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Professionisti, arriva l’equo compenso ma gli importi sono già vecchi

Prima del via libera finale alla legge categorie in pressing per i parametri ancora fermi al 2012-13. Aggiornati solo quelli degli avvocati

di Valeria Uva

Commercialisti: intervenire su doppia tassazione e equo compenso

3' di lettura

Il diritto a un compenso equo per i professionisti può diventare legge a breve, ma la strada verso una remunerazione giusta, commisurata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, sarà lunga.

Approvato in prima lettura dalla Camera, il Ddl sull’equo compenso ha iniziato l’iter al Senato, in sede redigente e la maggioranza preme per un via libera veloce. D’accordo anche buona parte del mondo professionale: da ProfessionItaliane, Adepp e Confprofessioni è arrivato l’invito al via libera, con l’idea di allargare subito dopo il perimetro della legge. Contrario il Colap.

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Ma, al di là del principio, per stabilire se un compenso è o no «equo» si guarderà ai parametri. E qui cominciano le difficoltà: perché – eccezion fatta per gli avvocati – i parametri o non ci sono o sono vecchi e incompleti.

Cosa sono i parametri

Sono degli importi stabiliti con decreto ministeriale, per ogni categoria e attività, finora utilizzati solo in caso di lite sulle parcelle. Con l’equo compenso saranno il punto di riferimento per professionisti e grandi clienti, tanto che qualcuno non esita a definirli «nuove tariffe», al posto di quelle cancellate dalle «lenzuolate» di Bersani. Sono stati fissati dal Dm 140/2012 per commercialisti, notai, professionisti tecnici e assistenti sociali. Mentre gli avvocati possono contare su un decreto ad hoc aggiornato da poco.

Il quadro

Gli altri partiranno da compensi vecchi. «Nel nostro caso anche incompleti – segnala Franco Mazza, consigliere del Consiglio nazionale commercialisti – mancano molte attività tra cui gli arbitrati, la partecipazione agli organismi di vigilanza 231, tutta la consulenza aziendale». Il Cndcec sta già lavorando alla revisione da sottoporre al ministero della Giustizia una volta approvata la legge: «Credo sia necessario anche per noi come per gli avvocati introdurre anche un compenso orario», conclude Mazza. Più tranquilli i consulenti del lavoro, che hanno dal 2013 parametri ad hoc: «Tutte le nostre attività in campo lavoristico e fiscale sono già coperte – precisa Rosario De Luca, presidente del Consiglio nazionale – manca soltanto la crisi di impresa troppo recente». «Ma serve l’adeguamento all’inflazione – conclude – per quello che è di fatto il nostro salario minimo».

Allarmati ingegneri e architetti che per i lavori pubblici hanno un riferimento del 2016, “dimenticato” però dal nuovo Codice dei contratti. «I nostri parametri sono comunque superati – sostiene Francesco Miceli, presidente del Consiglio architetti – il nuovo studio di fattibilità, ad esempio, richiederà prestazioni più complesse non previste dagli attuali parametri, ma neanche la redazione di un certificato energetico è contemplata». Il problema dell’aggiornamento è sentito anche dagli ingegneri. «Mancano punti di riferimento per strumenti nuovi ma ormai molto diffusi come il Bim – aggiunge Domenico Condelli, consigliere Cni – senza contare che i nostri parametri si riferiscono solo all’ingegneria civile e dimenticano tutte le altre specializzazioni». Per entrambi la revisione è già in corso all’interno della Rete delle professioni tecniche.

Le professioni senza Ordine

Tributaristi, consulenti legali, Ctu, archeologi e traduttori. Per tutte le professioni non regolamentate il Ddl Meloni prevede i parametri per la prima volta, da creare coinvolgendo le associazioni iscritte all’elenco del ministero delle Imprese. «È una strada impraticabile – tuona la presidente del Colap, Emiliana Alessandrucci – perché nel nostro mondo nascono ogni giorno nuove professionalità, impossibile racchiuderle in un decreto, a meno di non voler consegnare poteri di proposta e vigilanza sui compensi agli Ordini». E su questo Colap promette di difendersi «anche con ricorsi al Tar».

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