ex Ilva

Priolo è stata fin dalle prime battute del governo Meloni una delle partite industriali più complesse da gestire. Al pari forse dell’ex Ilva, su cui la situazione sta giungendo in queste settimane a nuovi picchi di tensione. Con il decreto legge 2/2023 è stata assicurata alla società liquidità per 680 milioni attraverso un finanziamento di Invitalia convertibile in aumento di capitale. Ma dopo una sorta di messa in mora inviata dal ministero delle Imprese e del made in Italy al socio privato ArcelorMittal, perché emergano impegni e strategie precise per i prossimi anni, il destino di Acciaierie d’Italia dovrebbe essere discusso in un nuovo vertice tra azionisti (il socio pubblico è Invitalia, controllata del Tesoro) e governo a fine aprile. Al centro dell’incontro ci sarà il piano industriale, attorno a cui ruota anche l’ipotesi che lo Stato anticipi la salita in maggioranza del capitale rispetto alla scadenza di fine maggio 2024.

Per tornare invece allo strumento del golden power, il governo vi ha fatto recentemente ricorso, con prescrizioni o raccomandazioni, anche nel settore delle telecomunicazioni 5G. Un pacchetto di quattro Dpcm, con data 31 marzo, è stato varato per porre dei vincoli ai piani annuali in materia di acquisto di tecnologie 5G presentati alla presidenza del Consiglio da Cellnex Italia e Inwit, società attive nelle torri tlc, dall’operatore mobile Iliad Italia e da Fastweb per soluzioni di parziale copertura 5G. L’obiettivo principale dell’esecutivo, come accaduto per precedenti piani annuali (di Tim e Vodafone) durante la fase finale del governo Draghi, è quello di una diversificazione dei fornitori per limitare l’acquisto di apparati di provenienza cinese.

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