lavoratori DIMENTICATI

Professionisti del settore culturale, chi sopravviverà?

Nonostante i prodotti culturali abbiamo riempito i tempi lenti del lockdown, i lavoratori della cultura continuano a soffrire la mancanza di misure di sostegno ad hoc

di Roberta Capozucca

Luoghi senza strada - Mario Merz, 1979. Opera esposta presso HangarBicocca. (Foto Clara Bigoni)

4' di lettura

Se l'impatto dell'emergenza Covid-19 è stato devastante per tutti i comparti economici del nostro Paese, ancora più lo è stato per il mondo della cultura: un settore frammentario, dove operano una moltitudine di micro-imprese e liberi professionisti a cui si esternalizzano servizi indispensabili per la vita delle grandi istituzioni, ma che raramente vengono presi in considerazione dalle strategie di governo. Mentre si attende di capire come verranno implementati i fondi stanziati dal nuovo Decreto Rilancio, è diventato urgente parlare dell'intera platea dei lavoratori culturali, anche di quelli satelliti, perché se oggi gli aiuti non venissero estesi a tutti, si rischierebbe di metterne davvero a repentaglio il sistema produttivo.

Ma di chi parliamo?
Tutti quei professionisti impiegati nelle cosiddette filiere creative e culturali che hanno caratteristiche, forme giuridiche e normative di riferimento molto diverse fra loro: in questa stessa categoria ricadono, infatti, sia i dipendenti di un museo con contratto pubblico che i collaboratori delle cooperative che ne gestiscono le attività educational, ma anche i ballerini di una compagnia teatrale frequentemente caratterizzati da contratto d'opera o i titolari di piccole case editrici che spesso figurano come amministratori in regime di co.co.co senza dipendenti, per non parlare del sempre dimenticato mondo dell'associazionismo territoriale, che in questo momento non può neanche accedere agli ammortizzatori sociali.
Difficile dire con precisione a quante persone ci riferiamo; secondo gli ultimi dati dell' Eurostat sull'occupazione culturale in Europa aggiornati al 2018, negli allora 28 paesi paesi dell'Unione (il conteggio includeva anche il Regno Unito) si contano circa 8,7 milioni di impiegati, il 3,7% del totale europeo. Sempre secondo i dati Eurostat, in Italia il settore coinvolge circa 830.000 persone di cui il 46% è freelance, quasi il doppio rispetto alla media italiana degli altri settori, in cui la percentuale si aggira attorno al 22%. Un dato significativo per il nostro Paese, dove spesso essere un freelance è sinonimo di precarietà più che di indipendenza, come suggerirebbe il termine; artisti, autori, registi, guide turistiche, tecnici, mediatori, curatori, operatori culturali, progettisti e molte altre professionalità che in questa crisi rischiano di essere totalmente travolti dalla mancanza di adeguate forme di previdenza e assistenza.

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I grandi esclusi
Proprio la frammentazione delle forme, delle modalità e dei termini dei rapporti di lavoro costituisce un universo difficile da far rientrare in maniera unitaria nei provvedimenti nazionali. Indicativo è il caso dei lavoratori autonomi, a cui per il mese di marzo il D.L. 18/2020 “Cura Italia ha concesso un bonus indennità pari a 600 euro, che sembrerebbe confermato anche per i mesi di aprile e maggio dal Decreto Rilancio. Ovviamente la domanda di contributo è stata accessibile sia agli artisti che agli operatori del sistema culturale dotati di partita Iva, nonché ai lavoratori iscritti al Fondo Pensioni Lavoratori dello spettacolo.

Ma quanti sono stati esclusi? Secondo il report pubblicato dall'Inps, nel mese di marzo sono state presentate 4.71 milioni di domande, di cui 45.649 provenienti dai lavoratori dello spettacolo per un totale di 25.552 domande accolte. Nonostante ciò, come dichiara Demetrio Chiappa presidente di Doc Servizi , la più grande cooperativa italiana nel settore dello spettacolo: “inizialmente questa misura non si applicava agli intermittenti dello spettacolo, che pur essendo professionisti fondamentali nel settore sono stati completamente dimenticati dal Decreto di aprile, ricevendo dopo numerose battaglie la compensazione del mancato reddito di marzo attraverso l'assegno di ultima istanza riservato a chi non ha protezioni, come se il loro fosse un hobby e non un lavoro vero”.

Ma, se gli intermittenti dello spettacolo sembra siano riusciti a far valere i propri diritti ottenendo il bonus di 600 euro con il Decreto Rilancio, i grandi esclusi rimangono gli artisti visivi che mancando di associazioni di settore o enti di tutela specifici non riescono ad avere potere contrattuale nella partita politica che si sta giocando in questo momento. Nonostante il ministro Franceschini, in una delle ultime audizione al Senato, avesse assicurato che “nessun soggetto, nessun artista, nessun musicista, anche il più indifeso, verrà lasciato solo in questo attraversamento del deserto”, ancora una volta gli artisti visivi sono stati ignorati dalle misure nazionali e quindi, anche per i prossimi mesi, non riceveranno alcun sostegno al reddito. Come approfondito nei giorni scorsi su queste pagine dal dossier Artisti ed Emergenza, la maggioranza degli artisti italiani è privo di partita Iva o non risulta iscritto a forme di previdenza sociale specifica. Per mappare questo mondo non sono stati consultati gli elenchi degli artisti che ricevono il Diritto di seguito dalla Siae , nè l’elenco del controverso Fondo PSMSAD dell'Inps, che di fatto fornisce soltanto finanziamenti per progetti specifici. Si sa, si tratta di una categoria professionale caratterizzata da forme contrattuali atipiche, da una diffusa parcellizzazione, discontinuità dell'impiego, spesso legato a “retribuzioni” alternative come la visibilità, ma questo non vuol dire che non sia una professione che meriti tutele, che oggi più che mai hanno l'urgenza di essere definite.

La cultura non è un hobby
Sullo stesso tema ha fatto, recentemente, molto discutere anche il bando Refocus , lanciato dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del MiBACT per raccogliere opere di giovani fotografi a lavoro sul tema delle misure restrittive nelle città italiane durante l'epidemia di Covid-19. Il concorso, che inizialmente non prevedeva alcuna remunerazione ma solo un'occasione di visibilità per i giovani professionisti under40, dopo numerose osservazioni e petizioni online, ha dovuto rivedere i suoi contenuti introducendo per ciascuno dei 20 autori che saranno selezionati un riconoscimento simbolico di 2.000 euro, quale corrispettivo per la cessione dei diritti di utilizzo delle immagini per la pubblicazione online o cartacea.

Proprio nel cuore della crisi e nell'ansia di una catastrofe economica, risulta urgente tracciare un nuovo orizzonte di lavoro che traduca in azioni la consapevolezza della profonda diversità e fragilità del settore, individuando in maniera puntuale le aree di esclusioni emerse, e che emergeranno, nei provvedimenti di sostegno e di aiuto. In questo momento, proteggere i professionisti della cultura non è una questione di etica, ma una risposta alla necessità di contenere i danni strutturali e patrimoniali che altrimenti saranno causati all'intero sistema.

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