Private banking italiano a mille miliardi nel 2022
Le previsioni emerse in occasione del XVI Forum di Aipb. Secondo un’indagine di Strategy& (Gruppo PwC) tra le problematiche da risolvere c’è il calo di redditività del business
di Lucilla Incorvati
4' di lettura
L’industria del private vive di buona salute e arriverà a fine anno a totalizzare masse più alte delle attuali (a 902 miliardi mercato servito dalle banche associate ad Aipb, Associazione italiane private banking). Secondo l’Associazione il trend positivo potrebbe portare le masse a quasi mille miliardi nel 2022. Tuttavia, un’ indagine di Strategy& (Gruppo PwC) mostra come la marginalità negli ultimi anni si sia sensibilmente contratta e continuerà a ridursi anche nel 2020. Cosa può accadere da questa tendenza? Quali le implicazioni e gli effetti? Se ne parla oggi in occasione del XVI Forum del Private Banking, organizzato da Aipb che si tiene questa mattina in live streming.
Il trend del settore
Il Private Banking è cresciuto molto negli ultimi 15 anni, trainato da alcuni fattori in primis il risparmio delle famiglie italiane (oggi a quota 4.450 miliardi) , asset strategico del paese; particolarmente importante anche per il rilancio dell'economia reale in una fase così delicata per il Paese. «Tuttavia, la dimensione non è stata finora l'unico driver della crescita - sottolinea Francesco Legrenzi, partner Strategy& (Gruppo PwC) - in quanto in Italia la domanda dei servizi di PB è caratterizzata principalmente da tre fattori che impattano sull'industria: è un Paese attrattivo per quantità di risparmio (4° POSTO in Europa per ricchezza finanziaria, alle spalle di UK, Germania, Francia ) anche se la ricchezza è cresciuta meno dal 2006 rispetto ad altri paesi. In Europa è passata dal secondo al quarto posto; elevato livello di dispersione della ricchezza (le prime 10 province totalizzano il 46% della ricchezza private) ; cliente multi-bancarizzato (mette in competizione più intermediari e ha elevato desiderio di riservatezza».
Il consolidamento via obbligata per crescere
Un’industria in buona salute ma che dal 2014 ha evidenti margini in calo. Negli ultimi sei anni il margine operativo si è ridotto del 14% passando dal 51 a 44 bps. Tra il 2014 ed il 2017 la marginalità si è ridotta del 10% con una contrazione della redditività di 27 punti base sulle masse guidata dai ben noti fenomeni di pressione competitiva, maggiore trasparenza e crescita degli strumenti passivi.
«Negli ultimi due-tre anni, la contrazione ha rallentato il passo (con un ottimo 2019) e per il 2020, nonostante il difficile contesto, stimiamo una marginalità in linea con quella del 2018 (42 bps) - aggiunge Legrenzi - Nel futuro prossimo ci aspettiamo che la marginalità possa essere messa ancora sotto pressione a causa di ulteriori e necessari investimenti». Tre le aree che individua l’esperto: 1) tecnologia (digitalizzazione dei processi/procedure come elemento trainante per le nuove modalità di interazione con la rete e con i clienti) 2) capitale umano (rimarrà l'elemento fondamentale della relazione, soprattutto con riferimento all'erogazione dei servizi a maggior valore aggiunto).
Ricavi sotto pressione
Secondo lo studio di Strategy& per i ricavi è atteso un trend simile a quello degli ultimi due anni con una redditività in lieve calo. E questo porterà nei prossimi 3-5 anni ad un innalzamento del break-even point di circa il 30% in termini di masse gestite. Insomma, non solo per sopravvivere ma per fare utili sarà necessario essere più grandi. L’implicazione non sarà uguale ed omogenea per tutti. Secondo l'indagine di Strategy&, il mercato del private banking è segmentabile in almeno due grandi cluster, che richiedono modelli di business distinti. C’è chi guarda ai clienti con oltre 5 milioni di euro di masse dove ci sono molti meno clienti, con bisogni articolati e complessi e dove la qualità del capitale umano fa la differenza per assicurare un approccio tailor-made. È il terreno delle boutiques e anche dei Family Office, in cui la dimensione minima delle masse sarà meno rilevante (approccio sartoriale con soluzioni su misura per la clientela). «Sono modelli molto human-intense - aggiunge Legrenzi - e per definizione industrialmente meno scalabili»
Poi ci sono quegli operatori che si focalizzano su clienti dai 500 mila ai 5miloni (95% dei clienti, 68% AuM, più di 600 mila clienti considerando l’universo Aipb) dove le esigenze dei clienti private presentano comunque elementi di complessità e sofisticazione e, tuttavia, le dimensioni più “contenute” dei loro patrimoni impongono una gestione attenta del “costo to serve”. «È qui che osserviamo una forte e costante ricerca in termini di evoluzione del modello di servizio -spiega ancora Ligrenzi - ed è su questo segmento dove vi sarà maggiore pressione sul punto di break-even e dove ci aspettiamo un trend di consolidamento dell'industria». Per questo gruppo di operatori essere sotto i 10miliardi di masse significa andare in affanno.
Focus sul modello di servizio
Sempre più spesso ed in modo trasversale a diversi business per conoscere i trend che investiranno l'Italia è opportuno guardare a quanto sta accadendo all'estero. In particolare, nel wealth management è indubbio che paesi come la Svizzera e gli Stati Uniti siano oggi più evoluti sia da un punto di vista di cultura finanziaria sia da un punto di vista di capacità degli operatori di servire i bisogni dei propri clienti. «Sulla parola bisogni mi voglio soffermare - precisa Legrenzi - perché l'evoluzione che osserviamo all'estero è quella che porta ad una migliore comprensione dei bisogni reali dei clienti, dei loro progetti futuri e quindi a proporre soluzioni coordinate non solo per la gestione degli asset ma anche dei flussi e delle liabilities. Oggi più che mai è necessario affrontare con i clienti temi di pianificazione finanziaria legati ai progetti di vita e stimolarli su bisogni sia di breve sia di medio/lungo termine». Quindi, il futuro dell'industria del private banking va di pari passo con la capacità di aiutare i clienti a pianificare per il loro futuro.e per farlo, serve una rinnovata imprenditorialità nel modo di fare private banking che sappia affrontare un periodo di trasformazione profonda, investendo sulle competenze, anche tecnologiche, che forse non garantiranno una crescita del business nel prossimo trimestre ma ne garantiranno la capacità di generare valore riconosciuto dal cliente nel tempo e la migliore modalità con cui il private banking può rinforzare la cinghia di trasmissione tra risparmi, investimenti, ed economia reale.
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