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Pronti, partenza... stop! Come affrontare l’inerzia che ci frena

Perché facciamo così fatica ad avviare un nuovo progetto o ad abbracciare un cambiamento?

di Nicola Chighine *

3' di lettura

Chi ben comincia è a metà dell’opera, così recitava un vecchio adagio. Ma se il tema non fosse il come, ma l’atto stesso dell’iniziare qualcosa?

Perché facciamo così fatica ad avviare un nuovo progetto, ad abbracciare un cambiamento, a lanciarci in una nuova attività? E come si può affrontare la subdola inerzia che ci frena quando siamo sul punto di intraprendere?

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Questo è uno dei temi che ho affrontato più spesso nella mia attività da coach: cambia l’abito con il quale si presenta, variano le storie, le narrazioni con il quale viene presentato, ma alzando lo sguardo, si possono facilmente scorgere dei pattern, delle dinamiche e dei tratti identificativi ricorrenti. Ho così identificato e schematizzato quattro categorie principali di sabotatori del cambiamento. Lungi da me la volontà di rappresentarne una fenomenologia completa, l’intento è piuttosto fornire uno strumento di auto-osservazione e di costruzione di consapevolezza.

Per divertissement e per dare incisività al messaggio, ho tratteggiato i pensieri limitanti come fossero delle maschere o, più contemporaneamente, delle Personas.

Il Procrastinatore seriale

Campione nel trovare un impegno, un impedimento, una priorità diversa rispetto all’attività che vuole iniziare. Il Procrastinatore seriale trova sempre delle ragionevoli motivazioni per rimandare, poco importa se si tratta di iscriversi in palestra o iniziare a lavorare alle prime pagine di quel libro che da tempo vuole scrivere.

Il Mai Pronto

Come il nome suggerisce, non si sente mai adeguato, attrezzato e quindi pronto per intraprendere qualcosa di nuovo. La sua pratica preferita è rifugiarsi nell’ennesimo corso di perfezionamento, master di aggiornamento, libro, tutorial che lo autorizzi a posporre la fase attuativa. Questo auto-inganno è particolarmente perfido perché si presenta come pensiero consapevole e strategico, quando in realtà continua solo a spostare il focus dall’azione alla preparazione.

Il Pianificatore strategico

Che sia una semplice to do list oppure un sofisticato gantt, Il Pianificatore strategico dedica tutto il suo tempo e le sue energie alla pianificazione. Questa dinamica può sembrare, a prima vista, corretta e funzionale, d’altronde tutti i corsi di project management ci hanno insegnato che la pianificazione è fondamentale per raggiungere buoni risultati. E fin qui siamo anche d’accordo, ma quando la pianificazione non finisce mai? Se non si passa alla fase attuativa, quello che rimane è al più un potenziale inespresso e un’opportunità sprecata.

La Volpe (e l’uva)

Ce lo insegnava già Esopo con la sua celebre favola, questo autoinganno ci porta a rinunciare a qualcosa, sminuendone l’importanza, perché sembra difficile o perché pensiamo di non avere i mezzi adatti per raggiungerlo.

Quante volte non abbiamo iniziato un progetto, accettato una sfida, cambiato qualcosa della nostra vita, cadendo in uno o più di questi auto-inganni?

Molte, ed il motivo è semplice quanto granitico: vogliamo essere felici e tenere a debita distanza qualsiasi forma di dolore e sofferenza. Meglio non fare, che andare incontro alla paura di fallire, di non essere all’altezza, di non farcela o di tradire le aspettative di qualcun altro.

Tutti questi sabotatori hanno infatti una radice comune, un nucleo generativo rappresentato dalla convinzione limitante di non essere all’altezza della situazione. Per quanto i sabotatori siano radicati e perfidi, il provare a gestirli è un passaggio obbligato per il cambiamento.

Come? Vi suggerisco tre strategie:

Nutrire la propria autoefficacia

Lo psicologo canadese Albert Bandura ci insegna che la prima e più potente leva dell’autoefficacia sono le esperienze dirette. Prendiamoci allora il tempo e lo spazio per ricordarci di tutte le volte che ce l’abbiamo fatta, di tutte le situazioni in cui siamo riusciti a scardinare uno status quo e abbracciare un cambiamento, anche se difficile.

Ripartire dal perché

Qual è la motivazione vera, profonda, dietro al progetto che si vuole intraprendere? Quali valori si vogliono onorare? Risintonizzarsi sui propri perché, sul proprio purpose alimenta e sostiene nel tempo la motivazione intrinseca: il vero e proprio motore dell’azione.

Usare il potere della vulnerabilità

A metà degli anni ’80 una famosa marca di dopobarba riempiva l’etere con lo slogan “Per l’uomo che non deve chiedere mai”. Questo messaggio, oltre che celebrare un machismo ormai fuori dal tempo, presentava la semplicistica equazione: forza uguale non aver bisogno di chiedere (aiuto).

Invece, e qui consiglio gli scritti di Brené Brown per chi volesse approfondire, accettare la vulnerabilità in un processo di cambiamento è sinonimo di profonda consapevolezza e concede lo spazio agli altri per aiutarci e sostenerci.

* Consulente Newton Spa

Riproduzione riservata ©

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