intervista

Prodi: bene il bonus bici ma prima ciclabili sicure. Conte? Veloce come un pistard

Il Professore e il suo amore per il ciclismo: giusto cambiare i calendari delle corse, si rischiava il collasso del movimento

di Dario Ceccarelli

Bonus vacanze al via, attesa per bici e superbonus

5' di lettura

«Guardi, se mi vuol far parlare di ciclismo e di bicicletta, sono a sua disposizione. Però niente politica, mi raccomando. Non mi faccia dire… Dopo questi tre mesi di quarantena, ripartire è stato duro per tutti. Bisogna adattarsi, far di necessità virtù: guardi la scuola, il turismo, il calcio. Lo stesso ciclismo che, in novanta giorni, deve concentrare tutta una stagione. Però bisogna andare avanti. Non fermarsi…».

È in gran forma Romano Prodi. Nonostante tre mesi di lockdown («Mi allenavo sul tapis roulant») il Professore sta recuperando in fretta il tempo perduto. «Recuperare? Recuperare è una parola grossa. Diciamo che ho ripreso ad andare in bicicletta. Ma è poca cosa. Devo pedalare di più. Di solito in un anno faccio diverse migliaia di chilometri. Ora solo alcune centinaia... Sa qual è il problema? Che per uscire in bici ci vuole almeno una mezza giornata. E quindi, quando ho meno tempo, preferisco correre a piedi. Così riesco a conciliare gli altri impegni».

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Quando si dice che l'età è quella che pensi che sia, Romano Prodi ne è la prova provata. A 80 anni, con un curriculum politico e accademico più lungo di un tappone di montagna (ministro dell'Industria a 39 anni, due volte premier nel 1996 e nel 2006, due volte presidente dell'Iri, presidente della Commissione europea per 4 anni a Bruxelles ), il Professore è sempre sul pezzo. Difficile trovare un incastro tra i suoi vari impegni. Tra una lezione e un convegno, e una passeggiata sotto i portici di Bologna, è sempre lanciato verso qualche nuovo traguardo.«Le dirò: io ero un bartaliano. Mi piaceva anche Coppi, naturalmente. Erano i campioni della generazione. Ma per il vecchio Gino ho sempre avuto una simpatia speciale. Bartali era una macchina a vapore. Quando ha vinto il famoso Tour del 1948 l’Italia è impazzita. Una leggenda. Mi piaceva il suo approccio alle corse. Non mollava mai. Ammiravo la sua continuità. La sua tenacia. Quell'impegno che non viene mai meno. Un valore importante non solo nello sport. E poi non dimentichiamo che il ciclismo è una delle discipline più dure in assoluto. A pedalare si fa fatica, molta fatica… Quando si giudica i corridori , comunque, bisogna sempre ricordarlo».

Professore, negli anni di Bartali e Coppi si usciva dalla guerra, dalla fame. Adesso il ciclismo, come altri sport, esce dalla pandemia, un colpo che mette a dura prova gli italiani. Per salvare la stagione, il Giro d’Italia si correrà in ottobre, la Milano-Sanremo l'otto agosto, il Giro di Lombardia a ferragosto. Le sembra un calendario praticabile? O era meglio far saltare tutto?

No, è stato meglio così. Non fare il Giro, e bloccare tutto, avrebbe provocato danni pesantissimi. Certo, non sarà facile: il ciclismo è per sua natura sport di strada. Come si fa a tenere tutti a distanza di sicurezza? Poi gli alberghi, gli spostamenti. Sarà tutto molto complicato. Ma era necessario far ripartire il movimento per dare una speranza, degli obiettivi. E non perdere gli sponsor. Quanto al calendario, bisogna essere realisti: in un mercato globale, ha pesato la prepotenza della corsa leader, cioè il Tour de France. I maggiori sacrifici toccano agli altri. La forza del Tour, per gli interessi che muove, è ormai indiscutibile. Anche dal punto di vista mediatico, i grandi networki vanno là. E anche quasi tutti i migliori corridori. Però alcuni aspetti non mi piacciono: in Francia domina troppo il mondo degli affari, prevalgono gerarchie severissime. È tutto un po' troppo gigantesco…

E il Giro d'Italia?

