Privatizzazioni: quelle in corso, Mps e Ita, e le prime indicazioni di merito su quelle future
Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti non ha escluso la possibilità di percorrere questa strada («Certamente ci sono delle situazioni che potrebbero originare una riallocazione delle partecipazioni dello Stato»)
I punti chiave
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L’obiettivo è reperire risorse da destinare alla copertura delle misure che entreranno nella prossima manovra. Il governo Meloni ha deciso di riprendere in mano il dossier privatizzazioni. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti non ha escluso la possibilità di percorrere questa strada («Certamente ci sono delle situazioni che potrebbero originare una riallocazione delle partecipazioni dello Stato»). Parole che hanno riacceso l’attenzione su una strategia che nel passato è stato usata però soprattutto come ricetta anti-debito.
Le parole di Giorgetti
Nel mirino dell’esecutivo, a cercare indizi nelle parole del titolare del Tesoro, sembra esserci l’ipotesi che si proceda con l’alleggerimento della presenza dello Stato in alcune società di cui è azionista. «Oggi discutiamo di uno Stato che entra in partecipazione strategica (Tim, ndr.), può darsi ci siano altre realtà in cui sia opportuno in qualche modo disinvestire», ha detto Giorgetti.
L’ipotesi
L’orientamento che starebbe prendendo forma è la vendita di quote di minoranza ma con tutte le precauzioni necessarie, preservando attentamente il controllo pubblico, soprattutto per le società considerate strategiche.
Le partecipate pubbliche
Attualmente lo Stato detiene quote in molte società sia quotate che non. Tra le quotate figurano Mps (64,23%), Enav (53,28%). Enel (23,59%), Eni (4,34%, oltre al 25,76% attraverso Cdp), Leonardo (30,20%), Poste italiane (29,26% oltre al 35% attraverso Cdp).
Il dossier Mps
E se su Mps è da anni che si parla della possibile uscita del socio pubblico ma la cosa non si è ancora materializzata, nell’ultimo decennio lo Stato è intervenuto su Enav e Poste, inizialmente controllate al 100%: la privatizzazione di Poste è iniziata a fine 2015 e il Tesoro ha ceduto al mercato il 34,7% del capitale, incassando più di 3 miliardi di euro; nel 2016 è toccato alla società che gestisce il controllo del traffico aereo, con un’Ipo che ha permesso al Mef un incasso fino a 834 milioni. Entrambe le operazioni sono state portate avanti sotto il governo Renzi e in quegli anni era finita nel mirino anche Ferrovie dello Stato, con l’ipotesi di mettere sul mercato il 40% realizzando un incasso da 4-7 miliardi. Nel passato si è ipotizzata anche una seconda tranche di Poste, mai realizzata.
La vendita di Ita a Lufthansa
Il caso più recente è invece quello di Ita, l’ex Alitalia, che il Tesoro sta vendendo a Lufthansa: in base all’intesa raggiunta, su cui si attende il closing, nel biennio 2023-24 il colosso tedesco dovrebbe acquisire il 41% del capitale sociale della compagnia italiana a fronte di un investimento di 325 milioni di euro. Si è tornati a parlare di privatizzazioni anche sotto i governi Gentiloni e Conte I, anche se in realtà più a livello di promesse. Nel 2017 l’allora ministro dell’economia Pier Carlo Padoan assicurava che il capitolo non era chiuso: il Tesoro puntava a dare una spinta al dossier per raggiungere a fine anno lo 0,2% del Pil e sul tavolo c’era la cessione a Cdp dell’intera quota in Enav e di una parte della partecipazione del 4,3% detenuta in Eni.
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