Processo d’appello a Mimmo Lucano, pena ridotta a un anno e sei mesi
L’ex sindaco dell’accoglienza è rimasto a Riace, ma una folla di attivisti per i diritti umani, ha atteso il verdetto sulle scale del tribunale di Reggio Calabria
di Donata Marrazzo
I punti chiave
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Per Mimmo Lucano è il giorno della sentenza d’appello. E crollano le accuse contestate all’ex sindaco di Riace. Dopo una Camera di Consiglio di otto ore la condanna in appello è stata ridotta a un anno e sei mesi, con pena sospesa. La richiesta della Procura generale era stata di 10 anni e 5 mesi. Completamente stravolta la sentenza di primo grado del Tribunale di Locri che gli aveva inflitto 13 anni e 2 mesi di carcere per associazione per delinquere, truffa, peculato, falso e abuso d’ufficio. La Corte d’appello di Reggio Calabria ha assolto Lucano dai reati più gravi. E ha assolto tutti gli altri 17 imputati. «Vedremo nelle motivazioni le ragioni di fondatezza per l’accusa restata in piedi», dichiara l’avvocato difensore Andrea Daqua. Revocate confische e sanzioni civili. Al momento della pronuncia un boato in aula e un abbraccio collettivo tra avvocati, giornalisti e pubblico presente.
Lucano ha atteso a Riace il verdetto
L’ex sindaco dell’accoglienza è rimasto a Riace ad attendere il verdetto, ma una folla di attivisti per i diritti umani, si era radunata sulle scale del tribunale di Reggio Calabria. Fra loro anche padre Giovanni Ladiana, prete operaio, padre superiore dei Gesuiti che ha fondato a Reggio Calabria l’associazione “Reggio non tace”: lottava contro la ’ndrangheta, la droga, il traffico d’armi, i rifiuti tossici. É arrivato da Riace dove ha dato conforto a Mimmo Lucano. I giudici della Corte d’appello di Reggio Calabria, presieduta da Elisabetta Palumbo, hanno pronunciato alle 17 la sentenza del processo “Xenia”, nato nel 2018 da un’inchiesta della Guardia di finanza sul modello “Riace”.
La condanna in primo grado
Il tribunale di Locri aveva condannato in primo grado a 13 anni e due mesi Lucano per aver strumentalizzato - così scrivevano i giudici nella motivazione della sentenza - il sistema dell’accoglienza a beneficio della sua immagine politica. Proprio lui, che durante il processo, alle politiche del 2018 e alle europee del 2019 aveva rifiutato ogni candidatura. E si trattava di collegi “sicuri”. Aveva, accettato, dopo tante insistenze, di presentarsi alle regionali del 2021 nello schieramento guidato dall’ex sindaco di Napoli Luigi de Magistris, ottenendo quasi 10mila preferenze. Ma la lista non aveva raggiunto la soglia di sbarramento.
Le arringhe della difesa nel giudizio d’appello
Il 20 settembre scorso, gli avvocati Giuliano Pisapia e Andrea Daqua, che da anni hanno difeso Mimmo Lucano gratuitamente, hanno smontato con le loro arringhe, punto per punto, la sentenza di primo grado, evidenziandone debolezza e incongruenze. Hanno chiesto una assoluzione piena da tutti i reati. «Una condanna esorbitante», quella di Lucano, secondo l’ex sindaco di Milano Pisapia: «Manca il dolo e manca la consapevolezza e la volontà di un vantaggio economico». Eppure, gli hanno attribuito i reati di truffa, peculato e associazione a delinquere. «Dalla lettura degli atti processuali – ha dichiarato ancora Pisapia - risulta che non aveva un soldo sul proprio conto corrente, che ha messo tutto a disposizione degli altri, perfino i premi che ha ricevuto, che vive in condizioni di povertà. Falcone diceva di seguire i soldi. Vi prego, seguite i soldi di Lucano, non li troverete». Evidentemente i giudici hanno seguito l’esortazione di Pisapia.
