ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùIl processo Ruby-ter

Ruby ter, proscioglimento obbligato per Berlusconi: le «olgettine» non erano testimoni

Una nota del presidente del Tribunale chiarisce che le imputate non potevano essere considerate testimoni, piuttosto indagate per reato connesso

di Giovanni Negri

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2' di lettura

Non erano testimoni, né potevano esserlo. Piuttosto indagate per reato connesso sulla base di «indizi non equivoci a loro carico». E quindi le cosidette “olgettine” non potevano essere accusate né di falsa testimonianza, né di corruzione in atti giudiziari. E se non c'è un corrotto, allora neppure c'è un corruttore. Il fatto perciò non sussiste. In attesa di leggere le motivazioni del proscioglimento di Silvio Berlusconi e di altri 28 imputati nel processo milanese Ruby ter, a spiegare sinteticamente l'inevitabilità giuridica della decisione è una nota del presidente del tribunale di Milano Fabio Roia. Intervento di per sé inusuale, tuttavia ammesso dalle linee guida sulla comunicazione dell'ufficio giudiziario, e comunque importante perché utile a fare chiarezza sul profilo di diritto della vicenda.

La falsa testimonianza

Roia, nella sua nota, spiega come sulla base degli elementi di fatto che verranno dettagliatamente illustrati nella motivazione della sentenza, il Tribunale ha accertato che le imputate non potevano legittimamente rivestire l’ufficio pubblico di testimone nei procedimenti Ruby e Ruby bis «perché sostanzialmente indagate di reato connesso». Gli indizi a loro carico risultavano dagli atti dei procedimenti in cui le stesse sono state sentite come testimoni. Questo accertamento, si legge, «sulla qualità soggettiva in capo alle imputate dei reati contestati incide sulla stessa possibilità di configurare sia la falsa testimonianza che la corruzione in atti giudiziari». La falsa testimonianza, infatti, chiarisce il presidente Roia, «può essere commessa solo da chi legittimamente riveste la qualità di testimone». Le giovani donne imputate, andavano, invece, indagate e sentite con la presenza di avvocati e la possibilità di non rispondere.

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La corruzione in atti giudiziari

La corruzione in atti giudiziari, poi, richiede necessariamente che il soggetto corrotto sia un pubblico ufficiale. E facendo riferimento a sentenze precedenti della Cassazione, Roia sottolinea che il giudice deve «verificare se il dichiarante che si assume essere stato corrotto sia stato o meno correttamente qualificato come testimone». E poiché «le persone chiamate a rendere dichiarazioni nei processi» andavano «correttamente qualificate come indagate di reato connesso e non testimoni, non solo non è configurabile il delitto di falsa testimonianza ma neppure il reato di corruzione in atti giudiziari, mancando la qualità di pubblico ufficiale (nella specie: testimone) in capo al ’corrotto’».

Il ruolo di Berlusconi

Così l’elemento costitutivo della condotta di corruzione non «può sussistere nemmeno nei confronti dell’ipotizzato corruttore, nel caso di specie Berlusconi». Infatti, la corruzione in atti giudiziari, codice penale alla mano, presuppone necessariamente un accordo tra il pubblico ufficiale corrotto e il corruttore.


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