Politica Economica

Pronte le nuove stime del Pil, ma cosa succede se ripartono i contagi?

Per frenare l’effetto sull’economia di una potenziale recrudescenza dell’epidemia serve agire su più fronti. Ecco quali

di Dino Pesole

(ANSA)

4' di lettura

Tra breve il Governo scoprirà le carte e renderà note le previsioni aggiornate sull'andamento dell'economia e della finanza pubblica. Stime che aggiornano il quadro previsionale dello scorso aprile e che sono come prevedibile fortemente condizionate dagli sviluppi della pandemia. Per l’anno in corso si va verso una contrazione del Pil attorno al 9% e per il 2021 è atteso un rimbalzo del 6%. Stime che dovranno inevitabilmente essere ulteriormente aggiornate in corso d’opera a seconda di come evolverà la curva dei contagi. Pil e pandemia corrono dunque paralleli e inducono alla massima prudenza. Del resto, tutte le previsioni che vengono messe a punto in questa fase da istituzioni interne e internazionali aprono la strada a due scenari: il primo, più favorevole, che consente di stimare un rimbalzo anche sostenuto nel 2021, che potrebbe favorire un ritorno ai livelli pre-Covid nel 2022. L’altro, meno favorevole che sconta una ripresa sostenuta dei contagi negli ultimi mesi del 2020 e i primi mesi del prossimo anno.

Perché è importante la stima del Pil?

Con l’aggiornamento delle variabili macroeconomiche che il Governo si accinge a inserire della Nadef (la Nota di aggiornamento del Def), viene in sostanza definita la cornice entro la quale si collocherà la prossima manovra di bilancio, con annesse le prime indicazioni su come verranno utilizzate le prime tranche del Recovery Fund europeo. Importante è l’asticella della crescita, che determina le proiezioni su debito e deficit. Variabili decisive agli occhi dei mercati ma anche dei partner internazionali. Si tratta di stime, certo, che data l’attuale estrema incertezza sull’andamento dell’epidemia possono anche rivelarsi a consuntivo non del tutto esatte. Pur con questi limiti, l’esercizio previsionale è di notevole importanza perché rappresenta pur sempre la fotografia più aggiornata dello stato di salute dell’economia, con gli effetti “tangibili” della grave recessione in corso sul versante dell’occupazione.

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Primo, non sprecare le risorse

Come prevenire l’impatto sull’economia della possibile, nuova impennata dei contagi? La strada per evitare che l’effetto sull’economia della nuova impennata dei contagi sia il più possibile contenuto è agire su più fronti. Il primo fronte è il Recovery Fund che mette a disposizione del nostro Paese 209 miliardi, tra prestiti e sovvenzioni, da indirizzare in progetti e riforme declinati in chiave green e di potenziamento di quella che potremmo definire economia digitale. È un’occasione unica per recuperare quote di produttività che langue da decenni, per spingere sull’innovazione, sul potenziamento delle infrastrutture materiali e immateriali. Se ben utilizzati, quei fondi (che comunque cominceranno ad affluire non prima della metà del 2021) saranno la carta decisiva per creare sviluppo stabile e sostenibile. Gli effetti sull’intero settore produttivo del Paese non tarderanno a manifestare la loro forza d’urto. Se viceversa, i fondi verranno dispersi in mille rivoli, senza un progetto di paese che li unifichi, oppure non si riuscirà a spenderli come purtroppo è avvenuto per decenni sul versante dei fondi strutturali e degli aiuti europei in generale, quello che avremo dinnanzi sarà un lento, inesorabile declino. Dunque la partita è decisiva e va giocata con grande forza e determinazione.

I vantaggi del ricorso al Mes

Il secondo fronte è la sanità. L’impennata dei contagi impone di rafforzare al massimo l’intero sistema sanitario nazionale. Come ci stanno da tempo dicendo gli esperti e gli scienziati, il problema diverrebbe molto serio se l’impennata dei contagi finisse (come accaduto in marzo e aprile) per stressare i pronto soccorso e le terapie intensive, soprattutto al Sud. E questa è l’altra strada obbligata per attutire gli effetti sull’economia del nuovo, prevedibile aumento dei contagi. C’è il Recovery Fund, le cui risorse potranno essere utilizzate anche per gli interventi infrastrutturali negli ospedali, e c’è il Mes, che mette a disposizione attraverso la nuova linea di credito diretta a far fronte ai “costi diretti e indiretti” della sanità 36 miliardi. Certo, si tratta di un prestito, che dunque andrà restituito ma a tassi decisamente più vantaggiosi rispetto a quanto costerebbe reperire la stessa somma sul mercato.

Spendere tutto e bene

Da questo punto di vista, ad di fuori e al di là della polemica politica (il M5S resta contrario), vale quanto ha affermato al Festival dell’Economia di Trento il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco: non vi è alcun “effetto stigma”, e se a ricorrere al Mes dovesse essere un solo paese (o solo alcuni) dovrebbe essere Bruxelles a dipanare ogni ulteriore, residuo dubbio. «Dal punto di vista economico – ha detto Visco – il Mes dà solo vantaggi. La sola condizionalità è spendere bene i soldi nell’ambito della sanità». Spendere bene, dunque, e non è un caso che Visco ponga l’accento su questo aspetto, e che le sue considerazioni si estendano alle risorse del Recovery Fund. In conclusione, per evitare che l’autunno e l’inverno che ci attendono insieme alla pandemia “contagino” in modo irreparabile anche l’economia e il tessuto produttivo del Paese, occorre un drastico cambio di marcia: spendere bene tutte risorse a disposizione, dal Recovery Fund al Mes, al fondo Sure. Questa volta non vi saranno prove d’appello.

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