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Produzione agricola, l’Italia retrocede al terzo posto nella graduatoria Ue

Il rapporto Ismea: le annate sfavorevoli hanno decretato il sorpasso della Germania, ma nell’export agroalimentare il made in Italy guadagna quote

di Micaela Cappellini

(IMAGOECONOMICA)

3' di lettura

L’Italia retrocede al terzo posto nella graduatoria Ue della produzione agricola. Tutta colpa del cambiamento climatico: siccità, caldo estremo, gelate e alluvioni hanno ridotto la competitività dell’agricoltura made in Italy e hanno determinato il sorpasso della Germania, che ora è il secondo miglior produttore europeo dietro alla Francia, che resta prima. A certificare la retrocessione è l’ultimo rapporto Ismea sull’agroalimentare italiano, presentato a Roma il 17 ottobre alla presenza del ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, e dei presidenti delle principali associazioni dell’intera filiera, dalla parte agricola (Alleanza Cooperative Italiane, Cia, Coldiretti, Confagricoltura, Copagri) alla trasformazione industriale (Federalimentare), fino alla distribuzione (Confcommercio, Ferderdistribuzione, Fipe e Italmercati).

Il peso dell’Italia sulla produzione agricola europea è pari al 14%, ma sale al 37% per il vino, dove è seconda solo alla Francia (43%), e al 33% per l’olio d’oliva, dove segue la Spagna con il 48%. Nella frutta l’Italia copre il 18% della produzione della Ue e tiene testa alla forte concorrenza della Spagna, che ne copre il 28%. Ciò nonostante, dicono gli esperti dell’Ismea, mentre nel decennio 2012-2022 l’industria alimentare ha mostrato un trend di relativa crescita reale, la produzione agricola ha incassato alcune annate sfavorevoli. Oltre agli effetti del clima, sull’agricoltura italiana pesano però anche alcune debolezze strutturali, quali la frammentazione del tessuto produttivo e l’accesso al capitale fondiario.

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Dal lato dell’industria alimentare, invece, l’Italia si posiziona al terzo posto nella graduatoria dei Paesi Ue, dietro la Germania e la Francia. Siamo i primi produttori europei di pasta, (oltre il 73% del fatturato dell’Ue) e abbiamo una quota rilevante nel vino (28%), nei prodotti da forno (21%) nell’ortofrutta trasformata, nell’industria del caffè, del tè e delle tisane e nell’industria molitoria e del riso. Nel 2022 il valore aggiunto della filiera agroalimentare è arrivato a 64 miliardi di euro: 37,4 miliardi generati dal settore agricolo e 26,7 dall’industria alimentare. Il comparto rappresenta il 3,7% del valore aggiunto dell’intera economia, ma se si considerano tutte le fasi a valle della distribuzione alimentare e della ristorazione nonché i servizi necessari per far arrivare i prodotti dal campo alla tavola, la stima del peso dell’agroindustria sul Pil passa al 15,2%.

L’export guadagna quote

Se nella produzione agricola l’Italia ha dunque perso terreno sulla Germania, nell’export agroalimentare la competitività del made in Italy è in aumento. Secondo il rapporto dell’Ismea le esportazioni italiane sono cresciute al ritmo del 7,6% all’anno, maggiore di quello delle esportazioni mondiali (+5,6%), con una quota di mercato che è passata dal 2,8% del 2012 al 3,4% nel 2022. La fetta dell’agroalimentare made in Italy sui mercati internazionali è uguale a quello della Spagna, mentre è inferiore alle quote di Germania e Francia (rispettivamente del 4,8% e 4,3% nel 2022), che però a differenza nostra mostrano una contrazione nel decennio. L’Italia è leader mondiale nell’esportazione di trasformati di pomodoro, pasta, vino, formaggi, mentre la Spagna brilla su ortofrutta, olio d’oliva e carni suine. Nel complesso, considerando i primi 20 prodotti esportati da ciascun paese, l’Italia è seconda solo alla Francia in termini di prezzo medio, mentre Germania e Spagna sono caratterizzati da valori medi inferiori che li mette in condizioni di esercitare una concorrenza di prezzo.

Quanto all’inflazione nel carrello, infine, secondo il rapporto dell’Ismea, in Europa solo la Francia ha fatto meglio di noi, riuscendo a contenere gli aumenti degli alimentari al 6%. In Italia nel 2022 la crescita media dei prezzi per i prodotti alimentari ha raggiunto l’8,1%, ma è stata più contenuta di quella media dell’Ue (+10,2%) e dell’Eurozona (+9%), anche se l’incidenza sul portafoglio delle famiglie è stata maggiore perchè in Italia il reddito pro-capite resta inferiore alla media Ue, con un divario che risulta in progressivo ampliamento nell’ultimo decennio. Diverso il caso delle utenze domestiche, che in Italia sono cresciute nel 2022 di oltre il 35%, quasi il doppio della media Ue (+18%), due volte quelle della Germania e più del triplo della Francia.


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