Un libro sui report delle udienze
Anche Luigi Ferrajoli, professore emerito di Filosofia del diritto e della politica, su Lucano e il suo processo, non ha mai esitato a esprimere giudizi pesanti sulla sentenza di primo grado: ha più volte parlato della decisione dei giudici di Locri, citando Cesare Beccaria, come di un caso clamoroso di processo offensivo, «in cui il giudice diventa nemico del reo. Una sentenza aberrante». Rovesciata dai giudici della Corte d’appello. L’avvocato Daqua in passato ha ripetutamente sottolineato i passaggi denigratori contenuti nelle 900 pagine della sentenza e l’uso distorto delle intercettazioni. La sociologa milanese Giovanna Procacci, che ha raccolto tutti report delle udienze nel libro “Processo alla solidarietà. La giustizia e il caso Riace” (Castelvecchi), afferma che «di fronte all’impossibilità di provare il vantaggio economico, si è preteso che Lucano avesse agito per vantaggi politici, per creare un sistema clientelare che gli garantisse una lunga carriera politica». Ma quale carriera politica?
Il modello Riace
Di certo, Riace è stato per anni un modello che ha fatto scuola in Europa: Lucano ha tenuto conferenze a Cambridge, a Bruxelles, a Parigi. Ha raccontato nel mondo come funzionava il suo sistema di accoglienza, che gli ha consentito di ospitare e integrare nel suo borgo oltre 6mila immigrati. Anche su esplicita, reiterata, richiesta della prefettura. Un’ “utopia” che ha ispirato registi (Wim Wenders), cantanti (Vinicio Capossela), artisti, scrittori e poeti. Molti hanno accostato la sua vicenda a quella di Danilo Dolci, poeta siciliano, difeso in tribunale da Pietro Calamandrei, per aver capeggiato una manifestazione di protesta a sostegno di un gruppo di disoccupati.
La lettera di Papa Francesco
Nel 2016 la rivista Fortune lo ha inserito fra le persone più influenti della terra. Il World Mayor Project qualche anno prima lo aveva posizionato al terzo posto della classifica dei sindaci migliori del mondo. Papa Francesco gli ha scritto una lettera piena di gratitudine ammirazione «per il suo operato intelligente e coraggioso a favore dei nostri fratelli e sorelle rifugiati». In molti ritengono che tutta quella visibilità gli abbia nociuto.
Accoglienza e integrazione con i fondi Sprar
Con Lucano, il piccolo borgo della Locride, abbandonato dagli abitanti del posto, quasi tutti emigrati nei primi anni del ‘900 in Argentina, è tornato vivo: durante i suoi 14 anni da sindaco, dal 2004 al 2018, locali ed extracomunitari hanno vissuto insieme, in molti casi hanno condiviso anche il lavoro. Mimmo Lucano è diventato per tutti il sindaco del Villaggio Globale: ha riaperto le case, la scuola, l’asilo, la mensa, l’ambulatorio medico, le botteghe. In piazzetta Donna Rosa si lavorava il legno, la ceramica, il vetro, la cioccolata, si tesseva al telaio lino, canapa e ginestra. Ha distribuito borse lavoro, creato una moneta complementare, avviato la raccolta dei rifiuti nei vicoli, porta a porta, con gli asinelli. Ha scavato un pozzo per l’acqua pubblica, ha creato una fattoria sociale e un frantoio. Lo ha fatto risparmiando sui 35 euro a migrante che assicurava lo Sprar: reinvestiva i fondi residui in attività sociali. Più quelli che riceveva in donazione.
Riace accoglie ancora
Eultimamente Riace è tornata ad accogliere: grazie all’apertura di nuovi corridoi umanitari verso Kabul, da alcuni mesi Lucano ospita, in quello che resta del Villaggio Globale, diverse famiglie afghane, una sessantina di profughi in tutto. Con il sostegno dell’associazione “A Buon diritto”, presieduta dal senatore Luigi Manconi, che ha promosso una sottoscrizione nazionale, lanciata inizialmente per coprire la sanzione pecuniaria richiesta dal tribunale di Locri, l’ex sindaco di Riace ha ripreso quella che ritiene la sua missione. Partendo dalla riapertura dell’ambulatorio medico, dell’asilo e della mensa sociale. Fra i garanti del fondo istituito dalla Onlus, risultano gli ex magistrati Gherardo Colombo e Armando Spataro.
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