Manifattura

Produzione record in Lombardia

Crescita a doppia cifra nel quarto trimestre e ordini boom, oltre i livelli pre-Covid. Le incognite su forniture e prezzi dell’energia.

di Luca Orlando

(Seventyfour - stock.adobe.com)

4' di lettura

A gennaio e febbraio forse no, viste le prime stime nazionali. Ma i numeri del quarto trimestre in Lombardia sono ancora fortemente positivi, con le ultime rilevazioni di Unioncamere Lombardia a registrare un periodo di crescita rilevante su tutte le principali variabili. Regione che riesce così a concludere l’anno in grande spolvero, con una produzione industriale in crescita del 2,3% congiunturale e di oltre 11 punti su base annua.

Progresso che consente di chiudere complessivamente il 2021 non solo (ed era scontato) in forte crescita rispetto al 2020 (+15,6%) ma di allungare anche oltre i livelli del 2019, superati ora di più di quattro punti.

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Esito di una domanda robusta, che a giudicare dai dati sugli ordini raccolti (in aumento di quasi il 20% sia in Italia che all’estero) proseguirà anche nei prossimi mesi, fieno in cascina che porta a 81 i giorni lavorativi di produzione assicurata, sui massimi di sempre. Tempi dilatati che in parte possono essere spiegati dalle difficoltà nel reperimento dei materiali ma che comunque indicano un’attività sostenuta. Diversamente, infatti, il tasso di utilizzo degli impianti non darebbe indicazioni così buone, raggiungendo il 77,7% nell'ultimo trimestre. In accelerazione rispetto alla media del 2021 (75,8%) ma anche oltre i livelli pre-covid del 2019 (75,1%).

Attività robusta ma come detto almeno in parte frenata dai vincoli della supply chain: la scarsità delle scorte rimane infatti un fattore di rischio per l'attuale fase espansiva, con giudizi in questo senso sia per le materie prime che per i prodotti finiti. Scarsità che pare superata per le aziende più strutturate e che invece è più grave per le realtà di minori dimensioni.

In prima linea nella ripresa i settori della siderurgia, meccanica, chimica, gomma-plastica e minerali non metalliferi, mentre si confermano le difficoltà per il sistema moda (abbigliamento, tessile e pelli-calzature), unico macro-comparto, insieme a legno-carta a trovarsi in rosso rispetto ai livelli del 2019.

Segnali positivi anche dal lato del lavoro. I flussi in ingresso e in uscita si mantengono stabili su livelli alti ed equiparabili ma ad ogni modo il saldo, pur ridotto (+0,2%) è positivo per il quarto trimestre consecutivo. Le imprese stanno anche riassorbendo il personale in cassa integrazione riducendo sensibilmente il ricorso a questo ammortizzatore. Al saldo quasi nullo dei flussi, in questo trimestre, si associa una stabilizzazione della quota di aziende che hanno fatto ricorso alla Cig, pari al 9,1%.

Come risultato della crescita, nel quarto trimestre l’indice della produzione si avvicina a così a quota 120, aggiornando il massimo storico. Ancora più forte lo slancio dei ricavi (ora a quota 153, prendendo come base 100 il 2010), protagonisti di una crescita trimestrale di quasi 20%, circa il doppio rispetto alla produzione per effetto di un deciso aumento dei listini.

La crescita potenziale della produzione - spiegano tuttavia i relatori della ricerca - è minata dalla crisi delle catene di fornitura e il caro energia. Molte imprese hanno ricchi portafogli ordini che non riescono ad evadere a causa della mancanza di materie prime e componenti, ed altre sono costrette a ridurre o sospendere la produzione per costi dell'energia per loro non insostenibili. Nel corso del mese di dicembre ci sono stati segnali di rallentamento della produzione, che però non hanno influito particolarmente sul risultato complessivo del quarto trimestre in Lombardia.

Uno scoglio non banale è rappresentato dai prezzi, con i rincari di beni energetici, materie prime e componenti che solo in parte riescono ad essere trasferiti sui listini di vendita. Nel corso del 2021 i prezzi dei prodotti sono lievitati di 11 punti, quelli delle materie prime quasi tre volte tanto.

Anche se con qualche ripiegamento rispetto ai massimi recenti, le aspettative delle aziende sull'andamento della domanda rimangono positive. Ancora in miglioramento le aspettative occupazionali per il prossimo trimestre.

«Mai come in questo caso - commenta il presidente di Confindustria Lombardia Francesco Buzzella - vorrei che venissero riconosciuti i meriti dell'impresa che ha tenuto in piedi l'economia italiana riuscendo oltretutto a trainare l'industria europea. Anche il mercato del lavoro gode di ottima salute nonostante le aziende stiano attraversando una fase di difficoltà nel reperire risorse professionali specializzate. Il gap rischia di diventare un freno alla competitività delle imprese come lo stanno rappresentando i rincari energetici e la riduzione delle scorte di magazzino. I segnali che ci arrivano dai territori, già a fine dicembre ma più diffusi nel 2022, sono di rallentamenti indotti alla produzione per la necessità di diminuire l'impatto dei costi energetici sui bilanci. Oltre ad auspicare una risoluzione strutturale della questione energetica – attraverso un aumento della disponibilità di energia (gas e fonti rinnovabili) - le imprese chiedono che venga messo un freno all'inflazione perché nuovi shock potrebbero vanificare le performance e il clima di fiducia che si è ricreato nel corso del 2021».

«La domanda - commenta il Presidente di Unioncamere Lombardia Gian Domenico Auricchio - rimane vivace con aspettative ancora positive, anche se caratterizzate da un ottimismo più contenuto. Rimane alta l'attenzione per l'incremento dei prezzi delle materie prime e dell'energia, generando preoccupazione negli imprenditori anche per l'incertezza sui tempi di normalizzazione delle dinamiche di costi e prezzi».

«Oggi - dichiara l'Assessore allo Sviluppo Economico della Regione Lombardia Guido Guidesi - la nuova pandemia, quella energetica, rischia di frenare completamente una ripresa che sembrava essere senza precedenti. Paradossale non riuscire a produrre nonostante i tanti ordinativi. Spero che tutti i ritardi di intervento, rispetto alla calmierazione dei costi dell'energia, vengano affrontati emergenzialmente perché di emergenza stiamo parlando».

Un segnale incoraggiante arriva dal lato degli investimenti. Dopo la battuta d’arresto del 2020 la quota di aziende che investe (62%) torna a ridosso dei livelli pre-pandemici e guardando a quanti hanno agito si nota una più alta propensione verso l’incremento. Il rimbalzo è quasi naturale tenendo conto del calo 2020, e tuttavia non era scontato vedere quasi otto aziende su dieci (tra quanti hanno investito) mettere sul piatto risorse aggiuntive rispetto all’anno precedente, pur in una fase in cui le incertezze sul futuro restano ancora in gran parte sul tavolo.

Ottimismo confermato per l’anno in corso: a pensare di investire è il 63% del campione, il massimo di sempre, livello toccato in precedenza solo nel 2018.

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