Il Giro è più combattuto, più incerto. Dà più emozioni, insomma. Anche come percorsi è più spettacolare. In pochi chilometri si passa dal mare alla montagna. Abbiamo una varietà di paesaggi unica al mondo. In ottobre però sarà dura. In montagna potrebbe far molto freddo, pioggia, neve, tutto è possibile. Il risultato finale potrebbe essere condizionato dal maltempo.

Il Giro è più piccolo. È un po' come il nostro Paese: bello, dinamico, però ci manca sempre qualcosa per tenere il passo con con i big…

Sì, nell'organizzazione, rispetto al Tour, siamo sempre costretti a rincorrere. Ma anche perchè abbiamo un ciclismo meno strutturato, con squadre e sponsor meno potenti. Rispetto al passato il ciclismo si è globalizzato. Ci sono l'Australia, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, gli Emirati Arabi, il Kazakistan. Tanti soggetti in più… Da un lato è affascinante, dall'altro purtroppo abbiamo perso punti. Abbiamo bravi meccanici, bravi artigiani, bravi direttori sportivi che vanno all'estero. È un movimento più a misura d'uomo. Mi vengono ancora in mente le “cotte”, quelle del ciclismo di una volta. Certo, poi è arrivato il doping che ha allontanato tantissima gente.. Quando passa l'idea che uno sport sia inquinato, che si bara, si perde fiducia…

Al Giro come vede Nibali? A quasi 36 anni potrebbe fare il tris…

Beh, Vincenzo è un grande corridore. Non è più giovanissimo, ma credo che possa far bene. È talmente arrabbiato per quella caduta che probabilmente gli fece perdere l'Olimpiade di Rio, che ce la metterà tutta. Ma non sarà facile. Ci sarà ancora Carapaz, il vincitore dell'anno scorso. Poi vedremo… I pronostici sono una cosa, i risultati un'altra. Mi fa piacere che venga Peter Sagan, un fuoriclasse. Non punterà alla maglia rosa, ma farà dei numeri…

Professore, in questo periodo tutti parlano di bicicletta, di piste ciclabili, di sostenibilità e di veicoli non inquinanti. C'è anche un ecobonus per incentivare gli acquisti. È una moda o una vera svolta?

Adesso davanti ai meccanici bisogna fare la fila. È uno dei pochi settori che tira tantissimo. Bene, ma prima di tutto va affrontato il discorso della sicurezza. Seriamente. Non si può parlare di investimenti nel trasporto a due ruote, se prima non si scioglie questo nodo. Che è prioritario. Solo poche regioni, l’Alto Adige in testa, si sono poste davvero il problema creando una rete capillare di piste ciclabili. E soprattutto sicure. Mi spiace dirlo, ma io ho perso un nipote di 18 anni, Matteo, investito mentre andava in bicicletta. Aveva il casco, ma l’abbiamo perso. Bisogna pensare che ora in bici si muoveranno anche persone meno esperte, mamme con bambini, anziani. Gente non abituata alle auto e ai camion che sfrecciano di fianco. Quindi i pericoli aumenteranno. Se vogliamo che la gente vada davvero in bicicletta bisogna dare stabilità a questo cambiamento. Altrimenti sono tutti discorsi propagandistici che non portano a nulla.

Mi scusi, professore, lasciamo pure fuori la politica… Ma Il premier Conte da due anni guida il “gruppo”. Dovesse paragonarlo a un corridore, chi le viene in mente?

(Qui Prodi ha una lunga pausa…. Dall'altra parte del filo si sente un borbottio… un'altra pausa, poi una bella risata, di quelle gioviali all'emiliana, di quando il Professore è di buon umore…) Mah… vede, se proprio devo fare un paragone, ovviamente scherzoso, Giuseppe Conte mi ricorda un pistard. Uno di quelli bravi a muoversi negli spazi brevi, guizzante, lesto a infilarsi nella scia giusta. Ecco, diciamo che non lo vedo scalare lo Stelvio… Però è molto veloce. Poi bisogna dire anche una cosa…

Prego, professore , dica...

Che ultimamente, nelle più famose corse a tappe, si sono imposti quasi sempre grandi pistard. Penso a Froome, a Wiggins. Gente veloce che poi ha imparato a vincere anche nelle prove su strada. Ecco, quindi, venire dalla pista può anche essere un qualità… Una dote che ti fa vincere anche al Tour de France. Eh, eh, sì, il ciclismo è proprio cambiato…


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