Puglia, esplode la crisi dell’auto: dopo Bosch si temono altri esuberi
Dall'azienda tedesca il primo annuncio di 700 esuberi, sul comparto pesanti ricadute del passaggio all'elettrico
di Vincenzo Rutigliano
4' di lettura
Arrivano anche fondi regionali del nuovo ciclo di programmazione Ue 2021-2026 per sostenere la riconversione industriale dell’automotive barese, alle prese con la transizione ambientale e il passaggio repentino al motore elettrico. Il settore è in crisi: proprio da Bari, da Bosch Tecnologie Diesel, arriva il primo annuncio di 700 esuberi in 5 anni . Bosch in Puglia produce iniettori common rail per i motori diesel. Proprio quelli prossimi al termine entro il 2035. Per questo occorre intervenire la rotta in fretta, prima che sia troppo tardi, e usare parte dei 7 miliardi di risorse Ue della nuova programmazione pugliese per sostenere la riqualificazione del comparto. Questa è una delle strade possibili, secondo Leo Caroli, responsabile task force regionale per l’occupazione,«perchè arginare gli esuberi, oggi di Bosch e domani di chissà chi altri, non serve». Occorre sostenere la riconversione complessiva e premiare con misure agevolative, l’azienda che investe nella reindustrializzazione «con misure agevolative – dice Caroli – uguali a tutte le altre imprese, altrimenti non si riconvertirà». Sono necessarie perciò politiche industriali di sistema e strumenti indispensabili per evitare a Bari una vera e propria desertificazione industriale.
L’automotive a Bari ha infatti un peso decisivo sull’economia regionale. A giugno scorso vi è stata una contrazione dell’export del 18,8% (in valore 411 milioni) di componentistica e motori per auto, rispetto allo stesso periodo del 2020, peggiorando la performance delle esportazioni della Puglia rispetto all’andamento di tutte le altre regioni del Sud. Il caso Bosch – di fatto la prima crisi aziendale provocata in Italia dal passaggio all’auto a trazione elettrica – è esemplare della crisi dell’intero comparto, sorpreso dalla velocità del passaggio al motore elettrico. Nè l’automotive a Bari può sopravvivere solo con qualche linea di componentistica per il motore elettrico. Come per la produzione di un solo componente delle bici elettriche, pure avviata in Bosch, ma che occupa a Bari, al momento, solo 50 addetti, dunque insufficiente ad azzerare o limitare gli esuberi denunciati. L’unica chance è affidare allo stabilimento di Modugno il montaggio di tutto il motore delle bici elettriche, recuperando così altri 200-300 addetti dei 1.700 in forza allo stabilimento.
Vecchio e nuovo convivono nell’altra grande azienda di componentistica presente a Bari, la Magneti Marelli (che ha annunciato 550 esuberi in tutta Italia. In Puglia ha due linee di business, la powertrain tradizionale e l’area ebt e quindi l’elettrico, per ora non ci sono riduzioni di personale, ma si teme per i prossimi mesi. «La scommessa per evitare altri esuberi in Marelli - spiega Donato Pascazio della Fim Cisl di Bari - è puntare sulla seconda linea per utilizzare gli addetti della prima».
La crisi investe anche un altro segmento della componentistica, i sedili delle autovetture, visto che non se ne costruiscono a sufficienza. E’ così alla Italian Leather di Monopoli, specializzata nella produzione di pelli per auto (sedili, volanti, poggiatesta, pannelli, ecc.) destinate alle più importanti case automobilistiche mondiali. I clienti francesi del gruppo, a causa del rallentamento nella fornitura dall’Asia dei microchip, hanno addirittura fermato la produzione in alcuni stabilimenti facendo venir meno alla Italian Leather circa il 40% del fatturato automotive, per circa il 90% destinato all’estero (la parte residua è quella dell’arredo insieme alla pelletteria). Determinando, così, effetti negativi sul fatturato, già calato nel 2020 a causa del Covid, e sull'occupazione, con 220 dipendenti in solidarietà. A complicare il quadro, la fine delle moratorie bancarie e le incertezze legate proprio al futuro del motore elettrico tra approvvigionamento di litio per le batterie, il loro smaltimento, il costo dell’energia elettrica e quello, spropositato, dei noli per trasportare in occidente, via mare, le pelli. Nel settore automotive è in atto una trasformazione ancora più radicale, e dunque critica. Le case automobilistiche stanno cercando di organizzare al loro interno la produzione dei componenti che, per il motore elettrico, sono circa il 30% in meno rispetto a quelli del motore termico, e per la componentistica auto è una sfida in più. Dall’Automotive Valley di Bari viene anche un esempio di azienda che ha guardato avanti per tempo. «Sarei in difficoltà anch’io – spiega Michele Vinci, presidente di Masmec Automotive spa, fondata nel 1986 – se non fossi capace di assemblare e testare i componenti elettrici come già oggi faccio. Per fortuna da noi questa diversificazione verso l’elettrificazione è in corso da tempo e in buona parte gia attuata». La Spa – che conta 300 dipendenti ed esporta in America, Europa e Asia – realizza infatti linee di assemblaggio per trasmissioni elettriche, per motori elettrici e banchi di test ed opera dunque, grazie soprattutto alle attività del suo centro di r&s, anche nella e-mobility.
E sta anche qui, nella capacità di ricerca la ragione della sofferenza del polo barese. Per questo le imprese chiedono più investimenti in scienza e tecnologia e soprattutto una modularità più lenta, più graduale, del passaggio tecnologico dall’endotermico all’ibrido. «Dobbiamo porre il territorio – spiega Cesare De Palma, presidente della sezione Meccanica di Confindustria Bari Bat – nella stessa condizione di vivacità scientifica di quando, trent’anni fa, è nato il common rail, comportando la svolta dellìindustria dell’automotive».
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