Produzione industriale invariata a settembre, -2% su anno
Corrono solo i mezzi di trasporto. Male tessile e legno-carta. In nove mesi bilancio negativo del 2,7%
di Luca Orlando
3' di lettura
Settembre debole per la produzione industriale, che tuttavia, a dispetto dei numerosi segnali di rallentamento, si mantiene invariata rispetto ad agosto, superando le attese. Guardando al confronto annuo c’è comunque un calo del 2%: si tratta dell’ottava riduzione consecutiva, all’interno di un trend ribassista avviato a febbraio. Si registrano incrementi tendenziali solo per i beni strumentali (+2,6%) mentre calano l’energia (-0,4%), i beni intermedi (-2,6%) e in misura più marcata i beni di consumo (-6,5%).
Media sostenuta dai mezzi di trasporto, in crescita di oltre 11 punti, eccezione all’interno di un quadro settoriale mediamente negativo, dove solo farmaceutica e chimica presentano lievi aumenti. In rosso tutti gli altri comparti, con le flessioni più significative per tessile-abbigliamento e legno-carta, in entrambi casi in calo di oltre il 10%. Legno-carta è il settore più penalizzato del 2023, con una produzione in discesa di quasi 15 punti.
Con il dato di settembre, il bilancio dei primi nove mesi dell’anno per la produzione è in rosso del 2,7%.
Segnali di raffreddamento che con varia intensità arrivano peraltro da più settori. Le commesse di macchine utensili sul mercato interno, ad esempio, nel terzo trimestre si sono esattamente dimezzate. Mentre dopo un 2022 positivo (+6%), è al palo il comparto di valvole e rubinetti, che nelle previsioni della federazione di categoria Anima si fermerà a 9,35 miliardi di produzione, in linea con i valori dell’anno precedente. Rallentamento visibile anche nell’ultima rilevazione della camera di commercio italo-germanica sulle aziende tedesche presenti in Italia: se in primavera a giudicare favorevolmente la situazione era un robusto 62% del campione, oggi si scende a quota 39%. Quello di una stasi diffusa è del resto lo schema previsivo più ampio indicato da Prometeia e Intesa Sanpaolo, che stimano per il 2023 ricavi dell’industria italiana a quota 1169 miliardi: una magra crescita dello 0,7% in valori correnti, un calo dello 0,6% se si guarda al fatturato reale, tenendo conto della crescita media dei prezzi.
Le difficoltà per consumi e investimenti
I nodi sono evidenti da mesi: un calo della domanda interna e internazionale “figlia” di più fattori, dall’incertezza geopolitica che insieme al caro-tassi limita gli investimenti all’erosione del potere d’acquisto delle famiglie, costrette ad esborsi crescenti per bollette e mutui. Un esito concreto è la discesa delle vendite al dettaglio, dove in termini di volumi settembre produce il quarto calo mensile consecutivo: per trovare un indice più basso si deve tornare a gennaio 2021, alle ultime fiammate del Covid. Evidente, inoltre, il progressivo indebolimento della domanda internazionale, con un export passato dal +20% dello scorso anno ad un magro +2,3% dei primi otto mesi 2023, frenato anche dalla debolezza della Germania, i cui acquisti di made in Italy sono invece in calo. Le ricadute negative sul sistema sono visibile ad esempio nei dati sui fallimenti. Se nell’industria i 328 casi registrati nel terzo trimestre sono lontani anni luce dai livelli dei periodi più bui (quasi mille tra ottobre e dicembre 2014), si tratta pur sempre di un balzo del 21% rispetto allo stesso periodo del 2022, terzo incremento trimestrale consecutivo.
Europa in frenata
Gelata manifatturiera che coinvolge a settembre anche Francia (-0,5% mensile), Regno Unito (crescita zero a settembre) e soprattutto la Germania, dove la produzione industriale si riduce dell’1,4% rispetto ad agosto: per la maggiore economia continentale si tratta del quarto mese consecutivo in calo. Nei confronti dello stesso mese 2022 il calo è deciso, pari al 3,7%, con un indice che si allontana sempre più dai livelli pre-Covid. A ridurre le medie è anche il settore auto, che dopo mesi di progressi a settembre inverte la rotta: le 340mila vetture prodotte in Germania nel mese rappresentano un calo dell’8% su base annua (ma erano ben 416mila a settembre 2019, prima del Covid) mentre in termini di mercato di sbocco le immatricolazioni sono al palo, a crescita zero.
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