Privacy e diritti digitali? Scarsa attenzione nei programmi elettorali
Il digitale viene spesso dimenticato e, se considerato, non valutato in maniera organica: un rapporto di Privacy Network esamina i programmi
di Alessandro Longo
2' di lettura
Se la nostra privacy e in generale la tutela dei nostri diritti nell'era digitale dipendesse solo dalle promesse fatte dai partiti in campagna elettorale, ci sarebbe un po' da preoccuparsi.
La consapevolezza politica mostrata nei diversi programmi, su questi temi, è molto bassa, a quanto si legge da un report pubblicato da Privacy Network, organizzazione non-profit italiana che affronta le sfide dell’innovazione tecnologica per garantire il rispetto della privacy e dei diritti umana. Il report esce in occasione della Privacy Week, organizzata dallo stesso Privacy Network a Milano (26-30 settembre).
«Nessun partito fa bene, sul tema privacy e diritti digitali, a leggere i programmi; ma alcuni fanno peggio degli altri», commenta Diego Dimalta, avvocato fondatore di Privacy Network.
Nel dettaglio, si tratta dei temi della tutela dei nostri dati personali sulle grandi piattaforme o la difesa dei nostri diritti fondamentali davanti all'avanzata dell'intelligenza artificiale (si pensi ai sistemi di sorveglianza di massa, supportati ad esempio dal riconoscimento facciale automatizzato). Oppure la questione delle decisioni prese, in ambiti critici come quello sanitario, con il supporto di sistemi di intelligenza artificiale.In sostanza emerge dal rapporto che il Centro-Destra ignora del tutto la questione diritti e privacy (almeno a giudicare dai programmi pubblicati).
«Il Centro Destra, così come il Terzo Polo, parla del digitale come strumento – quasi una bacchetta magica – per risolvere per lo più problemi economici - dice Dimalta -. Nel programma del Pd c'è tutto. La funzione del digitale come motore di sviluppo, ma anche i diritti, la privacy, l'intelligenza artificiale; persino le criptovalute. Il problema è che è messo tutto insieme, confuso. Senza un progetto chiaro, senza una visione. Ci si limita a dire che bisogna seguire le indicazioni dell'Europa, nelle norme presenti. Non basta».
Il M5S punta invece soprattutto sui concetti di trasparenza, accesso civico, con i dati pubblici che dovrebbero essere resi più accessibili per favorire la conoscenza dei cittadini e la loro partecipazione. Non si parla di privacy e di diritti se non di sfuggita, «quando si promette la scrittura di una Carta dei diritti digitali, che però è inutile: abbiamo già le norme che ci servono; un partito dovrebbe piuttosto dire come intende attuarle», dice Dimalta.
Infine, Alleanza Verdi Sinistra considera i dati solo come strumento di sviluppo, senza parlare di tutela di quelli personali. Anzi: è il solo a dichiarare di voler tracciare i dati dei conti corrente dei cittadini per combattere l'evasione fiscale.
È chiaro che, volontà dei partiti a parte, a tutelare i cittadini ci sono già molte norme europee recepite in Italia (primo su tutti il Gdpr) e altre in arrivo (come il Digital Services Act e l'AI Act, della Commissione europea).
Per la piena tutela dei diritti però svolge un ruolo anche la consapevolezza da parte della politica, nei confronti di questi temi. Ed è il motivo che ha spinto Privacy Network a fare quest'indagine. Con risultati poco incoraggianti.
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